Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32344 del 11/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 11/12/2019, (ud. 23/10/2019, dep. 11/12/2019), n.32344

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 27240/2018 R.G. proposto da:

P.G., rappresentata e difesa dall’Avv. Alessandro Praticò,

con domicilio in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria civile

della Corte di cassazione;

– ricorrente –

contro

PREFETTO DI NOVARA;

– intimato –

avverso l’ordinanza del Giudice di pace di Novara depositata il 16

aprile 2018.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23 ottobre

2019 dal Consigliere Dott. Mercolino Guido.

Fatto

RILEVATO

che P.G., cittadina della Nigeria, ha proposto ricorso per cassazione, per un solo motivo, avverso l’ordinanza del 16 aprile 2018, con cui il Giudice di pace di Novara ha rigettato il ricorso da lei proposto contro il decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Novara il 18 ottobre 2017;

che il Prefetto non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che con l’unico complesso motivo d’impugnazione la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 2, artt. 7,14 e art. 19, comma 1, e del D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, nonchè l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, censurando l’ordinanza impugnata per aver ritenuto che il decreto di espulsione richiamasse la fattispecie di cui alla lett. a), anzichè quella di cui alla lett. b), dell’art. 13, comma 2, citato, e per aver ricollegato il suo timore di subire persecuzioni all’adesione alla religione cristiana, anzichè alla pericolosità della situazione in atto nella regione di provenienza (Delta State);

che, nel dare atto delle difficoltà insorte nell’identificazione di essa ricorrente e del suo allontanamento dal centro di accoglienza presso cui era stata collocata, l’ordinanza impugnata non ha tenuto conto di un messaggio di posta elettronica prodotto in giudizio, con cui aveva chiesto alla Questura di Novara un appuntamento per la formalizzazione della domanda di protezione internazionale, e della sua situazione di vulnerabilità, collegata all’eventualità che essa fosse oggetto di tratta a fini sessuali;

che, nell’escludere la sua capacità di provvedere al proprio sostentamento, l’ordinanza impugnata non ha tenuto conto della possibilità di svolgere attività lavorativa, in caso di proposizione della domanda di riconoscimento della protezione internazionale, nè del rigetto della domanda di convalida del trattenimento, disposto dal Giudice di pace con decreto del 18 gennaio 2018 e giustificato dall’illegittimità dell’espulsione, nè infine delle modalità di esecuzione dell’allontanamento;

che, nella parte riguardante l’individuazione delle ragioni dell’espulsione, il motivo è inammissibile, per difetto di specificità, essendo volto a censurare l’interpretazione del relativo decreto fornita dal Giudice di pace, ma essendo accompagnato da una trascrizione meramente parziale del provvedimento, che non consente di ricostruire il tenore complessivo della sua motivazione, e quindi di identificare con certezza la violazione contestata alla ricorrente, individuata in modo diverso nella citazione anch’essa testuale contenuta nell’ordinanza impugnata;

che, nella parte riguardante l’omessa valutazione dei fatti allegati a sostegno dell’operatività del divieto di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1, il motivo è invece fondato, avendo la ricorrente provveduto a trascrivere nella narrativa del ricorso le ragioni fatte valere con l’atto introduttivo del giudizio di primo grado, da cui risulta che il timore di subire persecuzioni, ritenuto infondato dall’ordinanza impugnata in quanto ricollegato alle idee politiche e religiose della ricorrente, era stato invece prospettato in riferimento alla situazione d’instabilità politica e grave insicurezza esistente nel suo Paese di origine ed alla sua situazione di vulnerabilità personale, derivante dal coinvolgimento nella tratta di donne a fini di sfruttamento sessuale;

che, in tema di espulsione dello straniero, la giurisprudenza di legittimità ha d’altronde affermato che il divieto previsto dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1 impone al giudice di pace, in sede di opposizione, di pronunciarsi sul concreto pericolo, prospettato dall’opponente, di essere sottoposto a persecuzione o a trattamenti inumani e/o degradanti in caso di rimpatrio nel paese di origine, in quanto la norma di protezione introduce una misura umanitaria a carattere negativo, che conferisce al beneficiario il diritto a non vedersi nuovamente immesso in un contesto di elevato rischio personale (cfr. Cass., Sez. I, 8/04/2019, n. 9762; 17/02/2011, n. 3898);

che, in quanto finalizzato alla valutazione dell’operatività del divieto di espulsione, introdotto in attuazione del principio di non refoulement sancito dalla disciplina internazionale e comunitaria (cfr. art. 33 della Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, resa esecutiva con L. 24 luglio 1954, n. 722; art. 19 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE), il predetto accertamento non è subordinato all’avvenuta formalizzazione della domanda di riconoscimento della protezione internazionale o comunque alla manifestazione della volontà di avvalersi di tale misura;

che, per converso, la verifica dei presupposti per l’emissione del decreto di espulsione non trova ostacolo nell’affermazione della manifesta illegittimità dello stesso contenuta nell’ordinanza con cui è stata negata la convalida del trattenimento della ricorrente, trattandosi di un accertamento meramente incidentale (cfr. Cass., Sez. I, 20/03/2019, n. 7829; Cass., Sez. VI, 7/03/ 2017, n. 5750; 30/11/2015, n. 24415), che, in quanto compiuto in un giudizio avente ad oggetto una domanda contraddistinta da un petitum e una causa petendi diversi da quelli della domanda in esame, risulta inidoneo a spiegare efficacia di giudicato in questa sede;

che l’ordinanza impugnata va pertanto cassata, con il conseguente rinvio della causa al Giudice di pace di Novara, in persona di un diverso magistrato, che provvederà, in diversa composizione, anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie parzialmente il ricorso; cassa l’ordinanza impugnata, in relazione alle censure accolte; rinvia al Giudice di pace di Novara, in persona di un diverso magistrato, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 23 ottobre 2019.

Depositato in cancelleria il 11 dicembre 2019

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