Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32386 del 14/12/2018

Cassazione civile sez. II, 14/12/2018, (ud. 23/05/2018, dep. 14/12/2018), n.32386

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26527-2014 proposto da:

T.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTELLO 2,

presso lo studio dell’avvocato FLORANGELA MARANO, rappresentata e

difesa dagli avvocati DOMENICO TROBIA, ANDREA DI CROCE;

– ricorrente –

contro

C.L.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A

MORDINI 14, presso lo studio dell’avvocato ANTONELLA RAGONESE,

rappresentata e difesa dagli avvocati MARCO D’ONOFRIO, DOMENICO

D’ONOFRIO;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 1191/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 24/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/05/2018 dal Consigliere ROSSANA GIANNACCARI.

Fatto

RILEVATO

che:

– la vicenda oggetto del giudizio trae origine dalla domanda di rilascio di un immobile sito in (OMISSIS), proposta da F.A., che assumeva esserne proprietaria in virtù di divisione per notar G. del 6.8.1982 nei confronti di C.L.A., la quale, in via riconvenzionale, chiedeva accertarsi l’usucapione del bene;

– la Corte d’Appello di Roma, con sentenza del 6-24.2.2014, in parziale riforma della sentenza di primo grado, rigettava la domanda proposta dalla F., confermando il rigetto della domanda riconvenzionale proposta da C.L.A.;

– la corte territoriale riteneva che F.A. non avesse fornito la prova del titolo originario di acquisto dei beni, attraverso la produzione dei titoli d’acquisto dei suoi danti causa, nè della continuità e durata del possesso ai fini dell’usucapione; quanto alla riconvenzionale, la corte territoriale riteneva che i testi escussi avessero reso dichiarazioni generiche quanto al possesso ultraventennale;

– per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso T.L., in qualità di erede di F.A.;

– ha resistito con controricorso C.L.A., che ha spiegato ricorso incidentale, sulla base di due motivi.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo di ricorso si allega la violazione e falsa applicazione degli artt. 342 e 112 c.p.c. e art. 346 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 e la violazione dell’art. 101 c.p.c. e degli artt. 111 e 24 Cost. per non avere la corte territoriale dichiarato l’inammissibilità dell’appello di C.L. per carenza di specificità dei motivi, che si sarebbero limitati a riproporre le difese svolte avanzate nel giudizio di primo grado. Ulteriore profilo di doglianza consiste nell’avere la corte territoriale rilevato d’ufficio la mancanza di prova della domanda di rivendica, nonostante la convenuta non avesse contestato specificamente il titolo di proprietà, pronunciandosi d’ufficio su una questioni non sollevata dalle parti, nè alle medesime sottoposta, in violazione del chiaro disposto dell’art. 101 c.p.c.;

con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c., per avere la corte territoriale erroneamente qualificato la domanda come rivendica e non come azione personale, finalizzata al rilascio del bene, a nulla rilevando il richiamo all’art. 948 c.p.c., contenuto nell’atto introduttivo;

con il terzo motivo di ricorso si allega la violazione e falsa applicazione dell’art. 948 c.p.c. in relazione all’art. 1159 c.c., per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto che F.A. non avesse dato prova della proprietà attraverso la produzione dei titoli dei propri danti causa, fino ad un acquisto a titolo originario, mentre in primo grado, con le memorie ex art. 184 c.p.c., aveva depositato tutti i titoli dei propri danti causa; nell’ambito del medesimo motivo si allega l’erroneità della decisione per non aver considerato che l’onere probatorio a carico dell’attrice sarebbe attenuato in virtù della domanda riconvenzionale del convenuto per usucapione, che implicherebbe il riconoscimento del proprio titolo di proprietà;

i motivi, che vanno esaminati congiuntamente, non sono fondati;

non è fondata la doglianza relativa alla genericità dell’atto d’appello, che, invece, aveva i requisiti di specificità richiesti dall’art. 342 c.p.c. in quanto contestava la motivazione del primo giudice sia in relazione all’idoneità dei titoli prodotti dall’attrice ai fini dell’azione di rivendica, sia in relazione alla valutazione della prova testimoniale ai fini del possesso ad usucapionem;

la corte territoriale, previa qualificazione della domanda della F. come domanda di rivendica, ha svolto l’accertamento sui titoli di proprietà, rilevando l’inidoneità dei medesimi, ed in particolare dell’atto di divisione, ai fini della prova del diritto dominicale, ed ha ritenuto che i testi non avessero fornito la prova del possesso ventennale;

non è ravvisabile il vizio di cui all’art. 112 c.p.c., che ricorre nell’ipotesi di pronuncia su una domanda o eccezione non proposta dalle parti rispetto al bene della vita richiesto dalla parte, mentre nella specie, si trattava di qualificazione della domanda, che spetta al giudice di merito e che, indipendentemente dalla sua correttezza, non può essere censurata per ultrapetizione (Cassazione civile, sez. 2, 27/01/2016, n. 1545; Cass. Civ., sez. 03, del 31/07/2006, n. 17451);

quanto alla correttezza della qualificazione giuridica, nessun vizio è dato riscontrare nella decisione della corte territoriale, che ha qualificato l’azione esperita dalla F. come domanda di rivendica e non già come azione personale, avendo la medesima dedotto la proprietà del bene e non l’esistenza di un rapporto obbligatorio, dal quale deriverebbe un obbligo di restituzione;

questa Corte ha chiarito che l’azione di rivendica e l’azione di restituzione, pur tendendo entrambe al medesimo risultato pratico del recupero della disponibilità materiale del bene, hanno natura e presupposti distinti in quanto la prima è fondata sul diritto di proprietà di un bene di cui l’attore assume di essere titolare, ma di non averne la materiale disponibilità, mentre l’azione di restituzione è fondata sull’inesistenza, ovvero sul sopravvenuto venir meno di un titolo alla detenzione del bene da parte di chi attualmente ne disponga per averlo ricevuto da colui che glielo richiede o dal suo dante causa ed è volta, previo accertamento della mancanza del titolo, ad attuare il diritto personale alla consegna del bene (Cassazione civile, sez. 2, 31/08/2015, n. 17321);

in questo caso, la domanda, fondata sul titolo di proprietà era tipicamente di rivendicazione, poichè fondata non su un rapporto obbligatorio personale inter partes, ma sul diritto di proprietà, tutelato erga omnes, del quale occorre quindi che venga data la piena dimostrazione, mediante la probatio diabolica (in termini, Cass. SS.UU. 28 marzo 2014 n, 7305);

per quanto riguarda poi il regime probatorio, come più volte chiarito da questa Corte, chi agisce in rivendicazione deve provare la sussistenza del proprio diritto di proprietà o di altro diritto reale sul bene anche attraverso i propri danti causa, fino a risalire ad un acquisto a titolo originario o dimostrando il compimento dell’usucapione (ex multis Cassazione civile, sez. 2, 05/11/2010, n. 22598);

la doglianza relativa all’omesso esame dei titoli dei propri danti causa, che la F. deduce di aver prodotto con le memorie ex art. 184 c.p.c., è inammissibile per carenza di specificità, in quanto meramente richiamati in ricorso e non depositati o trascritti, come richiesto dall’art. 366 c.p.c.;

il rigore della probatio a carico di chi agisce in rivendica è attenuato dalla proposizione, da parte del convenuto, di una domanda riconvenzionale (o di un’eccezione) di usucapione, solo in caso di mancata contestazione dell’originaria appartenenza del bene rivendicato al comune autore ovvero a uno dei danti causa dell’attore, ipotesi nella quale il rivendicante può limitarsi alla dimostrazione di un valido titolo di acquisto, mentre, nella specie, la C. ha contestato il titolo di proprietà di Assunta F. e dei suoi danti causa, deducendo l’inidoneità sia dell’atto di successione sia dell’atto di divisione per notar Grimaldi del 6.8.1982, inidoneo, in ragione della sua natura meramente dichiarativa, a fornire la prova della titolarità del bene nei confronti dei terzi (Cassazione civile, sez. 2, 10/03/2015, n. 4730; Cassazione civile, sez. 2, 31/01/2012, n. 1392);

anche il ricorso incidentale non può trovare accoglimento;

il primo motivo del ricorso incidentale, con il quale si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 99,112 e 116 c.p.c., per avere la corte territoriale mal governato le risultanze istruttorie e segnatamente le dichiarazioni testimoniali, è volto alla rivalutazione delle risultanze istruttorie;

il secondo motivo, con il quale si censura la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 per omesso esame dell’atto per notar Co. del 1903, ai fini della prova della titolarità del bene della sua dante causa, è inammissibile per difetto di specificità, sia perchè il titolo non è trascritto nel ricorso, sia perchè, come sostenuto dalla corte territoriale, il titolo di proprietà è irrilevante in relazione alla domanda di usucapione, che richiede la prova rigorosa del possesso per un ventennio, nè è consentita, nel giudizio di cassazione, la prospettazione di nuove questioni di diritto o contestazioni che modifichino il “thema decidendum”, ovvero l’acquisto per titolo, poichè implicano nuove indagini ed accertamenti di fatto (Cassazione civile, sez. 2, 06/06/2018, n. 14477);

vanno pertanto rigettati sia il ricorso principale che il ricorso incidentale, con compensazione delle spese del giudizio di legittimità in considerazione della reciproca soccombenza;

ricorrono i presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (applicabile ratione temporis, essendo stato il ricorso proposto dopo il 30 gennaio 2013) per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte del ricorrente principale ed incidentale.

PQM

Rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale.

Compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale ed incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 23 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2018

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