Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3238 del 10/02/2011

Cassazione civile sez. lav., 10/02/2011, (ud. 18/01/2011, dep. 10/02/2011), n.3238

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.V., C.M., I.A.,

I.R., tutti elettivamente domiciliati in ROMA, CORSO

TRIESTE 56/A, presso lo studio dell’avvocato PENNA CARLO,

rappresentati e difesi dall’avvocato MARZIALE GIUSEPPE, giusta delega

in atti;

– ricorrenti –

contro

FINMECCANICA S.P.A., e SELEX SISTEMI INTEGRATI (gia’ ALENIA MARCONI

SYSTEMS S.P.A.), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA L.G.

FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato MORRICO ENZO, che li

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 5928/2005 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 23/12/2005 R.G.N. 1755/02+ 1;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/01/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO IANNIELLO;

udito l’Avvocato COSENTINO VALERIA per delega MORRICO ENZO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso che ha concluso per l’inammissibilta’, in subordine

rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

I.A. e gli altri litisconsorti in epigrafe indicati, tutti dipendenti della Finmeccanica s.p.a., ramo di azienda Alenia (divenuta Alenia Marconi Systems s.p.a. e infine Selex – Sistemi integrati s.p.a.), sospesi a zero ore con intervento della CIGS a partire dagli anni 1991-1992 e rientrati in servizio nelle date indicate nei rispettivi ricorsi introduttivi e comunque successive all’anno 1993, avevano chiesto al Pretore del lavoro (cui e’ succeduto il Tribunale) territorialmente competente, per quanto qui interessa, l’accertamento del loro diritto, in forza dell’accordo aziendale datato 24 marzo 1993 a rientrare al lavoro dal 1 agosto o, in via subordinata, dal 1 dicembre 1993 e ad usufruire dei meccanismi di rotazione, con la conseguente condanna della societa’ al risarcimento dei danni nelle misure quantificate in ricorso o comunque nella misura ritenuta di giustizia.

La Corte d’appello di Napoli, premessa la narrativa riassunta, con sentenza depositata il 23 dicembre 2005, ha confermato la decisione del primo giudice quanto al rigetto delle domande svolte da I. A. e C.M. e l’ha parzialmente riformata quanto agli altri lavoratori, confermando il loro diritto alla rotazione a decorrere dal 1 dicembre 1993, ma determinando il danno da risarcire nella misura della differenza tra retribuzione piena e trattamento CIGS nei soli semestri in cui, a partire dalla data indicata, avrebbero dovuto alternarsi con altri lavoratori nel rientro in azienda, come specificato nel dispositivo della sentenza.

Avverso tale sentenza propongono ora tempestivo ricorso per cassazione i lavoratori, affidandolo a quattro motivi.

Resistono alle domande le due societa’ intimate, con un unico rituale controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo di ricorso viene dedotta la violazione degli artt. 414, 433, 437, 342, 346 c.p.c. della L. n. 223 del 1991, art. 1 e L. n. 164 del 1975, art. 5 nonche’ il vizio di motivazione della sentenza impugnata.

Il motivo investe la pronuncia della Corte territoriale di inammissibilita’ del motivo di appello relativo alla pretesa inosservanza delle regole procedurali di legge relative alla comunicazione dei criteri di scelta del personale da sospendere con intervento della CIGS, in quanto le relative deduzioni sarebbero state formulate solo in appello.

Esso e’ manifestamente infondato.

La Corte territoriale ha infatti rilevato che nei ricorsi iniziali, nel delineare il thema decidendum – che nella materia della impugnazione della sospensione in GIGS deve necessariamente essere specificato in relazione ad uno o piu’ dei molteplici adempimenti che la rendono conforme alla legge e al contratto collettivo (cfr., ad es., Cass. sentt. nn. 16629/05, 8423/01 e 13727/00) — i lavoratori avevano svolto le proprie deduzioni difensive unicamente in ordine all’argomento della inosservanza dell’obbligo legale e contrattuale della rotazione e che solo in appello – e pertanto in maniera inammissibile a norma dell’art. 437 c.p.c. – i lavoratori avevano altresi’ introdotto l’ulteriore tema della violazione delle procedure relative alla comunicazione dei criteri di scelta del personale da sospendere.

La difesa dei ricorrenti sostiene viceversa che gia’ nei ricorsi introduttivi dei giudizi poi riuniti, era stato affermato il diritto dei lavoratori sospesi a fruire di meccanismi di rotazione in alternativa alla specifica individuazione di criteri di scelta oggettivi del personale da sospendere e che quest’ultimo argomento era stato poi ripreso e sviluppato nell’atto di appello dai lavoratori soccombenti e nella memoria di costituzione in appello di quelli che erano risultati vincitori in primo grado.

In proposito, si rileva che la tesi difensiva cosi’ riassunta, che allude in realta’ ad un error in procedendo compiuto dai giudici di merito, per essersi risolta la interpretazione da essi accolta della domanda iniziale, in quanto erronea, in un difetto di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, si avvale della riproduzione testuale della parte del ricorso introduttivo (e poi delle difese in appello) relativa all’argomento.

Esaminando tale contenuto, come e’ consentito a questa Corte in ragione del vizio denunciato (ancorche’ con l’erronea enunciazione in rubrica di un vizio riconducibile all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5), appare evidente che l’accenno alle procedure relative alla comunicazione dei criteri di scelta e’ inserito unicamente nella parte in cui il ricorso descrive l’evoluzione legislativa nella materia, mentre poi le specifiche censure al comportamento della societa’ riguardano unicamente il tema della mancata rotazione e solo ad esse corrispondono del resto le domande indicate nelle conclusioni di tali ricorsi introdottivi, come richiamate in sentenza e riprodotte nel controricorso, senza specifica contestazione dei ricorrenti.

Il motivo e’ pertanto manifestamente infondato.

2 — Col secondo motivo viene denunciata la violazione dell’art. 1362 c.c. e segg. e il vizio di motivazione in ordine all’interpretazione della clausola transitoria dell’accordo sindacale del 24 marzo 1993, la quale, secondo i ricorrenti, fonderebbe il loro sicuro diritto, in quanto gia’ sospesi alla data del marzo 1993, alla rotazione semestrale a partire dal 1 agosto o, in subordine, dal 1 dicembre 1993.

3 – Col terzo motivo, i ricorrenti denunciano la violazione degli artt. 414 e/o 416 c.p.c., della L. n. 223 del 1991, art. 1 e della L. n. 164 del 1975, art. 5 nonche’ il vizio di motivazione della sentenza impugnata, laddove questa aveva affermato che I. A. e C.M. non avevano diritto al rientro in quanto avviati, in costanza della sospensione in CIGS, a corsi di formazione professionale, avviamento ritenuto confermato dalla mancata contestazione degli interessati.

Tale assunto sarebbe errato sia perche’ il diritto alla rotazione non e’ suscettibile di affievolimento, sia comunque perche’ difetterebbe la prova del dedotto avviamento delle due ricorrenti a corsi di formazione sostitutivi del rientro al lavoro e comunque tale formazione non avrebbe coperto tutta la durata della CIGS, gia’ secondo quanto indicato dalla societa’.

I due motivi vanno trattati congiuntamente, in quanto il secondo costituisce lo sviluppo del primo.

In proposito, va preliminarmente rilevato che la violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale, seppure indicata nella rubrica di cui al motivo in esame, non viene poi in alcun modo sviluppata nel corpo del motivo medesimo, che pertanto investe unicamente la motivazione della sentenza.

Quanto a tale ultimo aspetto, occorre qui ribadire che l’interpretazione di un contratto, anche di natura collettiva, si risolve in un giudizio di fatto, come tale riservato ai giudici di merito e pertanto censurabile in questa sede di legittimita’ – oltre che per violazione dei menzionati canoni legali – unicamente per la eventuale insufficienza o contraddittorieta’, sotto il profilo della coerenza logico-formale, della motivazione.

In particolare, questa Corte ha ripetutamente affermato che la censura finalizzata al controllo di legittimita’ di tale giudizio non puo’ mai consistere nella mera contrapposizione ad esso di una diversa interpretazione della norma contrattuale (cfr., ad es. Cass. 18 aprile 2008 n. 10203, 2 novembre 2007 n. 23484).

Nel caso in esame, le censure in esame riguardano le posizioni delle ricorrenti I.A. e C.M., le quali, collocate in CIGS in forza di un accordo precedente a quello del marzo 1993, rivendicano il diritto, in forza di quest’ultimo accordo (unica fonte dell’obbligo di rotazione: cfr. Cass. 29 novembre 2005 n. 25952), a non protrarre tale situazione oltre il 31 luglio o oltre il 30 novembre 1993 e a ruotare successivamente in base all’accordo del 24 marzo 1993.

In particolare, invocano la norma transitoria di tale accordo, secondo la quale “In relazione alle circa 800 unita’ gia’ in CIGS alla data odierna ed ai regimi di rotazione definiti con il presente accordo, che varranno nel futuro anche per le suddette unita’, si conviene che, in relazione alle rotazioni gia’ effettuate ed alla presenza nell’ambito di tali sospesi di circa 200 interessati da mobilita’ per scivolo, circa 180 ruoteranno alla fine del mese di luglio e circa 180 alla fine del mese di novembre 1993”.

Da tale disposizione, i ricorrenti hanno desunto il loro diritto (in quanto sospesi in virtu’ dell’accordo precedente) a rientrare in servizio alla fine di luglio o di novembre 1993, salva a possibilita’ di essere successivamente collocati nuovamente in CIGS in applicazione del regime della rotazione di cui all’accordo del 1993.

Viceversa, con una tecnica interpretativa adeguata in quanto fondata sul dato testuale integrato da una lettura di carattere sistematico dell’accordo e con una articolata e logica motivazione, la Corte territoriale, in conformita’ a precedenti decisioni esistenti sull’argomento (la cui correttezza e’ stata ripetutamele confermata da questa Corte: cfr., ad es. Cass. 2 gennaio 2002 n. 18, 5 aprile 2004 n. 6641 e 29 novembre 2005 n. 25952) e tenuto conto dell’intero testo dell’accordo, in particolare della clausola secondo la quale “il presente accordo annulla e sostituisce precedenti intese in ordine alle medesime materie”, ha ritenuto che l’accordo fosse immediatamente applicabile anche ai lavoratori gia’ in CIGS, senza la necessita’ di porre in essere un nuovo provvedimento di sospensione.

Ha pertanto valutato come conseguente l’applicazione sia della disciplina della rotazione semestrale (prevista dall’accordo del 1993), a partire dalle date alternativamente indicate nella clausola transitoria sia la previsione secondo cui la rotazione e’ operativa unicamente nel caso in cui non si trovino soluzioni esterne, esodi agevolati, utilizzo della L. n. 223 del 1991 e fatta salva la partecipazione ad iniziative di formazione e quindi per un numero ridotto (360 unita’) del personale gia’ sospeso (800), una volta sottratto quello interessato alla mobilita’ (200 unita’).

Valutando come acquisito in giudizio, in quanto non contestato, che la I. e la C. erano state avviate a corsi di riqualificazione in date antecedenti a quelle previste per il rientro dalla norma transitoria e quindi rientrassero tra le 240 unita’ per le quali non era previsto il rientro, la Corte ha pertanto concluso per la correttezza al riguardo dell’operato della societa’.

Ne contestare tale interpretazione e tali conclusioni, la difesa delle ricorrenti omette peraltro di riprodurre, in violazione della regola della autosufficienza, l’intero testo dell’accordo del 1993, che la Corte territoriale aveva dichiaratamente letto nel collegamento istituibile tra le varie clausole dello steso.

Anche per tale ragione, le censure svolte appaiono in realta’ proporre una lettura alternativa della norma indicata, meramente contrapposta a quella operata dalla Corte, cosi’ chiedendo a questa Corte di legittimita’ una inammissibile (il regime del ricorso per cassazione e’ infatti quello antecedente al 2 marzo 2006, con gli effetti di cui al D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 27, comma 2) terza valutazione di merito in ordine al significato dell’accordo del 1993.

Inoltre, pur ammettendo di avere contestato l’avviamento al corso di riqualificazione solo con le note conclusive (e quindi tardivamente), le ricorrenti deducono che le affermazioni al riguardo della societa’ erano state generiche, per cui non avrebbero consentito obiezioni, senza peraltro riprodurre il testo di tali affermazioni, viceversa ritenute sufficientemente specifiche dalla Corte territoriale, che sulla mancata contestazione delle stesse ha fondato il proprio accertamento.

4 – Col quarto motivo, la difesa dei ricorrenti denuncia la violazione degli artt. 112, 342, 345 e 437 c.p. e il vizio di motivazione, nella parte in cui riconoscendo ai lavoratori diversi da I. e C. il diritto alla rotazione, i giudici di merito hanno limitato il risarcimento danni a periodi semestrali alternati, aderendo ad una richiesta formulata dalla societa’ Alenia unicamente nell’atto di appello avverso il capo di sentenza che aveva accolto le domande dei ricorrenti diversi da I. e C..

Inoltre, la decisione sul punto sarebbe comunque errata, poiche’ fondata sull’ipotesi, del tutto astratta, che il datore di lavoro avrebbe reiterato nel futuro provvedimenti di sospensione in CIGS dei ricorrenti.

I ricorrenti rilevano infine che in primo grado la societa’ non aveva contestato i conteggi da loro prodotti, che parametravano il danno da risarcire a tutto il periodo di sospensione e comunque a partire dal 1 agosto 1993 e non dal 1 dicembre, come ritenuto dalla Corte territoriale.

Anche l’ultimo motivo e’ infondato.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, anche nel rito del lavoro, il giudizio di appello ha per oggetto la medesima controversia decisa dalla sentenza di primo grado, entro i limiti della devoluzione, quale risulta dagli specifici motivi di gravame, che in nessun caso possono ampliare la materia de contendere mediante l’introduzione di domande nuove. Il suddetto principio, tuttavia, non risulta violato qualora in appello venga proposta in via subordinata ed accolta una domanda implicitamente contenuta in quella avanzata con il ricorso o con la memoria di costituzione di primo grado e riproposta in grado di appello (cfr. ad es. Cass. n. 10290/05).

In applicazione di tale principio e in un caso analogo a quello in esame, questa Corte ha confermato la sentenza di merito che aveva accolto la domanda subordinata, avanzata solo in appello dall’INPGI, di limitare il risarcimento del danno conseguente ad illegittimita’ di un provvedimento di sospensione cautelare del lavoratore, vittorioso in primo grado, esplicitando un contenuto gia’ insito nell’originaria richiesta di rigetto della domanda (Cass. 12 settembre 2008 n. 23563).

Anche nel caso in esame la richiesta (subordinata) di limitare l’eventuale danno da risarcire con riferimento ai soli periodi in cui i lavoratori diversi dalla I. e alla C. avrebbero dovuto rientrare in servizio in applicazione della rotazione semestrale e’ stata evidentemente ritenuta contenuta implicitamente nella richiesta di rigetto della domanda formulata dalla societa’ nel giudizio di primo grado (in realta’, costituente mera difesa) e quindi correttamente riproposta nell’atto di appello.

Ne’ una tale conclusione e’ inficiata dalla dedotta mancata contestazione dei conteggi, in quanto siffatta contestazione e’ implicata dalla richiesta di rigetto della domanda, cui e’ implicita la richiesta subordinata indicata, da ritenere ricomprendente anche il tema delle date di rientro che i giudici hanno indicato come gradatamente indicate nel ricorso.

Concludendo, sulla base delle considerazioni svolte, il ricorso va respinto, con la conseguente condanna dei ricorrenti, in solido, a rimborsare alla societa’ le spese di questo giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in via tra di loro solidale, a rimborsare alle societa’ le spese di questo giudizio di cassazione, liquidate complessivamente in Euro 29,00 per esborsi ed Euro 3.500,00, oltre spese generali, IVA e CPA, per onorari.

Cosi’ deciso in Roma, il 18 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2011

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