Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32389 del 14/12/2018

Cassazione civile sez. II, 14/12/2018, (ud. 11/07/2018, dep. 14/12/2018), n.32389

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11502-2014 proposto da:

C.M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G.

VENTICINQUE 6, presso lo studio dell’avvocato LAURA POLIMENO,

rappresentato e difeso dall’avvocato MILCO EMANUELE PANAREO;

– ricorrente –

contro

C.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PADRE

SEMERIA 68, presso lo studio dell’avvocato MARIA LUCE STEFANIA

STASI, rappresentato e difeso dall’avvocato UBALDO MACRI’;

– c/ricorrente adesivo al ricorso –

e contro

P.A.M., elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO

RINASCIMENTO 11, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI PELLEGRINO

STUDIO LEGALE ASSOCIATO, rappresentata e difesa dall’avvocato MAURO

FINOCCHITO;

– intimato -controricorrente –

avverso la sentenza n. 707/2013 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

epositata il 08/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/07/2018 dal Consigliere GIUSEPPE GRASSO.

Fatto

RITENUTO

che la Corte d’appello di Lecce, in riforma della sentenza di primo grado, accolse la domanda di P.A.M. diretta a far dichiarare assenza di servitù di luce a carico del suo fondo, nei confronti di C.M.A. e C.D.;

ritenuto che avverso la statuizione d’appello propone ricorso C.M.A. sulla base di tre motivi;

che C.D. aderisce, con controricorso al ricorso di M.A.;

che P.A.M. resiste con controricorso, ulteriormente illustrato da memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che il primo motivo, con il quale il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dall’art. 949 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia”, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, per avere la P. alienato incorso di causa il suo immobile, è manifestamente destituito di giuridico fondamento, stante che le vicende traslative inter vivos non interferiscono sulla costituzione delle parti nel processo (art. 111 c.p.c., comma 1), salvo la facoltà per l’acquirente d’intervenire o essere chiamato in giudizio e salva la possibilità di estromettere il titolare originario, se le altre parti vi consentono;

ritenuto che con il secondo motivo viene denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 900 e 904 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio”, in quanto:

– i titoli prendevano le mosse da un atto di divisione fra le germane C. e Co.Ma. dell’1/8/1938 e dal testamento di Co.Ma. del 10/11/1990 – dalla prima aveva derivato la proprietà il figlio C.A.M. e dalla seconda, la sorella Co.Ca. e la nipote Co.An.Ma.;

– l’immobile di C.A.M. aveva diritto a prendere luce attraverso un corridoio dell’immobile di proprietà di C.D., pertanto la P. non era legittimata a dolersi del fatto proprio di C.A.M., essendone, invece, legittimato solo C.D.;

considerato che il motivo è infondato per quanto appresso:

a) in primo luogo deve osservarsi che la censura propone un integrale riesame fattuale della vicenda, sulla base di una narrazione che, in quanto priva, della necessaria specifica allegazione documentale (art. 366 c.p.c., n. 6), non è scrutinabile in questa sede, neppure impropriamente evocando l’art. 360 c.p.c., n. 5;

b) l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie; in definitiva la norma in parola consente il ricorso solo in presenza di omissione della motivazione su un punto controverso e decisivo (dovendosi assimilare alla vera e propria omissione le ipotesi di “motivazione apparente”, di “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e di “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione) – S.U., n. 8053, 7/4/2014, Rv. 629830; S.U. n. 8054, 7/4/2014, Rv. 629833; Sez. 62, ord., n. 21257, 8/10/2014, Rv. 632914), omissione che qui non si rileva affatto, avendo la Corte locale puntualmente chiarito le emergenze probatorie sulle quali fonda il proprio convincimento (presenza di stalli fissi per il posteggio, chiusura con cancello dell’area, ecc.); in altri termini, come si è anticipato, il ricorso invoca un inammissibile globale riesame di merito;

c) come espone la sentenza impugnata a pag. 3, la domanda nei confronti di C.M.A. si giustifica per l’accertamento petitorio avanzato dalla P. in relazione a giudizio possessorio, nel quale C.M.A. aveva lamentato “spoglio della luce aperta verso il fondo del secondo ( C.D.), realizzato attraverso la costruzione, ad opera della P., di un muro di confine tra il cortile coperto di C.D. e i proprietari della odierna appellante (…)”;

considerato che il terzo motivo, con il quale il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 904 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio”, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, per non avere la Corte locale considerato che l’azione era stata intrapresa al solo scopo di edificare in violazione delle norme urbanistico-edilizie, senza tener conto dell’effettivo stato dei luoghi, è inammissibile per difetto di specificità, la sentenza chiarisce che la pronuncia si rendeva necessaria per la presenza di contrasti fra le parti e che la regolarità edilizia era altra cosa e non veniva posta in non cale dalla decisione, che regolava solo i diritti nascenti dal codice civile; una tale ratio non viene in alcun modo attinta dalla censura;

considerato che le spese legali debbono seguire la soccombenza e possono liquidarsi siccome in dispositivo, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonchè delle attività espletate, in favore della sola P.A.M., stante che C.D. ha svolto difesa adesiva al ricorso;

considerato che ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte del ricorrente, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente P.A.M., delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 11 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2018

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