Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32346 del 11/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 11/12/2019, (ud. 23/10/2019, dep. 11/12/2019), n.32346

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28093/2019 R.G. proposto da:

O.S., rappresentata e difesa dall’Avv. Alessandro Praticò,

con domicilio in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria civile

della Corte di cassazione;

– ricorrente –

contro

PREFETTO DI TORINO;

– intimato –

avverso l’ordinanza del Giudice di pace di Torino depositata il 12

febbraio 2018.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23 ottobre

2019 dal Consigliere Dott. Mercolino Guido.

Fatto

RILEVATO

che O.S., cittadina della Nigeria, ha proposto ricorso per cassazione, per un solo motivo, avverso l’ordinanza del 12 febbraio 2018, con cui il Giudice di pace di Torino ha rigettato il ricorso da lei proposto contro il decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Torino il 6 aprile 2017;

che il Prefetto non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che con l’unico complesso motivo d’impugnazione la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 2, artt. 7,14 e art. 19, comma 1, e del D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, nonchè l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, censurando l’ordinanza impugnata per aver omesso di pronunciarsi in ordine alle ragioni addotte a giustificazione della omessa presentazione della richiesta di rilascio del permesso di soggiorno, nonchè di valutare la documentazione comprovante i rischi che essa ricorrente avrebbe corso in caso di rimpatrio e la situazione di vulnerabilità connessa alla sua condizione personale di vittima di tratta a fini sessuali;

che, ad avviso della ricorrente, nell’attribuire efficacia di atto pubblico al foglio notizie della Questura, prodotto in giudizio a riprova della sua volontà di non presentare richiesta di riconoscimento della protezione internazionale, il Giudice di pace ha omesso di rilevare che lo stesso risultava redatto soltanto in lingua italiana, in violazione del D.P.R. n. 394 del 1999, art. 3;

che, nel ritenere inconferente la documentazione prodotta, in quanto riguardante altra persona, l’ordinanza impugnata non ha considerato che la stessa era volta a fornire la prova degli ostacoli frapposti dalla Questura alla formalizzazione della domanda di riconoscimento della protezione internazionale, ai fini della valutazione degli stessi come causa di forza maggiore;

che il ricorso è fondato;

che a corredo delle proprie censure la ricorrente ha trascritto, nella narrativa dell’atto, le ragioni fatte valere con il ricorso in primo grado, da cui si evince che, a sostegno dell’opposizione, ella aveva contestato la riconducibi-lità della propria condotta alla fattispecie di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. b), affermando di aver fatto ingresso in Italia attraverso una frontiera non abilitata;

che il predetto motivo di opposizione non risulta preso in esame nell’ordinanza impugnata, la quale si è soffermata esclusivamente sulla sussistenza dei presupposti per l’emissione dell’ordine di accompagnamento alla frontiera e per l’operatività del divieto di espulsione di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1, nonchè sull’imputabilità alla ricorrente della mancata presentazione della domanda di protezione internazionale, essendosi limitata ad osservare, in riferimento alla prima questione, che la condotta della ricorrente era riconducibile all’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 298 del 1988, art. 13, comma 4-bis, lett. a) (mancato possesso del passaporto o di altro documento equipollente, in corso di validità), senza tuttavia pronunciarsi in ordine alla diversa questione prospettata dalla ricorrente;

che il giudizio di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 8, e art. 13-bis, ha ad oggetto la verifica della fondatezza della pretesa espulsiva dello Stato, da condursi in relazione alla specifica fattispecie contestata all’espellendo ed assunta a dichiarato presupposto dell’espulsione, configurandosi il relativo decreto come un provvedimento a contenuto vincolato, in quanto le ipotesi di violazione che possono giustificarne l’adozione sono rigorosamente descritte dalla vigente normativa (cfr. Cass., Sez. 25/10/2005, n. 20668; 5/01/2005, n. 210);

che, come affermato ripetutamente da questa Corte, la mancanza di un valido titolo di soggiorno può assumere rilievo esclusivamente ai fini della configurabilità della violazione di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. b), che ricorre nel caso in cui lo straniero si sia regolarmente sottoposto ai controlli di frontiera, ancorchè esibendo documenti falsificati, e il controllo non abbia evidenziato ostacoli all’ingresso nel territorio nazionale, laddove, nel caso d’ingresso clandestino, con sottrazione ai predetti controlli, deve ritenersi sussistente la diversa ipotesi di cui alla lett. a) della medesima disposizione (cfr. Cass., Sez. VI, 27/09/2017, n. 22625; Cass., Sez. I, 25/10/2005, n. 20668);

che l’ordinanza impugnata va pertanto cassata, restando assorbite le ulteriori doglianze proposte dalla ricorrente, con il conseguente rinvio della causa al Giudice di pace di Torino, che provvederà, in persona di un diverso magistrato, anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie parzialmente il ricorso; cassa l’ordinanza impugnata, in relazione alle censure accolte; rinvia al Giudice di pace di Torino, in persona di un diverso magistrato, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 23 ottobre 2019.

Depositato in cancelleria il 11 dicembre 2019

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