Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3238 del 07/02/2017


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Cassazione civile, sez. II, 07/02/2017, (ud. 20/12/2016, dep.07/02/2017),  n. 3238

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21799/2012 proposto da:

MINISTERO DIFESA, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

AVIO LACO SNC, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BELSIANA 71,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE DELL’ERBA, che lo

rappresenta difende unitamente all’avvocato MARIO OCCHIPINTI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2892/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 30/06/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/12/2016 dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA;

udito l’Avvocato MENEGANTE Mirko, con delega depositata in udienza

dell’Avvocato Mario OCCHIPINTI, difensore del resistente che ha

insistito sul rigetto del ricorso e sulle difese in atti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per manifesta infondatezza

del ricorso e per la condanna aggravata alle spese.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Nel giudizio di danni promosso nel 1990 dalla società Avio Laco contro il Ministero della Difesa per il mancato utilizzo di un terreno confinante con l’Aeroporto Militare di (OMISSIS), questa Corte Suprema – con sentenza n. 12383/2006, accogliendo il primo motivo di ricorso proposto dal Ministero della Difesa contro la pronuncia n. 3068/2001 della Corte d’Appello di Roma (conforme a quella di primo grado favorevole all’attrice) – ha cassato la sentenza impugnata per violazione dell’art. 324 c.p.c., artt. 2909, 822 e 2697 c.c. e per omessa motivazione su un punto decisivo (demanialità del terreno) disponendo che il giudice di rinvio, per verificare la fondatezza dell’eccezione di demanialità dell’area (sollevata dal Ministero) tenesse conto di due sentenze del Tribunale di Roma, la n. 8426 e 9001/1994.

2. La Corte d’Appello di Roma, in sede di rinvio, con sentenza del 30.6.2011, ha escluso che le predette pronunce contenessero un accertamento irrevocabile sulla natura demaniale dell’area in contesa e pertanto ha respinto l’appello dell’Amministrazione.

3 Contro tale decisione il Ministero ricorre per cassazione con due motivi a cui resiste la società Avio Laco con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1- Con il primo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 384 c.p.c.: secondo la tesi del ricorrente, avendo la Corte di Cassazione già accertato che le due citate pronunce costituivano giudicato sulla appartenenza del terreno al demanio, al giudice di rinvio non era più consentito di rimettere in discussione il principio.

Il motivo è privo di fondamento.

L’art. 384 c.p.c., comma 2, stabilisce che il giudice di rinvio “deve uniformarsi al principio di diritto e comunque a quanto statuito dalla Corte….”.

In giurisprudenza, è stato più volte precisato che i limiti dei poteri attribuiti al giudice di rinvio sono diversi a seconda che la pronuncia di annullamento abbia accolto il ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ovvero per vizi di motivazione in ordine a punti decisivi della controversia, ovvero per entrambe le ragioni: nella prima ipotesi, il giudice deve soltanto uniformarsi, ex art. 384 c.p.c., comma 1, al principio di diritto enunciato dalla sentenza di cassazione, senza possibilità di modificare l’accertamento e la valutazione dei fatti acquisiti al processo, mentre, nella seconda, non solo può valutare liberamente i fatti già accertati, ma anche indagare su altri fatti, ai fini di un apprezzamento complessivo in funzione della statuizione da rendere in sostituzione di quella cassata, ferme le preclusioni e decadenze già verificatesi; nella terza, infine, la sua “potestas iudicandi”, oltre ad estrinsecarsi nell’applicazione del principio di diritto, può comportare la valutazione “ex novo” dei fatti già acquisiti, nonchè la valutazione di altri fatti, la cui acquisizione, nel rispetto delle preclusioni e decadenze pregresse, sia consentita in base alle direttive impartite dalla decisione di legittimità (v. tra le varie, Sez. 1, Sentenza n. 17790 del 07/08/2014 Rv. 632551; Sez. L, Sentenza n. 6707 del 06/04/2004 Rv. 571860).

Nel caso in esame la sentenza di questa Corte n. 12383/2006 aveva accolto il primo motivo di ricorso per violazione di legge e vizio di motivazione e dunque in base al suddetto principio il giudice di rinvio, ferme le preclusioni e decadenze già verificatesi, aveva il potere di valutare liberamente i fatti già accertati, ma anche indagare su altri fatti, ai fini di un apprezzamento complessivo in funzione della statuizione da rendere in sostituzione di quella cassata.

Ciò posto, l’errore di fondo in cui mostra di incorrere il ricorrente Ministero sta nel ritenere che la Corte di Cassazione, con la citata sentenza 12383/2006, abbia già svolto il sindacato sulla portata di quelle due pronunce di merito e sia già pervenuta alla conclusione che esse contengano un giudicato sulla demanialità dell’area in questione.

La sentenza 12383/2006 si è limitata invece a segnalare il mancato esame da parte della Corte d’Appello di due precedenti decisioni e quindi ha invitato il giudice di rinvio a rimediare all’omissione e trarre le relative conclusioni.

I passaggi motivazionali contenuti nella sentenza del 2006 ed in particolare quelli relativi alla disamina del primo motivo di ricorso per cassazione riportano – a bene vedere – le questioni devolute dal Ministero al giudice del gravame e ritenute essenziali dalla difesa dell’appellante (…invero, dall’atto di citazione in appello….risulta che e poi ancora “….essendo rappresentato il principale thema decidendum dedotto dall’appellante dalla richiesta di accertamento della demanialità delle aree in contestazione, conseguentemente era doverosa la valutazione, da parte dei Giudici di appello, dei precedenti giudicati formatisi al riguardo”).

Nessuna analisi del contenuto delle due sentenze di merito si rinviene invece nella sentenza di cassazione.

Del resto, se fosse esatta la tesi oggi sostenuta dal ricorrente (giudicato sulla demanialità già riconosciuto dalla Corte di Cassazione) la sentenza della Corte d’Appello di Roma 3068/2001 sarebbe stata cassata senza rinvio, non rendendosi necessario nessun altro accertamento, e la domanda risarcitoria avanzata dalla società sarebbe stata conseguentemente respinta, ma ciò non è avvenuto e su tale logica conseguenza il ricorso non prende posizione.

2 Con il secondo motivo il Ministero della Difesa denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 384 e 324 c.p.c., artt. 2909, 822 e 2697 c.c., nonchè art. 692c.n., comma 2, rimproverando alla Corte di rinvio di avere escluso la natura demaniale attraverso una lettura parziale e riduttiva dei due giudicati estrapolando singole frasi e obliterando invece il nucleo centrale delle pronunce, che, ad avviso del ricorrente, si presentava ben chiaro.

Il motivo è infondato.

Il giudice di merito, nell’accertamento della portata del giudicato esterno – sindacabile in cassazione nei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, non deve soltanto tenere conto della formula conclusiva in cui si riassume il contenuto precettivo della sentenza, ma deve individuare anche l’essenza e l’effettiva portata della decisione, che vanno ricavate non soltanto dal dispositivo, ma anche dalla motivazione. (Sez. U, Sentenza n. 2874 del 17/03/1998 Rv. 513735; v. altresì Sez. 2, Sentenza n. 13618 del 11/06/2007 Rv. 598136).

La Corte d’Appello, con motivazione adeguata e immune da vizi logici ha analizzato le due pronunzie del Tribunale e, rilevando la natura possessoria dei relativi giudizi promossi in primo grado davanti al Pretore di Tivoli, è pervenuta alla conclusione che nessuna di esse contenesse accertamenti irrevocabili sulla demanialità dell’area in contestazione.

Il ricorso va pertanto respinto con addebito di spese alla parte soccombente.

Deve però rigettarsi la domanda di condanna aggravata alle spese formulata dal P.G., non ravvisandosi i presupposti di cui all’art. 385 c.p.c., comma 4, ratione temporis applicabile, posto che a tal fine occorre che il ricorso per cassazione sia non soltanto erroneo in diritto, ma evidenzi un grado di imprudenza, imperizia o negligenza accentuatamente anormali e qui non ravvisabili.

PQM

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi Euro 4.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi.

Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2017

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