Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32346 del 13/12/2018

Cassazione civile sez. II, 13/12/2018, (ud. 14/06/2018, dep. 13/12/2018), n.32346

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. TGEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15123-2014 proposto da:

M.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA POMPEO

TROGO 21, presso lo studio dell’avvocato STEFANIA CASANOVA,

rappresentato e difeso dall’avvocato RENATO ROLLA;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA UFENTE

12, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO BRESMES, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato STEFANO MARIA COMMODO;

P.F., rappresentata e difesa dall’avvocato CIVALLERO

DAVIDE;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2439/2013 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 18/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/06/2018 dal Consigliere ROSSANA GIANNACCARI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

TRONCONE Fulvio, che ha concluso per l’infondatezza o

l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

M.M. citava in giudizio innanzi al Tribunale di Torino il Condominio (OMISSIS), in persona dell’amministratore pro-tempore C.M., ed il precedente amministratore P.F. chiedendo l’annullamento delle delibere del 22.5.2008, deducendo che nel verbale di assemblea non erano indicati i nominativi e gli aventi titolo al voto ed che era stata omessa ogni indicazione del voto espresso da ciascun condomino. Chiedeva, inoltre, la predisposizione di un nuovo regolamento condominiale e di una nuova tabella millesimale, essendovi divergenza tra i valori reali e quelli indicati nelle tabelle.

Si costituivano e resistevano in giudizio il Condominio Corso Margherita, 68 e P.F..

Il Tribunale di Torino dichiarava inammissibile la domanda nei confronti di C.M. e quella volta a dichiarare la nullità del regolamento di condominio; rigettava la domanda di annullamento della delibera e riteneva infondate le pretese nei confronti del precedente amministratore P.F.. Condannava il M. al risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c..

Interposto appello dal M., la Corte d’Appello di Torino con sentenza del 18.12.2013 rigettava il gravame.

Secondo la corte territoriale, non costituiva vizio della delibera la contestata divergenza tra i valori reali dei piani e le tabelle vigenti, che, al più, ne avrebbe giustificato una revisione ex art. 69 disp. att. c.c., comma 2. Osservava che la delibera conteneva l’elenco dei nominativi dei condomini, intervenuti di persona o per delega e riportava l’esatta indicazione dei millesimi.

Non sussisteva la responsabilità della P. per il mancato passaggio di consegne al nuovo amministratore, che era avvenuto regolarmente il 24.4.2008 unitamente al rendiconto della gestione con i documenti giustificativi. La corte rilevava che il nuovo amministratore aveva messo a disposizione dei condomini i documenti contabili ricevuti dal predecessore ed il rendiconto era stato approvato nel corso dell’assemblea del 22.5.2008.

Confermava la statuizione relativa al risarcimento del danno ex art. 96 c.p.c., ravvisando nel comportamento processuale del M. un’ipotesi di colpa grave, per aver proposto e reiterato in appello domande palesemente inammissibili ed infondate.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso M.M. sulla base di quattro motivi articolati in ulteriori sub motivi, corredati dai quesiti di diritto; resistono con controricorso il Condominio (OMISSIS) e P.F..

Diritto

Deve essere preliminarmente rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per mescolanza e sovrapposizione di mezzi di impugnazione eterogenei, con particolare riferimento alle ipotesi contemplate sotto l’art. 360 c.p.c., vv. 3 e 5 poichè, attraverso l’interpretazione dell’atto si riesce a discernere il vizio di violazione di legge dal vizio motivazionale.

Sempre in via preliminare, va rilevato che la formulazione dei quesiti di diritto non è più richiesta per effetto dell’abrogazione dell’art. 366 bis c.p.c. dalla L. 16 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d) applicabile alle controversie nelle quali il provvedimento impugnato con ricorso per cassazione sia stato pubblicato successivamente alla data di entrata in vigore della predetta legge.

Nella specie, la sentenza impugnata è stata depositata in data 18.12.2013 e quindi successivamente al 4.7.2009, dì dell’entrata in vigore – L. 18 giugno 2009, n. 69, ex art. 58, comma 5, – dell’art. 47, comma 1, lett. d) medesima legge.

Nondimeno, la circostanza che il ricorrente abbia formulato il “quesito di diritto” a conclusione dei motivi di ricorso, pur non essendo ratione temporis a tanto tenuta, non vale a rendere inammissibile l’impugnazione, in quanto, esclusa qualsivoglia invalidità espressa, la nullità prevista dall’art. 156 c.p.c., comma 2, in relazione al difetto dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo, non è configurabile nel caso (in cui l’atto contenga altresì elementi sovrabbondanti, ma privi di riflesso negativo su quelli essenziali (Cass. 21.9.2012, n. 16122).

Con il primo motivo di ricorso si deduce la falsa applicazione di norme di diritto nonchè per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che non è stato neanche oggetto di discussione tra le parti in violazione del principio del contraddittorio e dell’art. 1136 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5. Quanto alla violazione dell’art. 1136 c.c. il ricorrente deduce che non sarebbe stato verificato il quorum costitutivo, attraverso l’indicazione nominativa dei partecipanti e della quota rappresentata. Il verbale non riporterebbe, inoltre, l’indicazione dei condomini votanti, ai fini della verifica del controllo della maggioranza deliberativa, essendo del tutto generica l’affermazione approvato bilancio all’unanimità”.

Il fatto decisivo del giudizio, sul quale non vi sarebbe stata discussione tra le parti sarebbe costituito, secondo il ricorrente, dalla divergenza tra i millesimi effettivi e le tabelle millesimali.

Entrambi i profili dedotti sono, in parte inammissibili, in parte infondati.

La deduzione del vizio motivazione per omesso esame di un fatto decisivo del giudizio, che non è stato oggetto di discussione tra le parti, si pone fuori dalla previsione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, che prevede l’ipotesi dell’omessa motivazione su un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti.

Nè è ravvisabile la violazione dell’art.1136 c.c., avendo la corte territoriale accertato – e la trascrizione della delibera ne costituisce conferma – che dal verbale di assemblea risultava l’elenco dei nominativi dei condomini, intervenuti personalmente o per delega e l’indicazione del valore delle quote rappresentate espresse in millesimi. Come correttamente rilevato dal giudice d’appello, la delibera venne assunta in seconda convocazione con una maggioranza di 777/1000 e con il voto della totalità dei convenuti.

Risulta, pertanto, rispettato sia il del quorum costitutivo che il quorum deliberativo, poichè l’assemblea si è costituita con l’intervento dei condomini rappresentanti due terzi del valore dell’edificio ed ha deliberato all’unanimità.

Trattandosi di decisione assunta all’unanimità, non era necessaria la verbalizzazione del numero dei votanti a favore o contro la delibera approvata poichè tutti avevano espresso il voto favorevole; l’indicazione di chi ha votato a favore o contro è necessaria per le delibere adottate a maggioranza perchè consente di verificare il raggiungimento del quorum deliberativo, che, altrimenti, non sarebbe possibile.

Il principio è stato affermato da questa Corte a Sezioni Unite; è stata ritenuta annullabile ex art. 1137 c.c. la delibera adottata a maggioranza, il cui verbale contenga omissioni relative alla individuazione dei singoli condomini assenzienti, dissenzienti, assenti o al valore delle rispettive quote. (Cassazione civile, sez. un., 07/03/2005, n. 4806),

L’ulteriore profilo, relativo alla discrepanza tra i millesimi effettivi e le tabelle millesimali, che avrebbe reso necessario la revisione del regolamento di condominio e delle relative tabelle millesimali non è fondato.

La corte territoriale ha correttamente ritenuto che tale contestazione non incide sulla validità della delibera ma legittima la parte a chiedere la revisione delle tabelle ex art. 69 disp. att. c.c., n. 2. La validità della delibera deve essere, quindi, valutata in relazione alle tabelle vigenti e non agli eventuali effettivi valori millesimali delle unità immobiliari, a seguito dei mutamenti medio tempre intervenuti nel condominio.

Con il secondo motivo di ricorso si denuncia l’omesso esame dell’istanza di CTU svolta in primo grado inerente l’accertamento della correttezza dei valori espressi nelle tabelle millesimali, da effettuarsi attraverso l’esame dei titoli di proprietà dei condomini, finalizzata alla revisione del regolamento di condominio risalente al 1925.

Il motivo è inammissibile.

Il ricorrente censura la pronuncia di primo grado e non la sentenza d’appello, laddove, in virtù dell’effetto sostitutivo della pronuncia della sentenza di appello e del principio secondo cui le nullità delle sentenze soggette ad appello si convertono in motivi di impugnazione, non può essere denunciato in cassazione un vizio della sentenza di primo grado ritenuto insussistente dal giudice d’appello.

Inoltre, dall’articolazione del motivo non è dato comprendere se il vizio dedotto in cassazione sia stato oggetto dei motivi d’appello.

Con il terzo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 1129, 1130, 1703, 1713 e 210 c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 3, oltre al vizio di motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, per non avere la corte territoriale ravvisato la responsabilità di P.F., precedente amministratore in regime di prorogatio, che non avrebbe reso il saldo della gestione e non avrebbe messo a disposizione dei condomini tutta la documentazione contabile ed amministrativa, prima di effettuare il passaggio delle consegne.

Il motivo è infondato.

La corte territoriale ha ritenuto non sussistente la responsabilità della P., avendo accertato che il passaggio di consegne al nuovo amministratore era avvenuto regolarmente il 24.4.2008, in data antecedente all’assemblea del 22.5.2008, ed era stato regolarmente sottoscritto sia darla P. che dal nuovo amministratore. La Corte ha accertato che la P. aveva reso il rendiconto ed allegato i documenti giustificativi e che esso era stato approvato nel corso dell’assemblea del 22.5.2008 con l’approvazione del bilancio. La corte territoriale ha, inoltre, rilevato che la mancata disponibilità del rendiconto era stato tardivamente dedotto per la prima volta in appello.

Del tutto nuova è anche la doglianza relativa alla carenza dei dati fiscali della P. e della questione concernente l’obbligo dell’amministratore di istituire un conto corrente intestato al condominio.

Con il quarto motivo di ricorso si allega la falsa applicazione dell’art. 96 c.p.c. in relazione all’art. 2967 c.c. in relazione all’art. 360, nn. 2, 4 e 5, per avere la corte territoriale ritenuto le domande palesemente infondate o inammissibili, in assenza di una corretta valutazione dell’onere della prova, e per avere conseguentemente condannato il ricorrente per responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96 c.p.c.

Il motivo non è fondato.

In primo luogo, il ricorrente censura in modo confuso provvedimenti istruttori del giudice di primo grado in materia di sospensione della delibera impugnata e di ammissione delle prove, laddove il ricorso per cassazione deve avere ad oggetto la sentenza d’appello.

Circa la domanda di responsabilità ex art. 96 c.p.c., formulata dal condominio, deve rilevarsi la corretta applicazione dell’orientamento di questa Corte, che ha ravvisato una forma di abuso del diritto all’impugnazione, integrante “colpa grave”, la proposizione di un impugnazione basata su motivi manifestamente infondati, irrilevanti o generico o, comunque non rapportati all’effettivo contenuto della sentenza impugnata, in tal modo aggravando i tempi di definizione ed ostacolando la ragionevole durata dei processi (Cass. Civ. Sez III 29.9.2016 n. 19285).

Il ricorso va, pertanto, rigettato.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese di lite in favore di ciascun contro ricorrente che liquida in Euro 2500,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge, iva e cap come per legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione seconda Civile della Corte di Cassazione, il 14 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2018

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