Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32359 del 13/12/2018

Cassazione civile sez. un., 13/12/2018, (ud. 06/11/2018, dep. 13/12/2018), n.32359

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente f.f. –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente di Sez. –

Dott. MANNA Felice – Presidente di Sez. –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9088-2018 proposto da:

D.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. PISANELLI

2, presso lo studio dell’avvocato STEFANO DI MEO, rappresentata e

difesa dall’avvocato GIULIO CESARE BONAZZI;

– ricorrente –

contro

O.O., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA L. ANDRONICO

24, presso lo studio dell’avvocato ILARIA ROMAGNOLI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PIERCARLO PORTIERI;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 324/2017 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositato il 22/11/2017.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/11/2018 dal Consigliere MARIA GIOVANNA SAMBITO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso;

uditi gli avvocati Stefano Di Meo, Piercarlo Portieri ed Ilaria

Romagnoli.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 18.2.2011, veniva pronunciata la separazione personale dei coniugi O.O. ed D.A., ai quali veniva congiuntamente affidata la figlia minore G. (nata a (OMISSIS)). Nel corso del successivo giudizio di divorzio, pendente innanzi al Tribunale di Brescia, il GI, con provvedimento del 23.9.2013, autorizzava in via provvisoria e sperimentale la D. a trasferirsi nel Principato di Monaco ed a portare con sè la figlia, con l’obbligo di condurla dal padre, secondo specifiche, frequenti, cadenze. Nell’aprile del 2014, la madre, paventando il pericolo di abusi sessuali da parte del padre, si rivolgeva al giudice tutelare monegasco, che, ravvisata una situazione di pericolo e ritenuta la propria competenza, disponeva che il padre potesse incontrare la bambina un solo giorno a settimana in Monaco ed in ambiente protetto; provvedimento che veniva confermato in appello e diventava definitivo con sentenza del 13.5.2015 dalla Cour de Revision del Principato. Nelle more, con ordinanza del 9.6.2014, il GI del procedimento di divorzio revocava la precedente autorizzazione provvisoria ed affidava, in via esclusiva, la figlia al padre, statuizione che veniva disattesa dalla madre, che, perciò, subiva una condanna penale e veniva sospesa dalla responsabilità genitoriale. L’affidamento esclusivo al padre veniva confermato nelle sentenze di divorzio di primo grado e d’appello, rispettivamente emesse nel dicembre 2016 e nel novembre del 2017.

Parallelamente, con ricorso del 1.12.2015, O.O. adiva il Tribunale per i Minorenni di Brescia chiedendo che la D. venisse dichiarata decaduta dalla potestà genitoriale, provvedimento che veniva emesso dal giudice specializzato, con decreto tuttavia annullato in sede d’appello. La domanda, riproposta dall’ O. il 18.1.2017, veniva, poi, accolta dal giudice adito con decreto del 4.7.2017, confermato, con provvedimento del 22.11.2017, dalla Corte d’Appello di Brescia, Sezione per i minorenni, che riteneva, anzitutto, sussistente la giurisdizione del giudice italiano, escludendo che potesse valere il criterio della residenza di cui all’art. 5 della Convenzione dell’Aja del 1961, richiamata in quella del 1996, in quanto l’autorizzazione a risiedere all’estero, originariamente emessa dal GI del divorzio, era dichiaratamente provvisoria ed il mancato ritorno della bambina dall’estero, dopo la sua revoca, configurava un illecito della madre, sanzionato, anche, penalmente, dovendo, perciò trovare applicazione l’art. 7 della Convenzione, secondo cui permaneva, in tale ipotesi, la giurisdizione dello Stato in cui la minore aveva la residenza abituale prima del trasferimento, e dunque del giudice italiano. La Corte confermava, poi, la competenza del giudice minorile al quale, anche secondo la nuova formulazione dell’art. 38 disp. att. c.c., era demandato di provvedere in ordine alla decadenza dalla responsabilità genitoriale, pur in pendenza di giudizio di separazione o divorzio; evidenziava, infine, nel merito, la correttezza della statuizione, per avere la madre deliberatamente e progressivamente privato la figlia della bigenitorialità, sollevando innanzi all’autorità straniera odiosi sospetti fondati su una sola visita medica e disattendendo tutti i provvedimenti dell’autorità giudiziaria italiana.

Per la cassazione del decreto, D.A. ha proposto ricorso affidato a cinque motivi, ai quali O.O. ha resistito con controricorso, successivamente illustrato da memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Va, preliminarmente, esaminata ex officio la questione sottratta alla regola di cui all’art. 384 c.p.c., comma 3, relativa alle sole decisioni nel merito (cfr. da ultimo, Cass. n. 26703 del 2018) – dell’ammissibilità del ricorso avverso il decreto emesso, in sede di reclamo, dalla Corte d’Appello sezione per i minorenni, in materia di decadenza dalla responsabilità genitoriale.

La giurisprudenza di queste Sezioni Unite la ha, finora, esclusa, con indirizzo che ha preso le mosse dalla sentenza n. 6220 del 1986, emessa a composizione di un contrasto, con la quale è stata negata la ricorribilità avverso siffatti provvedimenti, ed è stato posto il seguente principio: “In tema di tutela dei minori, i provvedimenti che limitino od escludano la potestà dei genitori naturali, ai sensi dell’art. 317 bis c.c. che pronuncino la decadenza dalla potestà sui figli o la reintegrazione in essa, ai sensi degli artt. 330 e 332 c.c. che dettino disposizioni per ovviare ad una condotta dei genitori pregiudizievole ai figli, ai sensi dell’art. 333 c.c. o che dispongano l’affidamento contemplato dalla L. 4 maggio 1983 n. 184, art. 4, comma 2, (che richiama il citato art. 330 c.c.), ancorchè resi dal giudice di secondo grado in esito a reclamo, non sono impugnabili con ricorso per cassazione a norma dell’art. 111 Cost., in quanto, pur riguardando posizioni di diritto soggettivo, chiudono un procedimento di tipo non contenzioso, privo di un vero e proprio contraddittorio, non statuiscono in via decisoria e definitiva su dette posizioni, stante la loro revocabilità e modificabilità per motivi sia sopravvenuti che preesistenti, e si esauriscono pertanto in un governo di interessi sottratti all’autonomia privata senza risolvere un conflitto su diritti contrapposti”.

1.2. Il principio è stato applicato, anche, in ipotesi di contestazioni sulla giurisdizione (cfr. Cass. SU n. 3931 del 1988; n. 1026 del 1995; n. 911 del 2002, n. 25008 del 2007, fa eccezione l’isolata Cass. SU n. 1 del 2001, in parte qua non argomentata) sul presupposto che la connotazione non decisoria da riconnettere alle statuizioni aventi il suddetto oggetto si estenda necessariamente alla definizione della questione pregiudiziale di giurisdizione, priva di effetti vincolanti all’infuori del procedimento. In generale, il principio è stato confermato (Cass. SU n. 11026 del 2003) in riferimento a motivi prospettanti la lesione di situazioni aventi rilievo processuale, essendo stato ritenuto che la violazione delle norme che regolano il processo non può avere autonoma valenza di provvedimento decisorio e definitivo, se di tali caratteri sia privo l’atto al cui conseguimento il processo è preordinato, stante la natura strumentale della problematica processuale, che disciplina i presupposti, i modi e i tempi con i quali la domanda può essere portata all’esame del giudice, e, dunque, la sua idoneità a costituire oggetto di dibattito soltanto nella sede, e nei limiti, in cui sia aperta o possa esser riaperta la discussione sul merito.

2. La successiva giurisprudenza della Corte si è conformata ai predetti arresti, ma, a partire da Cass. 23032 del 2009 (e successivamente Cass. n. 6132 del 2015, 3192 del 2017), ha ammesso l’impugnabilità col ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111, co 7/ Cost. dei provvedimenti in tema di affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio (per l’assimilazione della relativa posizione a quella dei figli nati nel matrimonio, ex L. n. 54 del 2006, e l’abolizione di ogni distinzione, dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 154 del 2013),con indirizzo avallato da queste Sezioni Unite (Cass. SU n. 8042 del 2018), rimarcandosi, tuttavia, l’autonomia di tali procedimenti rispetto a quelli di cui agli artt. 330 e 333 c.c., in relazione ai quali questa Corte ha continuato ad escludere la natura decisoria, e dunque, la relativa impugnabilità con il ricorso straordinario per cassazione di cui all’art. 111, Cost. (cfr. tra le tante Cass., 17/06/2009, n. 14091; Cass., 14/05/2010, n. 11756; Cass., 31/05/2012, n. 8778).

3. Tale orientamento è stato ribaltato, al lume delle modifiche introdotte dalla L. n. 154 del 2013 e dalla L. n. 219 del 2012, da recente giurisprudenza della prima sezione di questa Corte (Cass. n. 1746 del 2016; n. 1743 del 2016; n. 23633 del 2016; n.,4099 del 2018; e, da ultimo, n. 19780 del 2018), con indirizzo che, va, qui, confermato. Queste le ragioni.

3.1. Anzitutto, per effetto della L. n. 154 del 2013, la struttura dei procedimenti de potestate, rimasta non contenziosa, è stata modificata nella sua sostanza. Ed, infatti, nei procedimenti che lo riguardano, il minore che abbia compiuto i dodici anni -ovvero, se di età inferiore, sia comunque capace di discernimento- deve essere ascoltato (art. 336 bis c.c., aggiunto dal D.Lgs. n. 154 del 2013, art. 53) ed, ove si ipotizzi un conflitto di interessi coi genitori, deve essergli nominato un curatore speciale (Cass. n. 5097 del 2014). L’ascolto del minore è, poi, espressamente previsto, unitamente a quello del genitore contro cui è chiesto il provvedimento di decadenza o di compressione della responsabilità genitoriale, dall’art. 336 c.c., comma 2, (come sostituito dal D.Lgs. n. 154 del 2013, art. 52), e genitori e minore devono essere assistiti da un difensore (art. 336 c.c., comma 4): l’assunto secondo cui non sussiste un contraddittorio non può, dunque, dirsi ancora vero, potendo, al contrario, affermarsi che la mutata veste del minore, ormai parte del processo nei giudizi che lo riguardano al pari delle altre, nonchè la previsione del patrocinio di un difensore per ciascuno dei soggetti coinvolti valgano a qualificare tali giudizi quali procedimenti che dirimono conflitti tra posizioni soggettive diverse.

3.2. Inoltre, non v’è alcun dubbio che la previsione del procedimento camerale, da sempre impiegato per la trattazione di controversie su diritti e status, non sia univoca al fine di escludere l’idoneità dei provvedimenti emessi al suo esito alla formazione del giudicato rebus sic stantibus: i provvedimenti in tema di affidamento dei figli sono, come si è detto, ritenuti a carattere decisorio e dotati di stabilità e nei loro confronti è, pertanto, pacificamente, ammesso il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, (cfr. Cass., 10/05/2013, n. 11218; Cass., 06/11/2006, n. 23673; Cass., 28/08/2006, 18627 e massime citate nel primo periodo del p. 2), anche quando adottati all’esito dei procedimenti camerali di revisione ex art. 710 c.p.c. e L. n. 898 del 1970, art. 9, e la prima disposizione, a differenza della seconda, non àncora espressamente la possibilità di revisione ad alcun fatto sopravvenuto.

3.3. Ancora, gli argomenti su cui si fonda l’indirizzo tradizionale, secondo cui, a differenza della modifica delle condizioni di separazione e divorzio, la definitività e la decisorietà dei provvedimenti di cui agli artt. 330 e 333 c.c. sarebbe esclusa in ragione del fatto che essi attengono alla compressione della titolarità della responsabilità genitoriale e sono assunti nell’esclusivo interesse del minore, non tengono, rispettivamente, conto che l’esercizio della responsabilità genitoriale può ben essere regolato attraverso la sua parziale o totale compressione o comunque risentirne e che, anche nell’ambito di un giudizio di separazione, o di divorzio, o promosso ai sensi dell’art. 316 c.c., i provvedimenti concernenti l’affidamento dei figli minori sono assunti nel loro esclusivo interesse morale e materiale ed, essendo volti a soddisfare esigenze pubblicistiche, sono sottratti alla disponibilità delle parti ed al rispetto del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato.

3.4. Sotto altro profilo, va osservato che, nell’esegesi dell’art. 38 disp. att. c.c., quale riformulato dalla L. n. 219 del 2012, art. 3, comma 1, questa Corte, muovendo proprio dall’esposta interconnessione tra le domande di affidamento esclusivo per il comportamento pregiudizievole tenuto dall’altro genitore e la richiesta di un provvedimento limitativo della sua responsabilità genitoriale, ha rilevato la sostanziale sovrapponibilità tra tali domande ed ha, quindi, ravvisato tra di esse un’ipotesi di connessione oggettiva e soggettiva, tale da render necessario che sia un unico giudice, quello ordinario, a decidere per entrambi i profili, in ragione del principio di concentrazione delle tutele, che giustifica la deroga all’attribuzione, in via generale, della competenza al Tribunale per i minorenni in ordine ai provvedimenti ex artt. 330 e 333 c.c. (Cass. sez. 1, ordinanze n. 1349 del 2015; n. 432 del 2016; n. 17931 del 2016; n. 6340 del 2017; n. 17190 del 2017; n. 20202 del 2018). Alla stregua di tali condivisibili argomenti, è ben evidente che la medesima sentenza potrebbe contenere, in relazione alla medesima materia, statuizioni assunte ai sensi dell’art. 337 bis c.c. e segg. ed altre assunte ai sensi degli artt. 330 e 333 c.c., con evidente incongruità del sistema, ove si ritenesse di continuare ad operare una distinzione nell’ambito di esse attribuendo solo alle prime, e non anche alle seconde, attitudine al giudicato rebus sic stantibus e se ne differenziasse, in conseguenza, il regime impugnatorio.

3.5. Tale aporia va risolta riconoscendo anche alle statuizioni de potestate il carattere della stabilità, cui non è più un ostacolo la struttura del processo, ormai modificata e connotata dal rispetto delle regole del contraddittorio; conclusione che non può non valere anche per le ipotesi in cui i provvedimenti ablatori o limitativi della responsabilità genitoriale siano emessi dal Tribunale per i Minori e si discuta dell’impugnabilità dei decreti emessi, come nella specie, dalla Corte d’Appello Sezione per i Minorenni, a seguito di reclamo, diversamente opinando si creerebbe, infatti, una disparità di trattamento fra situazioni identiche, che non sarebbe affatto giustificata in ragione della speciale competenza attribuita a tale organo giurisdizionale. In relazione ai provvedimenti in esame la disposizione di cui all’art. 742 c.p.c., secondo cui i decreti emessi in esito ai procedimenti in camera di consiglio possono esser in ogni tempo modificati e revocati, va, perciò, interpretata riconoscendo la possibilità di operare modifiche e revoche limitatamente alla valutazione di vizi di merito o di legittimità sopravvenuti, con esclusione di una rinnovata valutazione di circostanze o fatti preesistenti: quando, dunque, siano decorsi i termini del reclamo, o questo sia stato rigettato, il decreto acquista un’efficacia (art. 741 c.p.c.) che assume valenza decisoria in ordine alla situazione sostanziale esaminata, il che, sul piano processuale, comporta la possibilità di esperire il rimedio del ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, in assenza di strumenti alternativi di controllo del provvedimento stesso.

3.6. La conclusione qui assunta è, del resto, quella che più si adatta alla tutela degli interessi coinvolti. L’emissione dei provvedimenti ablativi o limitativi della responsabilità genitoriale incide, infatti, su diritti di natura personalissima e di rango costituzionale, tenuto conto del potenziale concreto mutamento della sfera relazionale primaria dei soggetti che ne sono coinvolti: la circostanza che tali provvedimenti possano, in teoria, esser modificati o revocati con effetti ex tunc non pare al Collegio idonea a porre il soggetto che li subisca al riparo dagli effetti nefasti che possano medio tempore prodursi nell’ambito delle relazioni familiari, sicchè, tenuto conto del potenziale grado d’incisività di tali effetti sui diritti dei soggetti implicati e principalmente sulla vita del minore, la tesi tradizionale che, ritenendoli non decisori e definitivi, esenta siffatti provvedimenti dall’immediato controllo garantistico di questa Corte comporta un vulnus al diritto di difesa e va, dunque, superata.

4. Il ricorso è, pertanto, ammissibile.

5. Con i primi tre motivi di ricorso, svolti congiuntamente, la ricorrente denuncia il difetto di giurisdizione del Tribunale per i Minorenni di Brescia a conoscere della domanda di decadenza dalla responsabilità genitoriale, che afferma devoluta al Giudice Tutelare del Principato di Monaco, deducendo: a) l’omesso esame dei fatti decisivi relativi al luogo di stabile residenza della minore; b) l’omesso esame dei fatti decisivi relativi allo stato di pericolo in cui la stessa versava; c) la violazione o falsa applicazione dell’art. 330 c.c. e della convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961 e di quella del 16 ottobre 1996.

La ricorrente riferisce di esser stata autorizzata, nel settembre del 2013, a recarsi nel Principato di Monaco, onde reperire una stabile occupazione, poi trovata, ed a condurre con sè la figlia, che da allora aveva vissuto nel Principato, ove si era ben inserita, aveva frequentato la scuola e voleva risiedere, come dalla stessa più volte affermato al Giudice Tutelare monegasco. Pertanto, alla data del 18 gennaio 2017, di proposizione del ricorso ex art. 330 c.c. ed alla quale occorreva fare riferimento, G. era residente all’estero stabilmente e legittimamente, con conseguente difetto di giurisdizione del giudice italiano, in riferimento al pertinente criterio della residenza abituale della minore, che andava applicato. Sotto altro profilo, la ricorrente lamenta che la Corte territoriale aveva omesso di considerare che i viaggi dal Principato a Brescia avevano sottoposto la bambina ad un inaccettabile stress psico-fisico che era necessario ovviare, e che era stato, appunto, considerato dal Giudice Tutelare di Monaco nell’emanazione della misura cautelare urgente, poi divenuta definitiva. A tale stregua, il permanere all’estero di essa ricorrente anche dopo la revoca del provvedimento autorizzativo da parte del giudice italiano non aveva costituito alcun illecito, tenuto conto, peraltro, che la condanna a suo carico per i delitti di sottrazione di minorenni e violazione dell’ordine impartito dal giudice non era neppure definitiva. In base agli artt. 5 e 11 della Convenzione dell’Aja del 1996 e degli artt. 3 e 9 di quella del 1961, conclude la ricorrente, il Tribunale per i minorenni di Brescia era privo di giurisdizione, in quanto le misure di protezione devono essere adottate dallo Stato di residenza abituale della minore, sempre competente, comunque, a disporre quelle dettate nei casi d’urgenza.

6. I motivi, da valutarsi congiuntamente, in simmetria al modo in cui vengono svolti, vanno accolti, per le seguenti considerazioni.

7. Ai fini del riparto della giurisdizione e della individuazione della legge applicabile, questa Corte (Cass. Su n. 1310 del 2017; n. 1 del 2001) ha, già, condivisibilmente, affermato che i provvedimenti in materia di minori devono esser valutati in relazione alla funzione svolta, sicchè, quelli che, come nella specie, pur incidendo sulla potestà dei genitori, perseguono una finalità di protezione del minore, rientrano nel campo di applicazione della L. n. 218 del 1995, art. 42, il quale rinvia alla Convenzione de L’Aja del 5 ottobre 1961, ratificata e resa esecutiva con la L. 24 ottobre 1980, n. 742. Tale convenzione, com’è noto, è stata rivisitata da quella adottata all’Aja il 19 ottobre 1996 proprio allo scopo, dichiarato nel preambolo, di rafforzare la protezione dei minori nelle situazioni a carattere internazionale, di evitare conflitti fra i sistemi giuridici in materia di

competenza, di legge applicabile, di riconoscimento ed esecuzione delle misure di protezione dei minori, in vista del superiore interesse dei minori stessi e tenendo conto dei principi sanciti dalla convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, del 20 novembre 1989.

Con la L. 18 giugno 2015, n. 101 tale seconda convenzione è stata ratificata e resa esecutiva in Italia ed è, poi, entrata in vigore il 1 gennaio 2016 (art. 2 che rinvia al disposto dall’art. 61, paragrafo 2, lett. a) della convenzione medesima), sicchè alla data del 18.1.2017, in cui l’ O. ha presentato il ricorso ex art. 330 c.c. al Tribunale per i minorenni di Brescia l’individuazione del giudice competente a giudicare in ordine alla declaratoria di decadenza dalla responsabilità genitoriale va effettuata al lume dei precetti posti dalla nuova disciplina, essendo il rinvio operato dalla L. n. 218 del 1995, art. 42, all’evidenza, di natura non già recettizia, bensì formale.

La convenzione del 1996 dispone:

– all’art. 5, che “1. Le autorità, sia giudiziarie che amministrative, dello Stato contraente di residenza abituale del minore sono competenti ad adottare misure tendenti alla protezione della sua persona o dei suoi beni. 2. Fatto salvo l’articolo 7, in caso di trasferimento della residenza abituale del minore in un altro Stato contraente, sono competenti le autorità dello Stato di nuova abituale residenza”;

-ed, all’art. 7, per quanto qui rileva, che “1. In caso di trasferimento o di mancato ritorno illecito del minore, le autorità dello Stato contraente in cui il minore aveva la sua residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato ritorno conservano la competenza fino al momento in cui il minore abbia acquisito una residenza abituale in un altro Stato e: a) qualsiasi persona, istituzione o altro ente avente il diritto di affidamento abbia acconsentito al trasferimento o al mancato ritorno;(…).. 2. Il trasferimento o il mancato ritorno del minore è considerato illecito se: a) avviene in violazione di un diritto di affidamento, assegnato a una persona, un’istituzione o qualsiasi altro ente, individualmente o congiuntamente, in base alla legislazione dello Stato in cui il minore aveva la sua residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento o mancato ritorno; (…) Il diritto di affidamento di cui alla lettera a) può segnatamente derivare direttamente dalla legge, da una decisione giudiziaria o amministrativa, o da un accordo in vigore in base alla legislazione di tale Stato. 3. Finchè le autorità citate nel paragrafo 1 conservano la loro competenza, le autorità dello Stato contraente in cui il minore è stato trasferito o trattenuto possono adottare soltanto le misure urgenti necessarie alla protezione della persona o dei beni del minore, conformemente all’art. 11”.

8. La regola fondamentale posta dalla convenzione del 1996 (in sintonia, fra l’altro, con quanto affermato nel Regolamento CE n. 2201 del 2003, art. 8, e nella Convenzione dell’Aja del 25.10.1980, art. 8) è, dunque, quella che individua la competenza giurisdizionale in riferimento al criterio della residenza abituale del minore al momento della proposizione della domanda, privilegiando, dunque, il rapporto di prossimità, id est il criterio di vicinanza, del minore stesso al giudice che deve decidere sulle modalità della sua vita, ed a tale criterio è improntata la giurisprudenza consolidata di questa Corte in materia di provvedimenti diretti ad intervenire sulla responsabilità genitoriale secondo le previsioni dell’art. 330 c.c. e segg. (Cass. SU n. 11915 del 2014 e giurisprudenza ivi richiamata; di recente SU n. 8042 e n. 24231 del 2018). Il criterio generale anzidetto viene derogato in costanza dei presupposti di cui all’art. 7, presenti i quali, il trasferimento della giurisdizione non è consentito al fine di riservarla al giudice del luogo in cui il minore aveva la residenza abituale prima del trasferimento o del mancato ritorno illeciti, e così sanzionare il genitore autore del comportamento illecito (nella specie, non viene in rilievo la competenza a decidere sull’istanza di rientro del minore di cui alla convenzione dell’Aja del 25.10.1980, che non costituisce oggetto del presente giudizio); ferma restando la competenza dello Stato in cui il minore è stato trasferito o trattenuto all’adozione delle misure di protezione urgenti, i cui effetti sono destinati a cessare all’adozione di nuove misure da parte dell’Autorità competente.

9. La Corte territoriale ha ritenuto insussistente la “residenza all’estero idonea a radicare la giurisdizione dell’autorità monegasca”, predicata dalla madre, sottolineando la natura provvisoria e sperimentale dell’autorizzazione concessale dal giudice del divorzio a portare con sè la figlia minore nel Principato, e ritenendo che il permanere all’estero della bambina, nonostante la revoca del provvedimento autorizzatorio, costituiva un illecito, che era, pure, stato sanzionato in sede penale (con sentenza ormai irrevocabile, come dedotto dal controricorrente nella memoria). A tali considerazioni, la ricorrente oppone, come si è detto, l’acquisizione della residenza abituale della minore nel Principato di Monaco alla data di proposizione della domanda.

10. E’, anzitutto, evidente che l’accertamento della residenza abituale della minore implica l’esame della relativa quaestio facti, con valutazione da svolgersi anche in chiave prognostica (Cass. n. 27741 del 2018; n. 27153 del 2017; n. 21285 del 2015), ed il relativo apprezzamento non esula -come, invece, eccepito dal controricorrente- dall’ambito degli accertamenti demandati a questa Corte, che, in sede di statuizione sulla giurisdizione, può procedere ad una diretta valutazione dei dati fattuali rilevanti, emergenti ex actis, al pari di quel che si verifica in sede di regolazione della competenza (cfr. Cass. SU n. 8042 del 2018, cit.). Pertanto, l’indagine circa l’acquisizione della nuova residenza abituale della bambina, che si assume omessa in sede di merito, e che, in effetti, non è stata svolta, per essersi la Corte territoriale, in proposito, arrestata alla considerazione della precarietà dell’autorizzazione all’espatrio, deve qui compiersi.

10.1. Al riguardo, deve, anzitutto, escludersi che il trasferimento della minore a Monaco possa considerarsi illecito: esso, infatti, è stato autorizzato, pur nella rescindibilità del titolo, con provvedimento emesso da parte del GI della causa del divorzio, e cioè dall’autorità competente a disporre in materia, anche, nell’opposizione del padre, e non vi è dubbio che, fino alla revoca di detto provvedimento, la permanenza della minore all’estero sia senz’altro legittima (come, del resto, finisce col riconoscere lo stesso resistente a pag. 13 del controricorso). Occorre, quindi, accertare se la residenza abituale della bambina si sia, in conseguenza, modificata e tale indagine va condotta in relazione al periodo di tempo intercorso tra l’attuazione del provvedimento (emesso il 23.9.2014) e la sua revoca (ordinanza del 9.6.2014), non potendo invece considerarsi, ai fini qui in esame e contrariamente a quanto postulato dalla ricorrente, la permanenza all’estero dopo detta revoca, che integra, in tesi, l’ipotesi dell’illecito mancato ritorno, sostanzialmente ravvisata dalla Corte territoriale e predicata dal controricorrente (cfr. Corte di Giustizia UE sentenza del 9 ottobre 2914 in C-376/14, punti 55 e 56, in relazione all’omologa disciplina dettata dal Regolamento CE n. 2201 del 2003).

10.2. Le emergenze processuali indicano che la modifica della residenza sia frattanto avvenuta. Non solo, infatti, la minore ha frequentato durante detto periodo la scuola a Monaco, imparando la lingua francese ed inserendosi nel relativo contesto sociale, come attestato dalle relazioni trasmesse dalla Direzione dell’Aiuto e dell’Azione Sociale riportate in seno all’Ordinanza del Giudice Tutelare di Monaco del 2.8.2016, che danno conto dei suoi ottimi risultati scolastici, ma, soprattutto, la stessa, ascoltata dal giudice monegasco, ha affermato di esser felice di vivere con la madre nel Principato e di desiderare rimanervi, aggiungendo di esser d’accordo (“la cosa andava bene”) di incontrare il padre nel luogo di accoglienza, come attestato nel menzionato provvedimento straniero. In altri termini, oltre ai parametri obiettivi costituiti dall’inserimento scolastico, dalla conoscenza della lingua e dalla presenza colà della madre, gli esiti dell’ascolto -che costituisce una tra le più rilevanti modalità di riconoscimento del diritto di ogni minore ad esprimere la propria opinione e le proprie opzioni nei procedimenti che lo riguardano- inducono a riconoscere avvenuta l’acquisizione della sua nuova residenza abituale a Monaco, anche in chiave prognostica, quale luogo di residenza della madre, con cui la minore, in età preadolescenziale, ha dichiarato di voler vivere. Resta da aggiungere che le propensioni manifestate dalla bambina -a torto misconosciute dal padre che ne ha affermato l’irrilevanza, ascrivendole, sbrigativamente, a sudditanza psicologica- sono qui rilevanti ai soli fini del criterio di radicamento della giurisdizione, fondato sulla residenza abituale della minore, e che a tale tema è estranea ogni valutazione di merito circa la condotta posta in essere dalla madre.

10.3. In conclusione, al momento della proposizione della domanda, il Giudice minorile italiano era carente di giurisdizione, ai sensi dell’art. 5, comma 2, della Convenzione dell’Aja del 1996, non versandosi nell’ipotesi di cui all’art. 7, per avere la minore acquisito la nuova residenza all’estero, a seguito dell’autorizzazione concessa dal giudice del divorzio.

11. Tanto comporta la cassazione senza rinvio del provvedimento impugnato, e l’assorbimento di ogni altra questione e degli ulteriori motivi.

12. La novità delle questioni affrontate giustifica la compensazione delle spese di lite. Trattandosi di procedimento esente dal contributo unificato, non trova applicazione il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

Accoglie i primi tre motivi, assorbiti gli altri, cassa senza rinvio e dichiara il difetto di giurisdizione del Giudice Italiano. Spese compensate. Dispone che, in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi.

Così deciso in Roma, il 6 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2018

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