Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 324 del 10/01/2018

Cassazione civile, sez. VI, 10/01/2018, (ud. 05/12/2017, dep.10/01/2018),  n. 324

Fatto

RILEVATO

– che l’Agenzia delle entrate con riferimento all’anno di imposta 2006 emetteva nei confronti della FIN SERVICE s.r.l. un avviso di accertamento con cui aveva recuperato a tassazione una maggiore IRES fondato sulla accertata non operatività della predetta società, L. n. 724 del 1994, ex art. 30, e successivamente un avviso di contestazione ed irrogazione di sanzioni per l’indebito rimborso dell’IVA ottenuto dalla società contribuente nel medesimo anno di imposta;

– che la ricorrente impugna per cassazione, sulla base di due motivi, la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna che, decidendo sul ricorso proposto dalla predetta società avverso il secondo dei suindicati atti, ovvero quello irrogativo della sanzioni, ne aveva rilevato l’inammissibilità perchè tardivamente proposto, oltre il termine di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, in quanto l’atto impositivo era stato notificato in data 3/07/2010 e l’impugnazione proposta in data 30/12/2010, non essendo applicabile al caso di specie la sospensione del termine per impugnare, previsto per l’espletamento del procedimento con adesione, in quanto dalla società contribuente proposto soltanto con riferimento al primo avviso di accertamento;

– che sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. (come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, convertito con modificazioni dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197), risulta regolarmente costituito il contraddittorio, a seguito del quale la ricorrente ha prodotto memoria con allegata copia della sentenza n. 1954/16 con cui la medesima CTR aveva annullato l’avviso di accertamento relativo al recupero a tassazione di maggiore IRES sul presupposto della non operatività della società L. n. 724 del 1994, ex art. 30, con attestazione del passaggio in giudicato della stessa;

– che il Collegio ha deliberato la redazione della motivazione dell’ordinanza in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

– che con il primo motivo di ricorso la ricorrente, deducendo la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., sostanzialmente eccepisce la formazione del giudicato esterno con riferimento all’intervenuto annullamento, con statuizione di merito divenuta definitiva per mancata impugnazione, dell’avviso di accertamento con cui era stato effettuato il recupero a tassazione di una maggiore IRES sul presupposto, venuto meno, della non operatività della società L. n. 724 del 1994, ex art. 30;

– che il motivo è fondato e va accolto;

– che va preliminarmente precisato che dalla copia della sentenza n. 1954/16 emessa dalla CTR emiliana, allegata dalla ricorrente alla memoria depositata ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 2, risulta che la predetta statuizione è passata in giudicato in data successiva a quella di notifica del ricorso per cassazione in esame e, conseguentemente, deve ritenersi ammissibile la sua produzione con la predetta memoria (cfr., da ultimo, Cass. n. 24531 del 2017);

– che con la citata sentenza la CTR emiliana ha annullato l’avviso di accertamento emesso dall’amministrazione finanziaria per recupero a tassazione di una maggiore IRES sul presupposto, venuto meno, della non operatività della società L. n. 724 del 1994, ex art. 30;

– che da ciò consegue che è venuta meno anche la ragione dell’applicazione alla società contribuente delle sanzioni per l’indebito rimborso dell’IVA ottenuto nel medesimo anno di imposta, in quanto fondata sul medesimo presupposto della non operatività della predetta società e, pertanto, alla sentenza della CTR prodotta dalla ricorrente deve attribuirsi efficacia di giudicato esterno idoneo a fare stato, quanto all’insussistenza del requisito della non operatività della società contribuente e alla conseguente inapplicabilità delle sanzioni per il rimborso dell’IVA richiesto ed ottenuto dalla FIN SERVICE s.r.l., anche nel presente giudizio;

– che con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21 e D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 6, sostenendo, sulla scorta del principio affermato da questa Corte nella sentenza n. 18377 del 2015, l’operatività della sospensione dei termini di impugnazione conseguente alla proposizione dell’istanza di accertamento con adesione effettuata con riferimento ad un avviso di accertamento della debenza di una imposta anche al separato atto irrogativo delle sanzioni, stante il nesso di pregiudizialità tra i due atti;

– che anche tale motivo è fondato e va accolto condividendo il Collegio il principio espresso da questa Corte nella pronuncia sopra citata, in cui si è affermato il principio secondo cui “In tema di accertamento con adesione, la presentazione da parte del contribuente della relativa istanza determina, a norma del D.Lgs. n. 218 del 1997, artt. 6 e 12, la sospensione di novanta giorni del termine di decadenza per l’impugnazione oltre che dell’atto impositivo anche del provvedimento sanzionatorio, pur se adottato e notificato con atto separato rispetto all’avviso di accertamento, ove, trattandosi di una violazione sostanziale, la condotta risulti strumentale all’inadempimento dell’obbligazione tributaria”, nel senso che deve sussistere una relazione di pregiudizialità necessaria tra l’accertamento dell’obbligazione d’imposta e la fattispecie illecita correlata alla imposta evasa, da accertarsi in concreto, ricorrendo il nesso di pregiudizialità tra debito d’imposta ed illecito finanziario, non in assoluto ma soltanto nel caso in cui la condotta illecita venga a riflettersi direttamente e dunque ad essere strumentale all’inadempimento della obbligazione tributaria (così la citata sent. n. 18377 del 2015, in motivazione);

– che non può essere condivisa nè l’affermazione della CTR, secondo cui era inapplicabile al caso di specie la dilazione del termine di impugnazione perchè l’istanza di accertamento con adesione era stata avanzata soltanto con riferimento all’avviso di accertamento della debenza del tributo, nè la tesi sostenuta dall’Agenzia controricorrente, secondo cui i due atti impositivi avevano in comune tra loro soltanto il “medesimo fatto storico (la ritenuta insussistenza dei requisiti L. n. 724 del 1994, ex art. 30)”, mentre “le sanzioni irrogate con l’atto di contestazione nulla hanno a che vedere con il tributo IRES recuperato a tassazione con l’avviso di accertamento”;

– che, invero, entrambe le suesposte tesi risultano fondate su una interpretazione restrittiva del perimetro di applicazione dell’istituto dell’accertamento con adesione, di cui al D.Lgs. n. 218 del 1997, e, precisato che quello della sussistenza o meno dei requisiti di società non operativa, di cui alla L. n. 724 del 1994, art. 30,costituisce questione di diritto e non mero “fatto storico” e ricordato che il secondo atto impositivo notificato alla società contribuente atteneva all’irrogazione di sanzioni, si pongono addirittura in contrasto con la disposizione di cui al comma 5 dell’art. 2 del citato decreto, secondo cui, “a seguito della definizione”, “si applicano nella misura di un terzo del minimo previsto dalla legge”, non solo “le sanzioni per le violazioni concernenti i tributi oggetto dell’adesione commesse nel periodo d’imposta”, ma anche quelle “per le violazioni concernenti il contenuto delle dichiarazioni relative allo stesso periodo”, nella specie “l’eccedenza di credito risultante dalla dichiarazione presentata ai fini dell’imposta sul valore aggiunto”, come si legge nella motivazione dell’avviso di accertamento riprodotto a pag. 12 del controricorso;

– che, conseguentemente, il ricorso di primo grado doveva ritenersi ammissibile in quanto proposto tempestivamente, posto che al termine di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21 andava sommato il periodo di sospensione dei termini per il periodo feriale e quello di novanta giorni previsto dal D.Lgs. n. 218 del 1997 (atto impositivo notificato in data 3/07/2010, ricorso proposto in data 30/12/2010, scadenza del termine 15/01/2011);

– che all’accoglimento dei motivi di ricorso consegue la cassazione della sentenza impugnata senza rinvio in quanto, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384 c.p.c., comma 2, con accoglimento dell’originario ricorso della società contribuente e compensazione delle spese di ogni grado e fase del giudizio, in ragione dell’accoglimento del ricorso sulla base del giudicato intervenuto successivamente alla sua proposizione.

PQM

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso della società contribuente, compensando tra le parti le spese processuali.

Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2018

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