Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3236 del 11/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 11/02/2020, (ud. 28/03/2019, dep. 11/02/2020), n.3236

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. D’AURIA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 15886/2016 proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12,

domicilia;

– ricorrente –

contro

MC BOLT s.r.l. (C.F.: (OMISSIS)), con sede in Marcianise, in persona

del legale rappresentante pro tempore, assistita e difesa dall’Avv.

Elefante Tullio, con domicilio eletto presso l’Avv. Elefante Tullio,

in Roma, via Cardinal de Luca n. 10;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania n. 11516/39/2015, pronunciata il 9 dicembre 2015 e

depositata il 17 dicembre 2015;

udita la relazione svolta nell’Adunanza del 28 marzo 2019 dal

Consigliere Antezza Fabio.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (“A.D.”) ricorre, con quattro motivi, per la cassazione della sentenza (indicata in epigrafe) di rigetto dell’appello proposto dalla stessa Amministrazione avverso la sentenza n. 15968/33/2014 emessa dalla CTP di Napoli. Quest’ultima, a sua volta, aveva accolto l’impugnazione proposta avverso avviso di irrogazione di sanzioni (n. 636/2012, notificato il 29 marzo 2012).

2. Dalla sentenza impugnata oltre che dagli atti di parte emerge quanto segue circa i fatti di causa.

2.1. La vicenda trae origine da operazioni di verifica condotte da funzionari dell’Ufficio Dogane a seguito di nota della Direzione Interregionale delle Dogane, Area Antifrode, avente ad oggetto “evasione di dazi antidumping su importazione di elementi di fissaggio in acciaio cinese”, emessa sulla scorta delle informative dell’OLAF (Ufficio Europeo Antifrode) nn. 2/2010 e 17/2010. Con esse era stata in particolare segnalata la possibilità di elusione dei dazi antidumping su elementi di fissaggio provenienti da Malesia, Singapore, Indonesia e Tailandia attraverso false dichiarazioni di origine della merce, di fatto prodotta in Cina, ritenuta “trasbordata” in uno dei menzionati Paesi e munita di false attestazioni di provenienza, al fine di eludere la normativa antidumping.

2.2. All’esito di “controllo a posteriori” (art. 78 Reg. CE n. 2913/1992 – Codice Doganale Comunitario), fu emesso e notificato alla contribuente avviso di accertamento per dazi per gli anni 2009 e 2010 (con il quale fu anche incrementato il valore doganale dei beni in ragione del valore delle provvigioni).

2.3. L’Avviso di cui innanzi fu autonomamente impugnato dal contribuente con esito favorevole sia in primo che in secondo grado. La relativa sentenza della Commissione tributaria della Campania (n. 223/15/2013, fu poi cassata con rinvio non in merito al profilo relativo alla violazione dei dazi antidumping ma solo con riferimento ad un profilo di omessa pronuncia circa il valore doganale delle merci ed al profilo relativo all’incremento di valore doganale dei beni in ragione del valore delle provvigioni (Cass. sez. 5, 11/08/2016, n. 16962).

2.4. Sulla scorta del detto avviso furono emessi una serie di avvisi di irrogazione di sanzioni nei confronti della società, tutti autonomamente impugnati dal contribuente, tra i quali quello oggetto della sentenza oggetto di attuale ricorso per cassazione.

3. La CTP annullò l’impugnato avviso di irrogazione di sanzioni, per carenza di motivazione oltre che in ragione dell’essere stato lo stesso fondato su presunzione di difformità tra l’origine delle merci e quella dichiarata.

4. La statuizione di primo grado, rigettato l’appello dall’A.D., fu confermata dalla CTR con la sentenza oggetto di attuale impugnazione.

La Commissione regionale, in particolare, ritenne ampiamente provata ad opera del contribuente, mediante la copiosa documentazione versata in atti, “l’insussistenza di una ipotesi di falsa certificazione circa la provenienza delle merci, nonchè la conseguente elusione dei dazi antidumping, specificando la natura, il numero e la provenienza delle merci, il pagamento derivante dai paesi di origine e l’ubicazione delle aziende esportatrici”. Per converso, concluse il Giudice di merito, l’A.D. si riportò pedissequamente a quanto dedotto in sede di PVC dai verbalizzanti, “senza svolgere una serie di indagini successive che non possono essere considerate discrezionali, in quanto imposte perchè obbligatorie, dalla Direzione Interregionale delle Dogane (nota 35721/RU)”.

5. Contro la sentenza d’appello l’A.D. propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, ed il contribuente intimato si difende con controricorso, illustrato da memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2. Con il motivo I del ricorso, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 si deduce “error in iudicando … per violazione dell’art. 295 c.p.c. nonchè dell’art. 112 c.p.c. (omessa pronuncia), in combinato disposto con il D.Lgs. n. 31.12.1992, n. 546, art. 1, comma 2”.

In sostanza, ci si duole dell’omessa sospensione ex art. 295 c.p.c. del processo in ragione del rapporto di pregiudizialità con il processo avente ad oggetto l’avviso di rettifica presupposto dell’impugnato avviso di irrogazione di sanzioni. La CTR avrebbe in particolare sia omesso di pronunciarsi sulla relativa istanza di sospensione proposta dall’A.D. sia comunque errato nella non applicazione della sospensione necessaria ex art. 295 cit..

Con il motivo II del ricorso, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 si deduce “violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4. Nullità della decisione motivata per relationem”.

Con il motivo IV del ricorso, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, si deduce “error in procedendo … per disapplicazione del D.Lgs. n. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, comma 2, n. 4, applicabile ex art. 61 dello stesso atto normativo nonchè l’art. 111 Cost., comma 6.”.

Sostanzialmente il ricorrente censura la sentenza per aver motivato richiamando la decisione di primo grado senza farla propria (motivo I), in violazione così dei principi che governano la legittimità della motivazione per relationem, prospettandone comunque la mera apparenza (motivo IV).

Con il motivo n. III del ricorso, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 si deduce la “violazione del D.Lgs. 8 novembre 1990, n. 374, art. 11, commi 2 e 3, in relazione agli artt. 2697,2727 e 2729 c.c.”.

Si critica, in sostanza, la sentenza impugnata che, a detta del ricorrente, avrebbe argomentato l’illegittimità dell’atto impositivo dalla sola circostanza per la quale l’A.D. non avrebbe svolto indagini successive obbligatorie.

2. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse all’impugnazione della sentenza di merito inerente l’avviso di irrogazione di sanzioni (emessa peraltro all’esito di processo nel quale la stessa Amministrazione aveva sollecitato la sospensione ex art. 295 c.p.c. per la pendenza del giudizio in ordine al relativo avviso di accertamento).

Come già evidenziato nella precedente ricostruzione in fatto, l’avviso di accertamento per dazi antidumping, sulla cui scorta fu emesso anche l’avviso di irrogazione di sanzioni in oggetto, è stato difatti autonomamente impugnato dal contribuente con esito favorevole sia in primo che in secondo grado. La relativa sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania (n. 223/15/2013) è stata poi cassata, con rinvio, non in merito al profilo relativo alla violazione dei dazi antidumping ma solo con riferimento ad un profilo di omessa pronuncia circa il valore doganale delle merci ed al profilo relativo all’incremento di valore doganale dei beni in ragione del valore delle provvigioni (Cass. sez. 5, 11/08/2016, n. 16962).

Ne consegue il sopravvenuto venir meno dell’interesse ad impugnare, con compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità precedentemente instaurato.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e compensa le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 28 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2020

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