Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32358 del 13/12/2018

Cassazione civile sez. un., 13/12/2018, (ud. 25/09/2018, dep. 13/12/2018), n.32358

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Primo Presidente f.f. –

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente di Sezione –

Dott. CIRILLO Ettore – rel. Presidente di Sezione –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11026/2017 proposto da:

JUVENTUS FOOTBALL CLUB S.P.A., in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SANTA CATERINA

DA SIENA 46, presso lo studio dell’avvocato PASQUALE LANDI,

rappresentata e difesa dall’avvocato LUIGI CHIAPPERO;

– ricorrente –

contro

CONI – COMITATO OLIMPICO NAZIONALE ITALIANO, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

GIUSEPPE PISANELLI 2, presso lo studio dell’avvocato ALBERTO

ANGELETTI, che lo rappresenta e difende;

FOOTBALL CLUB INTERNAZIONALE MILANO S.P.A. (“Inter”), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, PIAZZA DI SPAGNA 15, presso lo studio dell’avvocato C.

FERDINANDO EMANUELE, che la rappresenta e difende unitamente agli

avvocati ADRIANO RAFFAELLI e LUISA TORCHIA;

F.I.G.C. – FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

PANAMA 58, presso lo studio dell’avvocato LUIGI MEDUGNO, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati LETIZIA MAZZARELLI e

GIANCARLO GENTILE;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 7023/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 22/11/2016;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/09/2018 dal Presidente ETTORE CIRILLO;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott.

SALVATO Luigi, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

uditi gli avvocati Luigi Chiappero, Alberto Angeletti, Letizia

Mazzarelli, Giancarlo Gentile, Adriano Raffaelli e Roberto Argeri

per delega orale dell’avvocato Luisa Torchia.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. A seguito di procedimento disciplinare per illeciti sportivi nei confronti delle prime due squadre classificatesi al termine del campionato di calcio di serie A nella stagione 2005-2006, la Juventus Football Club S.p.A., prima classificata, fu retrocessa in serie B e l’Associazione Calcio Milan, seconda classificata, fu pesantemente penalizzata. Consequenzialmente, sentita una commissione di esperti, il commissario straordinario della F.I.G.C. (Federazione italiana giuoco calcio) deliberò di assegnare il titolo di campione d’Italia alla F.C. Internazionale Milano S.p.A., originariamente terza classificata e, quindi, divenuta prima (provv. 26/07/2006).

1.1 Anni dopo, in ragione di talune situazioni disciplinari emerse anche a carico dei vertici della soc. Internazionale e poi archiviate dalla procura federale per intervenuta prescrizione, la F.I.G.C. disattese la richiesta della soc. Juventus di revocare in autotutela e lasciare vacante il titolo assegnato alla soc. Internazionale (provv. 18/07/2011). Indi, la soc. Juventus si rivolse al T.N.A.S. (Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport), secondo l’ordinamento vigente pro tempore, chiedendo la revoca per vizi di legittimità sia del provvedimento commissariale, sia del successivo provvedimento federale e la determinazione, secondo equo apprezzamento, del proprio diritto soggettivo al risarcimento dei danni derivati dagli impugnati provvedimenti. Si costituirono in quella sede la soc. Internazionale e la F.I.G.C. ed eccepirono l’inammissibilità dell’istanza di arbitrato per incompetenza del T.N.A.S. sul presupposto che la res in iudicium deducta involgeva interessi indisponibili e non compromettibili.

1.2 n presidente del collegio, decidendo preliminarmente l’eccezione sollevata dalle parti intimate, dichiarò la manifesta incompetenza del T.N.A.S. in relazione alla domanda risarcitoria e rigettò invece le istanze di declaratoria d’incompetenza sulle restanti domande. Invece, il collegio arbitrale, riesaminando queste ultime, accolse le relative eccezioni di incompetenza, sulla considerazione che la vertenza sui capi residui, palesemente riguardante il mondo dello sport, concerneva una situazione giuridica soggettiva che, a prescindere dalla qualificazione come diritto soggettivo o interesse legittimo, era formalmente e sostanzialmente indisponibile da parte della F.I.G.C. (lodo 15/11/2011).

1.3 Pertanto, il lodo fu impugnato per nullità dalla soc. Juventus, che al contempo chiese, in via rescissoria, all’adita Corte d’appello di disapplicare i ridetti provvedimenti, il primo commissariale del 2006 e il secondo federale del 2011, revocare il titolo alla soc. Internazionale lasciandolo “non assegnato”, ovvero rimettere la questione agli organi sportivi competenti (Collegio di garanzia per lo sport; Tribunale nazionale di arbitrato per Io sport; Alta corte di giustizia sportiva). La Corte territoriale a sua volta, dichiarò “il difetto assoluto di giurisdizione a conoscere dell’impugnazione del lodo arbitrale” (sent. 22/11/2016, n. 7023).

1.4 La Corte territoriale, premesso che lo statuto del C.O.N.I. (art. 12 ter) prevedeva il ricorso per nullità (art. 828 c.p.c.) contro il lodo del T.N.A.S., laddove la vertenza fosse rilevante per l’ordinamento giuridico dello Stato, rilevò che, in forza della giurisprudenza costituzionale in materia (C. cost. n. 49/2011), fossero devolute al giudice ordinario unicamente le vertenze patrimoniali tra società, atleti e tesserati. Mentre al solo circuito dell’autonomo ordinamento sportivo restavano riservate le questioni circa la regolarità delle competizioni e l’applicazione di disposizioni statutarie e regolamentari sul corretto svolgimento delle attività agonistiche. Diversamente opinando, si sarebbe affermata una competenza illimitata della Corte d’appello in tema di lodi arbitrali, in contrasto con la predicata autonomia dell’ordinamento sportivo, sì da poter intervenire su materie, quali l’assegnazione del titolo di campione d’Italia, l’applicazione dei regolamenti calcistici e la revoca di provvedimenti riconducibili alla federazione, invece riservate per legge alla giustizia sportiva.

2. Per la cassazione di tale decisione la soc. Juventus ha proposto ricorso affidato a plurimi motivi, coi quali chiede alla Corte di dichiarare la giurisdizione ordinaria della Corte d’appello di Roma ovvero amministrativa del T.A.R. per il Lazio, nonchè, in mancanza, di sollevare q.l.c. del D.L. 19 agosto 2003, n. 220, art. 3, comma 1, (Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva) conv. mod. L. 17 ottobre 2003, n. 280, e dell’art. 12 ter, dello statuto del C.O.N.I. (v. ric. pag. 65).

2.1 La soc. Internazionale, il C.O.N.I. e la F.I.G.C. resistono con controricorsi. Le due compagini calcistiche e la F.I.G.C. si difendono anche con memorie. Il. P.G. rassegna requisitoria scritta per il rigetto del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è infondato e il suo rigetto comporta la trattazione unitaria dei vari motivi di ricorso, essendo gli stessi tra loro logicamente e giuridicamente correlati.

1.1 La ricorrente soc. Juventus lamenta che la Corte territoriale avrebbe violato la normativa di riferimento (D.L. n. 220 del 2003, art. 3; L. n. 280 del 2003, art. 1; St. Coni, art. 12 ter) nel dichiarare il difetto assoluto di giurisdizione statale in materia di competizioni sportive, erroneamente degradando a interessi di puro fatto posizioni giuridiche soggettive qualificabili come diritti soggettivi o interessi legittimi (motivo 1). Ciò sarebbe conseguenza diretta della scorretta applicazione delle regole ermeneutiche dell’art. 12 disp. att. c.c., comma 1, (motivo 2) e dei principi di diritto enunciati da C. cost. n. 49/2011 (motivo 3), laddove nella normativa di riferimento e nel decisum della Consulta non vi sarebbe alcun riferimento a un difetto assoluto di giurisdizione statale in fattispecie rilevanti per l’ordinamento sportivo, ma solo la delimitazione dell’ambito di tutela dinanzi al giudice amministrativo (azioni risarcitorie) e al giudice ordinario (rapporti patrimoniali tra società, associazioni, atleti, tesserati), mentre la riserva a favore della giustizia sportiva sarebbe circoscritta alle sole sanzioni sportive (motivo 4) e il difetto assoluto, a mente dell’art. 24 Cost., non potrebbe che essere eccezionale (motivo 5).

1.2 Più in dettaglio la soc. Juventus sostiene che, in relazione all’istanza di autotutela per la revoca della determinazione commissariale a favore della soc. Internazionale e al diniego da parte della F.I.G.C., avrebbe addotto un diritto disponibile procedimentale, funzionale all’adozione di un provvedimento amministrativo e di natura potestativa, sì da essere tutelabile in sede giurisdizionale (motivo 6). Sicchè l’oggetto del giudizio arbitrale e dell’impugnazione giurisdizionale non sarebbe la contestazione di una sanzione sportiva, ma la illegittimità del mancato esercizio del potere di autotutela amministrativa, pienamente giustiziabile (motivo 7).

1.3 In particolare, potendosi qualificare come interesse legittimo pretensivo la posizione sostanziale soggettiva connessa alla richiesta formale di un atto di autotutela amministrativa, vi sarebbe stata, da parte della Corte territoriale, violazione dell’art. 133, lett. z), e dell’art. 135, lett. g), cod. proc. amm. (motivo 8). Diversamente, sussisterebbe q.l.c. del D.L. n. 220 del 2003, art. 3, comma 1, e dell’art. 12 ter St. C.O.N.I., per diniego di giustizia (motivo 9), ovvero violazione dell’art. 24 Cost. (motivo 10).

1.5 Invece, preliminarmente le controricorrenti eccepiscono l’inammissibilità del ricorso. Esse assumono che la giustiziabilità della pretesa dinanzi agli organi della giurisdizione statale costituisce una questione di merito e non di giurisdizione. Sicchè, secondo il loro assunto, sarebbe inammissibile il ricorso per cassazione con il quale una compagine calcistica impugni la sentenza che ha dichiarato il difetto assoluto di giurisdizione, dovendosi ritenere la questione rimessa agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo.

2. Orbene, va premesso che il d.l. n. 220/2003, nel dettare Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva, all’art. 1 assicura l’autonomia dell’ordinamento sportivo e garantisce tutela giurisdizionale solo a quelle posizioni giuridiche soggettive che, pur legate con l’ordinamento sportivo, siano rilevanti per l’ordinamento statale. In tale prospettiva, dall’art. 2 sono devolute all’ordinamento sportivo (a) sia l’osservanza delle disposizioni regolamentari, organizzative e statutarie dell’ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni, (b) sia le condotte di rilievo disciplinare e l’irrogazione e applicazione delle relative sanzioni sportive. Trattasi del “vincolo sportivo”, in base al quale le società, le associazioni, gli affiliati e i tesserati hanno l’onere di adire, secondo statuti e regolamenti del C.O.N.I. e delle federazioni, gli organismi di giustizia dell’ordinamento settoriale. Infine, all’art. 3 si stabilisce che, una volta esauritisi i ricorsi interni alla giustizia sportiva – e fatta salva la giurisdizione ordinaria sui soli rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti – ogni altra vertenza su atti del C.O.N.I. e/o delle federazioni sportive è disciplinata dal codice del processo amministrativo.

2.1 Anche C. cost. n. 49/2011 riconosce la coesistenza di tre forme di tutela: a) giurisdizionale ordinaria, per i rapporti di carattere patrimoniale tra società, associazioni, atleti e tesserati; b) giustiziale interna in stretto ambito sportivo, per le questioni aventi ad oggetto le materie di cui all’art. 2 citato; c) giurisdizionale amministrativa, riguardo a tutto ciò che non concerne i rapporti patrimoniali tra soggetti sportivi e non rientra nella riserva di cognizione degli organi della giustizia sportiva. Però, laddove il provvedimento federale o del C.O.N.I. incida anche su posizioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento statuale, la domanda diretta non alla caducazione dell’atto, ma unicamente al consequenziale ristoro del danno, deve essere proposta innanzi al giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva.

2.2 Le sezioni unite, pronunciando in casi similari, laddove era stato dedotto ovvero contestato il difetto assoluto di giurisdizione, hanno ripetutamente affermato il principio che la giustiziabilità della pretesa dinanzi alla giustizia statale costituisce una questione non di giurisdizione ma di merito (Cass., Sez. U., 04/08/2010, n. 18052). Ciò è in linea con altri arresti secondo cui la configurabilità, o meno, di una situazione giuridicamente rilevante e tutelabile non rientra tra le questioni di giurisdizione, costituendo, invece, questione di merito, che deve essere rimessa alla valutazione monopolistica del giudice del merito (Cass., Sez. U., 15/06/1987 n. 5256 e 23/03/2004, n. 5775). Il principio è stato ribadito, partitamente, riguardo alle federazioni sportive (Cass., Sez. U., 29/09/1997, n. 9550 e 24/07/2013, n. 17929) e recentemente anche riguardo alla F.I.G.C. (Cass., Sez. U., 16/01/2015, n. 647).

3. Nel caso in esame non possono essere messe ragionevolmente in dubbio, nè la qualificazione della situazione in capo alla soc. Juventus, così come operata dalla Corte territoriale, nè la corretta applicazione, da parte della stessa Corte, delle norme di riferimento invocate dalla odierna ricorrente.

3.1 Anche in dottrina si è osservato che, secondo il principio dell’autonomia dell’ordinamento sportivo, è riservata esclusivamente a quest’ultimo la disciplina delle questioni riguardanti – non solo l’osservanza e l’applicazione delle regole tecniche (art. 2, comma 1, lett. a)), ma anche – i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive (lett. b). Ne deriva che compagini, affiliati e tesserati, quali soggetti propri dell’ordinamento sportivo, non possono che adire gli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo ogniqualvolta vengano in riguardo controversie tecniche, ovverosia vertenze riguardanti il corretto svolgimento della prestazione agonistica e/o la regolarità della competizione (Cass., Sez. U., 26/10/1989, n. 4399), e controversie disciplinari, ovverosia vertenze riguardanti l’irrogazione di provvedimenti di carattere punitivo nei confronti di atleti, tesserati e compagini sportive.

3.2 Invero, la normativa in esame riconosce e favorisce “l’autonomia dell’ordinamento sportivo nazionale”, quale “articolazione dell’ordinamento sportivo Internazionale” facente capo al C.I.O. (Comitato olimpico Internazionale), confermando quanto già risultante da altri contesti normativi (D.Lgs. 23 luglio 1999, n. 242, artt. 2 e 15; L. 15 marzo 1997, n. 59, art. 11). Cioè, in estrema sintesi, che questo ordinamento autonomo costituisce l’articolazione italiana di un più ampio ordinamento autonomo avente una dimensione Internazionale e che esso risponde ad una struttura organizzativa extra-statale riconosciuta dall’ordinamento della Repubblica (C. cost. cit.). Ma, anche prescindendo dalla dimensione Internazionale del fenomeno, l’autonomia dell’ordinamento sportivo trova ampia tutela negli artt. 2 e 18 Cost., non potendo revocarsi in dubbio che le associazioni sportive siano tra le più diffuse formazioni sociali dove si svolge la personalità e che debba essere riconosciuto a tutti il diritto di associarsi liberamente per finalità sportive (ult. cit.).

3.3 n d.l. n. 220/2003, nel testo derivante dalla legge di conversione, ha stilato un’elencazione, sicuramente tassativa, dei settori in cui si manifesta senza limiti l’autonomia dell’ordinamento sportivo, per la stimata indifferenza (o irrilevanza) dell’ordinamento generale per le questioni che possano scaturire dalle ridette materie. Come si è osservato, anche in dottrina, il testo del citato art. 2, non lascia dubbi sul fatto che le questioni tecnico-disciplinari siano stimate come ontologicamente inidonee a coinvolgere situazioni giuridiche soggettive, qualificabili come diritti soggettivi o interessi legittimi o, quanto meno, a ritenere che diritti soggettivi ed interessi legittimi eventualmente configurabili in relazione all'”osservanza e l’applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell’ordinamento sportivo nazionale” ed ai “comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive” siano di importanza così tenue da poter essere trascurati senza effetti pregiudizievoli per l’ordinamento della Repubblica.

3.4 n che, come ha stabilito C. cost. n. 49/2011, non significa escludere che le decisioni degli organi sportivi di natura tecnico-disciplinare possano dar luogo a ricadute di tipo economico (sì da toccare interessi patrimoniali), bensì riconoscere che simili situazioni siano mere conseguenze di posizioni giuridiche rilevanti solo per il mondo dello sport, ovverosia secondarie e trascurabili per quello generale a fronte della preminente importanza che la materia tecnico-disciplinare ha per il mondo sportivo. Trattasi di posizioni tutelabili, al massimo e in ipotesi di pregiudizi economicamente valutabili, attraverso il ricorso agli organi giurisdizionali statali solo per ottenere un equo ristoro e non certo la rimozione della situazione sostanziale oggetto di controversia.

3.5 Invero la limitazione alla sola tutela per equivalente di pregiudizi difficilmente misurabili e/o coessenziali a situazioni nelle quali l’autonomia e la stabilità dei rapporti costituisce dimensione prioritaria rispetto alla tutela reale in forma specifica, in disparte il decisum di C. cost. n.49/2011, è tecnica di tutela assai diffusa e ritenuta pienamente legittima in numerosi e delicati comparti (conf. Cass., Sez. U., 15/03/2016, n. 5072 e 27/12/2017, n. 30985, in motivazione sulle tutele obbligatorie in ambito lavoristico).

3.6 Nè si può ipotizzare un diniego di giustizia rilevante ai fini dell’art. 6 CEDU, quale disposizione interposta alla norma costituzionale dell’art. 24, atteso che il diritto di accesso al giudice non è ostacolato dal ricorso a forme arbitrali (Corte EDU, 01/03/2016, Tabbane vs Svizzera, p. 23-36), purchè il rimedio di giustizia sia effettivo e non illusorio (Corte EDU, 19/03/1997, Hornsby vs Grecia; 15/02/2006, Androsov vs Russia; 27/12/2005, Iza vs Georgia; 30/11/2005, Mykhaylenky vs Ucraina, p.51; 24/02/2005, Plotnikovy vs Russia, p.22; 22/02-06/06/2005, Sharenok vs Ucraina, p.25). Gli Stati, del resto, godono di un certo margine di apprezzamento riguardo alle limitazioni del diritto di accesso purchè non compromettano l’essenza stessa del diritto, perseguano uno scopo legittimo e siano ragionevolmente proporzionali a tale scopo (Corte EDU, 29/11/2016, Lupeni Greek Catholic Parish e altri vs Romania, p. 89; 26/10/1998, Osman vs Regno Unito, p. 147; 18/02/1999, Wait & Kennedy vs Germania, p. 59; 15/09/2009, Eiffage S.A. e altri vs Svizzera). Si tratta di requisiti pienamente rispettati dalla legge italiana, così come interpretata da C. cost. n. 49/2011.

3.7 Nè la conclusione del ragionamento sin qui condotto, nell’esame complessivo ed unitario dei motivi di ricorso, può mutare per il solo fatto che quello controverso è sostanzialmente il solo diniego di revoca in autotutela del titolo di campione d’Italia assegnato alla soc. Internazionale in asserita presenza di illeciti sportivi da parte di alcune sue figure esponenziali. In ultima analisi, quello invocato è pur sempre l’esercizio postumo di un potere di natura disciplinare da parte della F.I.G.C.. Il che, a prescindere dalle peculiarità sottese alla vicenda, porta questa nel perimetro legale riguardante la “osservanza e l’applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell’ordinamento sportivo nazionale” e i “comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive” (art. 2, comma 1, lett. b), che, rientranti nella riconosciuta autonomia dell’ordinamento calcistico, comportano l’irrilevanza per l’ordinamento generale delle situazioni “in ipotesi violate e dei rapporti che da esse possano sorgere” (C. cost., cit.). Ciò, nella specie, è coerente col rilievo più generale che il potere di autotutela soggiace alla più ampia valutazione discrezionale e non si esercita in base ad un’istanza di parte, avente al più portata meramente sollecitatoria e inidonea, come tale, ad imporre alcun obbligo giuridico di provvedere (Cons. Stato, Sez. 3, 11/06/2018, n. 3507; conf. Cons. Stato, Sez. 5, 19/04/2018, n. 2380).

4. In conclusione, tirando le fila sparse del discorso sin qui condotto, emerge con chiarezza come la natura delle situazioni soggettive portate dalla soc. Juventus all’attenzione della Corte territoriale, con l’impugnazione del lodo del T.N.A.S., abbia ad oggetto solo “l’attribuzione e la revoca (quale contrarius actus) del titolo di campione d’Italia”, in conseguenza dell’applicazione di regole tecniche e di disposizioni disciplinari irrilevanti per l’ordinamento statale, così come correttamente rileva l’ufficio del P.G. nelle conclusioni scritte depositate il 13/09/2018 (pag. 11).

4.1 Nè ciò confligge con principi che possano far dubitare della tenuta costituzionale della normativa vigente pro tempore, atteso lo scrutinio già effettuato da C. cost. n. 49/2011, senza che emerga la necessità di un nuovo scrutinio, neppure alla luce della normativa interposta e costituita della CEDU (vedi sopra).

4.2 Il ricorso avanzato dalla soc. Juventus va, dunque, rigettato; le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida per ognuno in Euro 9000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 25 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2018

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