Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3237 del 11/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 11/02/2020, (ud. 06/09/2019, dep. 11/02/2020), n.3237

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

su ricorso 1003-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

I.R., elettivamente domiciliata in ROMA LUNGOTEVERE DEI MELLINI

10, presso lo studio dell’avvocato CASTELLANI FILIPPO, rappresentata

e difesa dall’avvocato PEDRAZZINI VIVIANA LUCIANA, giusta delega a

margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 128/2009 della COMM. TRIB. REG. di GENOVA,

depositata il 18/12/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/09/2019 dal Consigliere Dott. MAISANO GIULIO;

udito P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

MATTEIS STANISLAO che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato PALATIELLO che ha chiesto

l’accoglimento.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza pubblicata il 18 dicembre 2009 la Commissione Tributaria Regionale della Liguria ha rigettato il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 84/01/2006 della Commissione Tributaria Provinciale di Savona con la quale era stato annullato l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) emesso nei confronti di I.R. e relativo ad IRPEF ed ILOR per l’anno 1991 a seguito della mancata dichiarazione di redditi conseguiti nella qualità di socia al 50% della Edilgreen s.a.s. La Commissione Tributaria Regionale ha considerata l’estraneità di I.R. a qualsiasi attività sociale della Edilgreen s.a.s. sulla base di perizie assunte in sede di procedimento penale che avevano accertato la falsità delle sottoscrizioni degli atti societari a suo nome.

Avverso tale sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione articolato su sei motivi.

I.R. ha resistito con controricorso eccependo l’inammissibilità del ricorso contenendo questo la riproduzione integrale degli atti di causa e chiedendone comunque il rigetto deducendone l’infondatezza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente va rigettata l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla controricorrente. Benchè il ricorso contenga effettivamente la riproduzione integrale degli atti di causa, va considerato che la sola riproduzione integrale degli atti non comporta l’inammissibilità del ricorso purchè questi contenga una chiara sia pour sintetica esposizione dei motivi di ricorso. Con sentenza delle Sezioni Unite 24 febbraio 2014 n. 4324 questa Corte ha affermato che non viola il principio di autosufficienza, avuto riguardo alla complessità della controversia, il ricorso per cassazione confezionato persino mediante inserimento di copie fotostatiche o scannerizzate di atti relativi al giudizio di merito, qualora la riproduzione integrale sia correlata a una chiara individuazione dei punti rilevanti per la risoluzione della vertenza. Si è aggiunto di recente che il ricorso “assemblato” mediante integrale riproduzione di una serie di documenti sarebbe inammissibile solo se espunti i documenti e gli atti integralmente riprodotti, in quanto facilmente individuabili ed isolabili, l’atto processuale, ricondotto al canone di sinteticità, rispetti di per sè stesso il principio di autosufficienza (Cass. 8245/18). Pertanto la riproduzione integrale degli atti di causa può ritenersi quale legittima esposizione dei fatti di causa che non rende inammissibile il ricorso in presenza di una chiara esposizione dei motivi di ricorso.

Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5 e art. 2909 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. In particolare si deduce che il reddito accertato in capo a società di persone debba necessariamente fare stato quale reddito di partecipazione nei confronti dei soci.

Con il secondo motivo si assume omessa motivazione su fatto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 con riferimento all’accertamento del reddito societario avverso il quale era stato proposto ricorso dalla Edilgreen s.a.s. rigettato con sentenza passato in giudicato.

Con il terzo motivo si deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 14 e 59 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 con riferimento alla mancata considerazione del litisconsorzio necessario con la società e l’altro socio della stessa.

Con il quarto motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 non essendo stato considerato che, nelle società di persone, il reddito societario va imputato pro quota ai singoli soci indipendente dalla loro effettiva partecipazione alla società.

Con il quinto motivo si assume la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 per ultrapetizione non avendo la I. mai negato la sua qualità di socia ma contestando solo la sua effettiva partecipazione alla gestione sociale.

Con il sesto motivo si lamenta insufficiente motivazione su fatto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 con riferimento all’accertamento dell’effettiva qualità di socia della I..

Preliminarmente vanno esaminati il secondo ed il sesto motivo di ricorso proposti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 e che sono fondati.

Riguardo al secondo motivo va considerato che, benchè la sentenza emessa nei confronti della società non abbia effetto nei confronti dei singoli soci ai sensi dell’art. 1306 c.c., l’accertamento del reddito relativo alla società di persone di cui la I. è socia al 50 per cento non può essere ignorato nella determinazione del reddito personale, per cui il giudice del merito avrebbe dovuto comunque considerarlo e valutarlo, mentre, nel caso in esame, la Commissione Tributaria Regionale ha del tutto omesso di considerare tale elemento. Fra l’altro la I. non ha mai contestato nè il reddito accertato in capo alla società, peraltro confermato con sentenza passate in giudicato, nè la sua quota di partecipazione al 50% nella società stessa, per cui la Commissione tributaria regionale avrebbe dovuto tenere conto di tali elementi e motivare sulla loro eventuale non rilevanza a fronte degli elementi invece considerati.

In ordine al sesto motivo va considerato che la sentenza impugnata è basata sull’unico elemento costituito dalla falsità delle sottoscrizioni poste in calce ad atti societari, peraltro accertata in sede penale, e che proverebbero l’estraneità della I. alla vita sociale. La sentenza non considera i termini del dibattito processuale (di cui v’è ampio riscontro nei motivi 2 e 6), trascurando del tutto la necessaria descrizione del processo cognitivo attraverso il quale si è giunti al giudizio (Cass. 32980/18; conf. SU/22232/2016). In particolare l’accertamento in sede penale della falsità di alcune firme della I. apposte su documentazione relativa alla società di cui era socia accomandataria, non può essere sufficiente a motivare una decisione di accoglimento del ricorso della contribuente in sede tributaria, ove rileva il reddito accertato della società e la qualità di socia della contribuente.

La sentenza deve dunque essere cassata in relazione ai due motivi accolti, assorbiti gli altri, con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Liguria in diversa composizione, che provvederà anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il secondo e il sesto motivo, assorbiti gli altri;

cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Liguria in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 26 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2020

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