Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32332 del 13/12/2018

Cassazione civile sez. lav., 13/12/2018, (ud. 24/10/2018, dep. 13/12/2018), n.32332

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18058-2013 proposto da:

RESAIS RISANAMENTO E SVILUPPO ATTIVITA’ INDUSTRIALI SICILIANE SPA,

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MESSINA 30, presso

lo studio dell’avvocato DOMENICA MARIA MANTI, rappresentato e difeso

dall’avvocato GIUDICE MARIO LUIGI;

– ricorrente –

contro

F.C., P.F., R.G. e

C.G., rappresentati e difesi dall’avv. MARIA TERESA PARRINO per

procura speciale e domiciliati come in atti;

– controricorrenti –

NONCHE’:

ASSESSORATO INDUSTRIA REGIONE SICILIANA, elett.nte domiciliato in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

E

INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE SEDE PROVINCIALE ENNA,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso lo

studio dell’avvocato LUIGI CALIULO, che lo rappresenta e difende

unitamente agli avvocati SERGIO PREDEN, ANTONINO SGROI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 120/2013 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, depositata il 04/04/2013; R.G.N. 74/2011.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. La Corte d’appello di Caltanissetta ha rigettato l’appello proposto da R.E.S.A.I.S. Risanamento e Sviluppo Attività Industriali Siciliane s.p.a. contro la sentenza del Tribunale di Enna, che, decidendo sulla domanda proposta dai nominati in epigrafe, ex dipendenti dell’Italkali s.p.a. e beneficiari dell’indennità di prepensionamento ai sensi della L.R. Sicilia n. 42 del 1975, art. 6 aveva rigettato la domanda nei confronti dell’INPS, dichiarato il difetto di legittimazione passiva dell’Assessorato Industria della Regione Sicilia e condannato la società RESAIS a versare all’INPS i contributi previdenziali sulla quota dell’indennità di prepensionamento incrementata a seguito della transazione stipulata con tra la medesima società e ciascuno dei lavoratori, in seguito all’accordo regionale ed a quello integrativo rispettivamente del 5 novembre 1997 e dell’8 marzo 2000.

2. Per la cassazione di tale sentenza la s.p.a. RESAIS propone ricorso articolato in dieci motivi, cui resistono con controricorso i lavoratori, i quali hanno depositato anche memoria ex art. 380-bis c.p.c.. Hanno depositato controricorso anche l’Assessorato Industria della Regione Siciliana e l’INPS.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. La società RESAIS denuncia, con il primo motivo, violazione degli artt. 1362 c.c. e segg. (art. 360 c.p.c., n. 3) e vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5) per non avere la Corte di appello considerato la conciliazione stipulata tra le parti come negozio transattivo novativo. Le somme ivi contemplate non erano riconosciute a titolo retributivo, ma a titolo transattivo, in forza di nuove ed autonome statuizioni intervenute tra le parti, comprendenti qualsiasi profilo, anche relativo agli oneri contributivi.

2. Con il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 c.c. e segg., della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 268 e della L. n. 214 del 1982, art. 1, comma 1, (art. 360 c.p.c., n. 3), nonchè vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5) per non avere la Corte territoriale considerato la libera disponibilità dei diritti oggetto dell’accordo conciliativo e la valenza abdicativa dell’accordo transattivo, contenente la rinuncia del lavoratore a qualsivoglia pretesa vantante o potuta vantare nei confronti di RESAIS s.p.a., con valenza onnicomprensiva di ogni diritto, anche di natura contributiva.

3. Con il terzo motivo, proposto per violazione e falsa applicazione degli artt. 2113 e 2115 c.c., nonchè della L.R. n. 42 del 1975, artt. 6 e 9, della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 268, e della L. n. 214 del 1982, art. 1, comma 1, (art. 360 c.p.c., n. 3) e vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5), contesta la sentenza per avere affermato che, ove l’accordo transattivo avesse avuto ad oggetto anche i diritti contributivi, lo stesso sarebbe stato nullo per contrarietà a norma imperativa, omettendo di considerare che l’accordo intervenuto tra le parti andava a dirimere ogni aspetto controverso, ivi compreso quello della natura non obbligatoria delle contribuzioni previdenziali degli ex lavoratori della Italkali.

4. Con il quarto motivo censura la sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 2113 c.c., u.c., (art. 360 c.p.c., n. 3) per non avere debitamente considerato che l’accordo conciliativo tra le parti, in quanto intercorso dinanzi alle commissioni istituite presso l’ufficio provinciale del lavoro, è sottratto alla disciplina in tema di invalidità e relativa impugnabilità contemplata dagli altri commi cit. art. 2113 c.c..

5. Con il quinto motivo censura la sentenza per violazione dell’art. 100 c.p.c. e dell’art. 115c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3) per avere ritenuto sussistente l’interesse ad agire dei resistenti e per non avere fatto corretta applicazione dei principi in materia di onere probatorio, gravando sui resistenti l’onere di provare la condizione di cui alla L. n. 105 del 1991, art. 1ovvero che l’indennità ISTAT percepita in virtù dell’accordo conciliativo avrebbe comportato una elevazione della base di calcolo rispetto alla contribuzione per classi versata sulla base della retribuzione settimanale media dell’ultimo triennio.

6. Con il sesto motivo denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 268, in relazione alla L.R. Sicilia n. 42 del 1975, art. 6, L. n. 105 del 1991, art. 1 e L. n. 214 del 1982, art. 1, comma 1 (art. 360 c.p.c., n. 3) per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto che i lavoratori rientrassero nella disciplina dettata da tale normativa, nonostante fossero stati ammessi al prepensionamento nel 1995.

7. Con il settimo motivo lamenta violazione e falsa applicazione della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 268, nonchè omesso esame circa un fatto controverso e decisivo (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) per non avere la Corte di merito ritenuto spirato il termine di cui alla circolare INPS n. 27/2006.

8. Con l’ottavo motivo denuncia violazione e falsa applicazione della L.R. Sicilia n. 42 del 1975, art. 6, L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 268 e L. n. 105 del 1991, art. 1 nonchè della L. n. 214 del 1982, art. 1 nonchè omesso esame circa un fatto controverso e decisivo (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) per avere la Corte ritenuto che, a prescindere dalla classe, permaneva l’obbligo del datore di lavoro di corrispondere i contributi. Deduce che tali considerazioni potevano valere solo per la contribuzione obbligatoria, mentre nella fattispecie si trattava di contribuzione volontaria rimessa alla scelta dei lavoratori.

9. Con il nono motivo lamenta violazione degli artt. 1218,1453,1455,1458,21131965,1362 e 1363 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3) e vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5) per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto, in relazione alla domanda riconvenzionale spiegata da RESAIS, l’insussistenza di un inadempimento all’obbligo contrattualmente assunto dai resistenti a non agire in giudizio.

10. Con il decimo motivo denuncia violazione dell’art. 91 c.p.c. per chiedere, in ipotesi di accoglimento del ricorso, un nuovo regolamento delle spese dei due gradi del giudizio di merito.

11. Il presente ricorso si inserisce nel contesto del contenzioso avviato da numerosi lavoratori della miniera di (OMISSIS) interessati dalle norme regionali siciliane (L.R. n. 42 del 1975, L.R. n. 23 del 1991, L.R. n. 8 del 1995, L.R. n. 5 del 1999) approntate per la tutela dei lavoratori nel settore minerario, dopo la soppressione dell’Ente minerario siciliano e di numerose società ad esso collegate, secondo le quali per i dipendenti in esubero, in possesso di determinati requisiti di età o contributivi, era stato disposto il licenziamento con diritto alla corresponsione, fino al raggiungimento dell’età pensionabile, di un’indennità mensile per quattordici mensilità, pari all’80 per cento dell’ultima retribuzione percepita. In sede di applicazione di alcuni istituti previsti dalle disposizioni regionali si era aperto un contenzioso che aveva interessato anche quello dell’incremento ISTAT dell’indennità di prepensionamento. Le parti sociali, per porre rimedio alle numerose vertenze sindacali promosse dagli ex lavoratori stipularono un accordo regionale, seguito da un accordo integrativo. In fase di attuazione di tali accordi, si era proceduto alla stipula di transazioni individuali dinanzi all’ULPMO, con cui era stato riconosciuto dalla RESAIS s.p.a. a ciascun lavoratore della miniera di (OMISSIS), in applicazione della L.R. n. 23 del 1991, art. 6 l’incremento dell’indennità di prepensionamento con l’adeguamento dell’indice ISTAT registrato in un triennio, con effetto retroattivo e sino al collocamento in pensione.

11.1. La questione posta all’esame dei giudici di merito è la mancata regolarizzazione degli oneri contributivi sulla quota dell’indennità di prepensionamento incrementata a seguito del riconoscimento in sede transattiva dei benefici economici previsti dalla L.R. n. 23 del 1991, art. 6.

11.2. Questa Corte si è già pronunciata, a più riprese, su altri ricorsi proposti da RESAIS s.p.a. contenenti censure analoghe a quelle ora all’esame, seppure articolate secondo un diverso ordine espositivo e sulla base di un diverso numero di motivi. Vanno richiamate in proposito le seguenti pronunce: nn. 20012, 20013, 20014, 20015, 20016; nn. 22613, 22614; nn. 23412, 23413, 23414, 23415 e n. 24350, tutte emesse nel 2017, il cui orientamento è confermato ulteriormente in questa sede per le ragioni che seguono.

12. Assume carattere preliminare la questione relativa all’inclusione o meno nell’accordo transattivo degli oneri contributivi, non solo dal punto di vista logico e giuridico, ma anche perchè la sentenza impugnata si fonda innanzitutto sulla interpretazione di tale accordo.

13. Al riguardo, deve affermarsi l’infondatezza dei primi tre motivi e l’assorbimento dell’ottavo.

13.1. La Corte d’appello ha chiarito che la transazione intervenuta tra le parti in causa riguardava esclusivamente i criteri seguiti per la quantificazione dell’indennità Istat e nulla aveva stabilito sui connessi oneri previdenziali. Ha poi spiegato, con motivazione adeguata ed esente da vizi di ordine logico-giuridico, che la dichiarazione di rinuncia ad ogni pretesa creditoria avente titolo anche indiretto nel pregresso rapporto di lavoro, così come contenuta nell’accordo transattivo, non comprovava l’effettiva sussistenza di una volontà dispositiva dell’interessato in ordine al suo diritto alla regolarizzazione previdenziale, non essendo stato tale diritto specificamente individuato come oggetto della transazione effettuata e che una inequivocabile volontà abdicativa non poteva desumersi da una enunciazione assimilabile ad una clausola di stile.

13.2. Tale ultima affermazione è altresì conforme a diritto, in quanto – secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 11536 del 2006 e n. 18321 del 2016) – una dichiarazione di rinuncia riferita in termini generici ad una serie di titoli di pretese in astratto ipotizzabili in relazione alla prestazione di lavoro subordinato e alla conclusione del relativo rapporto può assumere il valore di rinuncia o di transazione alla condizione che risulti accertato, sulla base dell’interpretazione del documento o per il concorso di altre specifiche circostanze desumibili aliunde, che essa sia stata rilasciata con la consapevolezza di diritti determinati od obiettivamente determinabili e con il cosciente intento di abdicarvi o di transigere sui medesimi, posto che enunciazioni di tal genere sono assimilabili alle clausole di stile e non sono sufficienti di per sè a comprovare l’effettiva sussistenza di una volontà dispositiva dell’interessato.

13.3. Neppure sono condivisibili le censure attraverso le quali la ricorrente tenta di accreditare il carattere novativo dell’accordo in esame al fine di tenerlo distinto dal pregresso rapporto di lavoro ed avvalorare in tal modo l’efficacia abdicativa del predetto atto di rinunzia, in quanto un accordo transattivo può avere efficacia novativa quando risulti una situazione di oggettiva incompatibilità tra il rapporto preesistente e quello originato dall’accordo transattivo di guisa che dall’atto sorgano reciproche obbligazioni oggettivamente diverse da quelle preesistenti (Cass. 15444 del 2011), con la conseguenza che, al di fuori dell’ipotesi in cui sussista un’espressa manifestazione di volontà delle parti in tal senso, il giudice di merito deve accertare se le parti, nel comporre l’originario rapporto litigioso, abbiano inteso o meno addivenire alla conclusione di un nuovo rapporto, costitutivo di autonome obbligazioni (Cass. n. 23064 del 2016). Quest’ultima eventualità è stata esclusa dalla Corte territoriale la quale ha posto in rilievo la circostanza che si trattava di accordi aventi tutti una stessa radice riconducibile all’accordo sindacale dell’8.3.2000, integrativo di quello concluso il 5.11.1997, entrambi richiamati nell’atto transattivo, per cui doveva logicamente dedursi che nell’accordo transattivo non avrebbero potuto essere ricompresi aspetti attinenti a vicende successive, di cui le parti contraenti erano in quel momento del tutto inconsapevoli.

13.4. Nel loro complesso, le censure articolate con i primi tre motivi investono il risultato interpretativo dell’atto di conciliazione intervenuto tra le parti, in tal modo ponendo in essere un’operazione non consentita in questa sede, poichè il sindacato di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sè, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ma afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica e della coerenza e logicità della motivazione addotta, con conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati (ex plurimis, tra le più recenti, Cass. n. 2465 del 2015, n. 10891 del 2016).

13.5. L’esclusione dall’oggetto della transazione della disposizione relativa al versamento dei contributi sull’adeguamento della indennità di prepensionamento rende del tutto irrilevante l’approfondimento sulla natura della contribuzione medesima, questione oggetto dell’ottavo motivo di ricorso. Come affermato dal giudice di primo grado con statuizione confermata in appello, “la contribuzione volontaria posta, a carico della RESAIS s.p.a. in base alla L.R. Sicilia n. 4 del 2003, art. 119 necessaria per raggiungere l’età pensionabile, dovuta dai dipendenti dell’Italkali s.p.a che fossero stati licenziati, avrebbe dovuto essere computata su tutte le somme corrisposte ai lavoratori a titolo di indennità di prepensionamento L. n. 42 del 1975, ex art. 6”.

14. Con riguardo alle questioni oggetto del quarto, del sesto e del settimo motivo, deve rilevarsi che di tali eccezioni e questioni non v’è cenno nella sentenza impugnata e, in difetto di specifica indicazione concernente l’atto e la fase processuale in cui esse sarebbero state devolute alla cognizione dei giudici di merito, esse vanno ritenute nuove e dunque inammissibili in sede di legittimità.

14.1. Secondo costante giurisprudenza della Corte, qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtù dell’art. 366 c.p.c., anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, giacchè i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito nè rilevabili di ufficio (v. tra le più recenti, Cass. 20694 del 2018 e n. 14430 del 2018).

15. E’ infondato il quinto motivo, con il quale si deduce che i controricorrenti non avrebbero dimostrato l’interesse ad agire e l’effettività dell’incremento della base di calcolo dei contributi derivante dal percepimento dell’Istat e quindi del trattamento pensionistico.

15.1. Al riguardo, la Corte d’appello ha richiamato quanto affermato dall’Inps secondo cui i lavoratori erano stati autorizzato al versamento dei contributi volontari e a loro nome erano stati accreditati i relativi importi, ai sensi della L. n. 105 del 1991, con il sistema del calcolo c.d. a percentuale in quanto più favorevole, come prescritto dalla circolare Inps n 27/2006. Secondo la Corte di appello, il versamento dei contributi sulla maggiore somma percepita a titolo di indennità di prepensionamento era produttivo di effetti concreti sul trattamento pensionistico degli appellati, ai quali pertanto non poteva essere negato l’interesse ad agire. Le considerazioni della Corte appaiono del tutto congrue ad escludere la fondatezza del quinto motivo.

16. Anche il nono motivo è infondato per le stesse ragioni sopra esposte quanto ai limiti del giudizio di legittimità in ordine all’interpretazione del contenuto dell’accordo conciliativo. La Corte di appello ha espressamente escluso che, sottoscrivendo tale accordo, i lavoratori si fossero formalmente impegnati a non agire in giudizio per la tutela del loro diritto alla regolarizzazione contributiva ed ha concluso che, di conseguenza, non era ravvisabile alcun inadempimento, da parte dei lavoratori, ad un obbligo contrattualmente assunto nei confronti della RESAIS in sede conciliativa.

16.1. In ordine a tale passaggio motivazionale, il ricorso si limita ad opporre una inammissibile diversa lettura del contenuto dell’accordo, non specificando in quale modo la Corte territoriale avrebbe violato le regole di ermeneutica contrattuale. Al riguardo, va ricordato che, ove si censuri l’esegesi del contratto per violazione delle norme di cui agli artt. 1362 c.c. e ss., il ricorso non può limitarsi a prospettare un’interpretazione difforme rispetto a quella contenuta nella sentenza gravata, dovendo invece individuare le norme asseritamene violate e i principi in esse contenuti e precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, non essendo consentito il riesame del merito in sede di legittimità (Cass. n. 6641 del 2012, Cass. n. 14318 del 2013, Cass. n. 21888 del 2016).

17. L’esame del decimo motivo resta assorbito, in quanto esso postula l’accoglimento dei precedenti.

18. Il ricorso va dunque rigettato. Le spese del giudizio di legittimità sono regolate secondo soccombenza e sono liquidate, in favore di R.G., F.C., P.F. e C.G., nella complessiva misura indicata in dispositivo per esborsi e compensi professionali, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento del compenso totale per la prestazione, ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, art. 2 con distrazione in favore del procuratore antistatario, avv. Maria Teresa Parrino, oltre accessori.

19. Le spese nei confronti dell’INPS e dell’Assessorato Industria della Regione Siciliana vanno compensate tra le parti, in quanto la notifica del ricorso nei confronti di tali parti non ha valore di vocatio in ius, ma di mera litis denuntiatio.

19.1. Nell’ipotesi di cause scindibili ex art. 332 c.p.c., la notifica dell’appello proposto dal convenuto soccombente agli altri convenuti vittoriosi (nel caso di specie, sin dal primo grado di giudizio) non ha valore di vocatio in ius, ma di mera litis denuntiatio, sicchè questi ultimi non diventano, per ciò solo, parti del giudizio di gravame, nè sussistono i presupposti per la condanna dell’impugnante al pagamento delle spese di lite in loro favore, ove gli stessi non abbiano impugnato incidentalmente la sentenza, atteso che, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., detta pronuncia presuppone la qualità di parte nonchè la soccombenza (Cass. n. 5508 del 2016, n. 2208 del 2012).

20. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (legge di stabilità 2013). L’obbligo di versamento, per il ricorrente in cassazione, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, costituisce una obbligazione di importo predeterminato che sorge ex lege per effetto del rigetto dell’impugnazione, della dichiarazione di improcedibilità o di inammissibilità della stessa. Tale previsione si applica ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, dovendosi avere riguardo, secondo i principi generali in tema di litispendenza, al momento in cui la notifica del ricorso si è perfezionata, con la ricezione dell’atto da parte del destinatario (Cass. S.U. n. 3774 del 2014). Nel caso in esame, la notifica del ricorso si è perfezionata successivamente a tale data, per cui sussistono i presupposti per l’applicazione del raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi professionali e in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge, da distrarsi in favore del procuratore antistatario. Compensa le spese nei confronti dell’Assessorato Industria Regione Siciliana e dell’INPS. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 24 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2018

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