Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3234 del 09/02/2018


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Cassazione civile, sez. VI, 09/02/2018, (ud. 12/12/2017, dep.09/02/2018),  n. 3234

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

la Corte d’appello di Milano, respingendo il gravame del Ministero degli Affari Esteri, ha confermato l’ordinanza con cui il Tribunale aveva accolto l’opposizione del sig. A.j., cittadino eritreo, avverso il diniego di visto di ingresso per ricongiungimento familiare in favore di sua moglie, sig.ra D.A.Y., disposto dall’Ambasciata italiana di (OMISSIS) sull’assunto che il matrimonio era stato contratto al solo scopo di consentire alla signora l’ingresso in Italia, ai sensi del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 29, comma 9;

la Corte ha affermato che tale valutazione esula dai poteri dell’autorità diplomatica, limitati alla verifica di documenti o fatti oggettivamente riscontrabili nel paese in cui essa opera, ma ha anche aggiunto che comunque tale valutazione era errata: una cosa è, infatti, il matrimonio “combinato”, come avvenuto nella specie, in cui il contatto tra in due giovani era avvenuto tramite le rispettive famiglie ma essi perseguivano il fine tipico del matrimonio di formare una famiglia propria; altra cosa è il matrimonio contratto al solo scopo di eludere le norme sull’immigrazione;

il Ministero dell’Interno e il Ministero degli Affari Esteri hanno proposto ricorso per cassazione con due motivi, illustrati anche con memoria;

l’intimato non si è difeso;

Ritenuto che:

con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione dell’art. 112 c.p.c., si lamenta che la sentenza impugnata sia stata pronunciata, come risulta dall’epigrafe e dal dispositivo, nei confronti del Ministero dell’Interno, anzichè del Ministero degli Affari Esteri, che aveva proposto l’appello ed era parte legittimata in giudizio;

il motivo è infondato;

se è vero, infatti, che nell’epigrafe e nel dispositivo viene effettivamente menzionato il Ministero dell’Interno, è anche vero che la motivazione è riferita ai poteri dell’autorità diplomatica e consolare e al provvedimento emesso dall’Ambasciata Italiana di (OMISSIS); sicchè è chiaro che la decisione si riferisce a tale autorità e dunque al Ministero degli Affari Esteri, di cui essa fa parte, e che il riferimento al Ministero dell’Interno è frutto di un mero errore materiale;

con il secondo motivo, denunciando violazione di norme di diritto, l’amministrazione ricorrente censura la statuizione secondo cui all’autorità diplomatica è preclusa la valutazione che il matrimonio sia stato contratto al solo scopo di consentire l’ingresso o il soggiorno dell’interessato nel territorio italiano e ribadisce che il matrimonio dell’intimato era stato appunto contratto a tal fine;

neanche questo motivo può trovare accoglimento;

è vero, infatti, che all’autorità diplomatica è certamente consentita la valutazione di cui trattasi, in quanto attinente a uno dei presupposti del diritto al ricongiungimento familiare, che l’autorità amministrativa è chiamata a riconoscere, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 29, comma 9, cit. (ferma restando, ovviamente, la verifica di tale presupposto, come degli altri, da parte del giudice ordinario con gli ampi poteri cognitivi tipici del giudizio su diritti soggettivi); sicchè la Corte d’appello ha errato nell’affermare il contrario;

è tuttavia anche vero che la medesima Corte non si è sottratta, comunque, alla verifica nel merito dell’affermazione dell’autorità amministrativa riguardante la sussistenza di tale presupposto, accertando che l’Ambasciata, nel sostenere che il matrimonio del richiedente era stato contratto al solo scopo di consentire l’ingresso di sua moglie in Italia, aveva in realtà confuso tale fattispecie con quella dei matrimoni “combinati” grazie alla intermediazione delle famiglie degli sposi;

è vero, altresì, che tale affermazione della Corte d’appello è esatta, dato che carattere essenziale dei matrimoni menzionati al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 29,comma 9, è lo scopo esclusivo di consentire all’interessato di entrare o soggiornare nel territorio dello stato: deve trattarsi, perciò, di matrimoni cui sia estraneo il fine, proprio del matrimonio, di porre le basi di un nuovo nucleo familiare, mentre, in presenza di tale fine, la presenza dell’ulteriore finalità dell’ingresso nel territorio dello stato non determina le conseguenze di cui all’art. 29, comma 9, cit.;

se questo è vero, la sentenza impugnata conserva pieno fondamento nonostante l’errore giuridico rilevato più sopra (che va pertanto corretto ai sensi dell’art. 384 c.p.c.), dato che l’amministrazione ricorrente ha sottolineato la mancanza di pregressi rapporti tra gli sposi e l’intermediazione delle famiglie nella loro unione, ma non ha dimostrato, nè dedotto che gli sposi non perseguissero anche la finalità tipica del matrimonio;

il ricorso va in conclusione respinto;

in mancanza di attività difensiva di controparte non occorre provvedere sule spese del giudizio di legittimità;

poichè dagli atti il processo risulta esente dal contributo unificato, non trova applicazione il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 dicembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2018

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