Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3238 del 12/02/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 3238 Anno 2014
Presidente: SEGRETO ANTONIO
Relatore: FRASCA RAFFAELE

SENTENZA
sul ricorso 4289-2013 proposto da:
ENEL SERVIZIO ELETTRICO SPA 09633951000, in persona del
suo procuratore nella sua qualità di procuratrice di ENEL
DISTRIBUZIONE SPA in proprio quale beneficiaria del ramo di
azienda già di ENEL DISTRIBUZIONE SPA, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 5, presso
lo studio dell’avvocato MANZI LUIGI, che la rappresenta e difende
giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente Contro
FAZIO PANTALEONE;

Data pubblicazione: 12/02/2014

- intimato avverso la sentenza n. 655/2012 del TRIBUNALE di CROTONE del
20/11/2012, depositata il 21/11/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

udito l’Avvocato Manzi Luigi difensore della ricorrente che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso.

16/01/2014 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA;

L
c. 2013 n. 04289 sez. M3 – ud. 16-01-2014

R.g.n. 4289-13 (ud. 16.1.2014)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

§1. Il Tribunale di Crotone, con sentenza n. 655 del 21 novembre 2012, ha rigettato
l’appello proposto dall’Enel Distribuzione s.p.a. avverso la sentenza di del Giudice di Pace
di Petilia Policastro, che aveva accolto la domanda di Pantaleone Fazio, intesa ad ottenere
il risarcimento del danno derivato dall’avere dovuto sborsare le tasse postali per il
pagamento delle bollette di energia elettrica, in conseguenza dell’inadempimento da parte

dell’Enel all’art. 6, comma, 4, della Deliberazione 28 dicembre 1999 n. 200, con cui
l’Autorità per L’Energia Elettrica ed il Gas (A.E.E.G) aveva imposto agli esercenti il
servizio di distribuzione e vendita dell’energia elettrica e, quindi, all’Enel, di <>.
§2. L’appello dell’Enel si era articolato, per quanto interessa riferire ai fini della
presente decisione, con l’assunto che nella specie l’art. 6, comma, 4, non aveva avuto
efficacia integrativa del contratto ed il Tribunale ha disatteso tale motivo, reputando il
contrario e precisamente che tale efficacia si era dispiegata ai sensi dell’art. 1339 c.c.
§3. Avverso la decisione del Tribunale ha proposto ricorso per cassazione l’Enel
servizio Elettrico s.p.a. (nella duplice qualità, giusta i riferimenti ai relativi atti notarili, di
procuratrice speciale dell’Enel Distribuzione s.p.a. e di beneficiaria del ramo di azienda di
quest’ultima costituito dal complesso di beni e rapporti, attività e passività relativi
all’attività di vendita di energia elettrica a clienti finali).
Al ricorso, che propone due motivi, la parte intimata non ha resistito.
§4. Parte ricorrente ha depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

§1. Il Collegio, preliminarmente ritiene opportuno dare atto che legittimamente
l’odierna udienza si è svolta senza la partecipazione del Pubblico Ministero.
Invero, essendo stato fissata la trattazione in tale udienza con decreto emesso dopo il
22 agosto 2013, ai sensi dell’art. 75, secondo comma, del d.l. n. 69 del 2013, convertito,
con modificazioni, nella 1. n. 98 del 2013, risulta applicabile al presente giudizio di
legittimità sia la norma dell’art. 70, secondo comma, c.p.c., come sostituita dal primo
comma dello stesso art. 75 ed il cui testo ora dice che il pubblico ministero <>, sia
la norma del primo comma dell’art. 75, lettera b), del r.d. n. 12 del 1941, siccome sostituito
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Est. Cons. Raffaele Frasca

R.g.n. 4289-13 (ud. 16.1.2014)

dall’art. 81 del detto di., secondo il quale il Pubblico Ministero presso la Corte Suprema di
cassazione <>.
Poiché la riportata lettera b), nel dispone l’obbligo di intervenire e concludere del
Pubblico Ministero presso questa Corte si riferisce alle udienze pubbliche delle sezioni

semplici facendo espressa eccezione per quelle che si svolgono presso la Sesta Sezione,
che è quella indicata nell’art. 376, primo comma, primo periodo, come “apposita sezione”,
è palese che il legislatore ha voluto in tal modo riconoscere la legittimazione della Sesta
Sezione a tenere udienze pubbliche escludendo, però, che ad esse sia obbligatoria la
partecipazione del Pubblico Ministero, che, dunque, potrà eventualmente intervenire in tali
udienze ai sensi del terzo comma dell’art. 70 c.p.c. E ciò non diversamente da come lo
potrà fare nelle adunanze della Corte ai sensi dell’art. 380-bis e 380-ter c.p.c.
§1.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce “violazione degli artt. 1175 e 1374
c.c., in rapporto all’art. 6.4. della delibera dell’AEEG n. 200 del 1999 (art. 360 n. 3
c.p.c.)3g.Ee falsa applicazione dell’art. 2 della Legge 14 novembre 1995 n. 481”,
assumendosi che la deliberazione n. 200 del 1999 e particolarmente l’art. 6, comma 4, di
essa non aveva avuto l’effetto di integrare il contratto di utenza siccome statuito dalle
sentenze di questa Corte nn. 16401 e 17786 del 2011, dalle quali il Tribunale, pur
mostrando di conoscerle, avrebbe preso le distanze senza esporre effettivamente le ragioni
del dissenso da esse.
Con il secondo motivo si deduce “violazione dell’art. 1339 c.c. in relazione al’art.
6.4. della delibera dell’AEEG n. 200 del 1999 (art. 360 n. 3 c.p.c.), sotto il profilo che
l’efficcia di integrazione del contratto di utenza ai sensi dell’art. 1339 c.c. non si sarebbe
potuta produrre anche perché l’inosservanza della delibera avrebbe solo prodotto la
conseguenza della possibilità per l’AEEG di esercitare un potere sanzionatorio.
§2. Il primo motivo è fondato e la sua fondatezza determina l’assorbimento del
secondo.
Va ricordato che, con una serie di decisioni emesse a seguito dell’udienza dell’8
giugno 2011, di cui è capofila Cass. n. 16401 del 2011 ed in particolare con la sentenza n.
17786 del 2011, questa Corte ha affermato anzitutto il seguente principio di diritto: <> e che <> giustificherebbero la rilevanza dell’art. 1175 e dell’art. 1374 c.c.
Quindi, assume espressamente che le citate sentenze della Corte andrebbero lette
nell’ottica da lui sostenuta e, quindi, dopo avere riprodotto il principio di diritto sopra
riportato enunciato da dette sentenze quanto al potere normativo secondario dell’AEGG ai
sensi dell’art. 2, comma 2, lettera li), osserva quanto segue: <>. Dopo queste proposizioni, peraltro, la sentenza torna brevemente a
sostenere che deporrebbe «inequivocabilmente a favore di tale convincimento anche
l’interpretazione letterale dell’articolo 1339 c.c., il qual prevede l’inserzione automatica di
clausole ance in sostituzione di clausole difformi apposte dalle parti: e dunque, a maggior
ragione, stante l’indubbio significato della congiunzione, tale integrazione dovrà operare
pure laddove una clausola contrattuale apparentemente non sia stata apposta, ma ove in
realtà sia proprio tale mancata previsione espressa ad influire in modo sufficientemente
significativo sulla determinazione del prezzo o comunque del complessivo assetto
d’interessi, in relazione alla fornitura di un bene o di un servizio in materia soggetta alla
regolazione legislativamente primaria e/o secondaria>>.
§2.2. Ebbene, in disparte l’oscurità dell’argomentare appena riportato ed anche la sua
ambiguità, volta che si consideri che si passa da un riferimento all’art. 1339 c.c. ad uno
all’art. 1374 e, quindi, si ritorna all’art. 1339 c.c., il sostenere che le citate sentenze di
questa Corte andrebbero “lette in tale ottica” viene giustificato in modo del tutto apparente
e privo di fondamento. Ciò, non solo perché ci si confronta soltanto con la parte della
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Est. Cons. Iffae1e Frasca

R.g.n. 4289-13 (ud. 16.1.2014)

motivazione di Cass. n. 17786 del 2011, che ha fatto riferimento alla circostanza che
un’integrazione da parte della nota delibera ai sensi dell’art. 1374 c.c. non sarebbe stata
possibile stante la funzione suppletiva di una mancanza di regolamento contrattuale di tale
norma e lo si fa senza farsi carico di superare tale rilievo, ma, a monte, perché si ignora che
detta decisione (come le numerosissime che l’hanno seguita, ormai nell’arco di qualche
centinaio) hanno escluso la rilevanza dell’art. 1374 per la stessa assorbente e preliminare
ragione per cui hanno escluso quella dell’art. 1339 c.c., cioè per l’oggettiva mancanza di

determinatezza della nota deliberazione e, quindi, per la sua carenza di efficacia
individuatrice di una clausola contrattuale.
Delle analitiche argomentazioni in tal senso della giurisprudenza di questa Corte il
Tribunale disinvoltamente si disinteressa, sì da rivelare una vera e propria mancanza di
considerazione della sua funzione nomofilattica.
§3. 11 ricorso è, dunque, accolto quanto al primo motivo e la sentenza è cassata in
relazione, con conseguente assorbimento del secondo motivo.
§4. Il Collegio reputa a questo punto che non vi sia necessità di rinvio, potendo la
causa essere decisa nel merito, in quanto non occorrono accertamenti di fatto per ritenere
che l’appello proposto dall’Enel fosse fondato e che la domanda proposta dall’utente, in
accoglimento dello stesso ed in riforma della sentenza del Giudice di Pace resa in primo
grado, debba essere rigettata.
Al riguardo, la sua infondatezza emerge, infatti, anche per il profilo subordinato,
inerente il preteso inadempimento dell’obbligo di informazione: è evidente che, se la
delibera non ha integrato il contratto per la sua indeterminatezza, l’oggetto dell’obbligo de
quo non può essere insorto.
§5. Le spese delle fasi di merito, sulle quali questa Corte deve provvedere, possono
essere integralmente compensate, giacché è notorio che nella giurisprudenza di merito la
questione di diritto dell’efficacia della norma della nota deliberazione è stata decisa in
modi opposti.
Le spese del giudizio di cassazione seguono invece la soccombenza e si liquidano in
dispositivo ai sensi del d.m. n. 140 del 2012.

P. Q. M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso. Dichiara assorbito il secondo. Cassa la
sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, pronunciando sul merito, accoglie
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R.g.n. 4289-13 (ud. 16.1.2014)

l’appello dell’Enel contro la sentenza di primo grado e rigetta la domanda di Pantaleone
Fazio. Compensa le spese dei gradi di merito. Condanna Pantaleone Fazio alla rifusione
alla ricorrente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in euro seicento, di cui
duecento per esborsi, oltre accessori come per legge.
Così deciso nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile-3 il 16 gennaio

2014.

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