Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3233 del 07/02/2017


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Cassazione civile, sez. II, 07/02/2017, (ud. 06/12/2016, dep.07/02/2017),  n. 3233

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19206-2012 proposto da:

G.P.S., G.C.A., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA ACHERUSIO 26, presso lo studio

dell’avvocato ANGELO FRANCESCO NICOTRA, rappresentati e difesi

dall’avvocato GAETANO TROVATO;

– ricorrenti –

contro

S.F., G.G. PARTE COSTITUITASI CON C/RIC DEL

16/11/12, elettivamente domiciliati in ACIREALE, V.PENNISI 106,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO BARBAGALLO, che li

rappresenta e difende;

GI.SI., elettivamente domiciliato in ROMA P.ZZA CAVOUR

presso la CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

ANTONINO FEMINO’;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 893/2011 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 17/06/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/12/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO;

udito l’Avvocato PERRONE Roberto con delega depositata in udienza

dell’Avvocato Antonino FEMINO’ difensore del resistente che ha

chiesto l’accoglimento degli scritti depositati;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per l’accoglimento dei primi due

motivi assorbito il terzo motivo ed il resto.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

G.S. conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Catania – Sezione Distaccata di Mascalucia Gi.Fr. per il riconoscimento, nel merito, della tutela (già accordatagli in via cautelare con provvedimento ex art. 669 octies) del possesso di veduta sul fondo in (OMISSIS) del convenuto. Quest’ultimo aveva ivi intrapreso la realizzazione di opere edili poste a distanza inferiore a quella legale. Veniva, quindi, domandata la conseguente condanna dello stesso convenuto all’arretramento delle fabbriche ed al risarcimento danni.

Costituitosi in giudizio il convenuto deduceva, preliminarmente, l’inefficacia del suddetto provvedimento cautelare (poi come tale dichiarato) e resisteva – nel merito – all’avversa domanda chiedendone il rigetto.

Di seguito, dopo notifica di apposito atto nei loro confronti nonchè di Gi.Si., si costituivano, altresì, S.F. e G.G., quali danti causa del primo convenuto quanto al venduto terreno ove veniva realizzata la costruzione ed in relazione al quale vi era stata la riserva, con la vendita, di aree per la realizzazione di due appartamenti.

Tali ultimi due chiamati in causa eccepivano l’inesistenza del diritto di veduta dell’attore.

L’adito Tribunale di prima istanza, con sentenza del 13 settembre 2004, condannava i convenuti alla rimozione del manufatto secondo le prescrizioni ivi date, rigettando – nel resto – le domande attoree e quella del Gi. nei confronti dei terzi chiamati in causa, regolando – come da atti – le spese di lite.

Avverso la suddetta decisione del Tribunale di prima istanza, di cui chiedevano la riforma, interponevano appello principale il Gi.Si. ed incidentale le altre parti appellate, tra cui il G., successivamente deceduto e sostituito dagli eredi G.C.A. e P.S..

La Corte di Appello di Catania, con sentenza n. 893/2011, in parziale riforma della gravata decisione, rigettava tutte le domande proposte a suo tempo dal G.S. e compensava per intero le spese del giudizio.

Per la cassazione della suddetta decisione della Corte territoriale ricorrono i G.C.A. e P.S. con atto fondato su tre ordini di motivi e resistito da controricorso del Ga.Si..

Non hanno svolto attività difensiva le intimate parti S.F. e G.G..

Nel’approssimarsi dell’udienza il Gi.Si. ha depositato, ai sensi dell’art. 378 c.p.c., memoria.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1.- Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio di violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, delle norme in materia di tutela possessoria, in ispecie, dell’art. 705 c.p.c..

Col motivo si lamenta, in sostanza, la violazione – da parte della gravata decisione – dell’interpretazione costituzionalmente orientata di cui alla nota sentenza n. 25/1992 della Corte Costituzionale, nonchè – più in generale – del “sistema di protezione delle situazioni possessorie – delineato dalla altra nota pronuncia a suo tempo data da questa Corte n. 9285/2006.

La Corte catanese avrebbe errato laddove ha affermato che nella concreta fattispecie in giudizio vi sarebbe stata (come ritenuto dalla Corte regolatrice con la citata sentenza) la possibilità per il convenuto in giudizio possessorio di opporre direttamente in tal giudizio (senza necessità di aspettare il successivo giudizio petitorio) le proprie ragioni petitorie purchè finalizzate al solo rigetto della domanda possessorio.

E tanto, secondo la stessa Corte territoriale, per il pregiudizio irreparabile che sarebbe nella concreta fattispecie potuto derivare “con la distruzione di un’opera senza che il convenuto in possessorio avesse potuto far valere il proprio diritto a costruirla”.

Il motivo non è fondato.

In base al tenore della suddetta decisione della Corte regolatrice deve affermarsi l’inesistenza di una preclusione assoluta alla possibilità, per il convenuto, di sollevare una questione petitoria nel giudizio possessorio al fine di evitare conseguente irreparabili eventualmente derivanti ad esso da tale giudizio.

La Corte territoriale, per di più, non si è limitata, con l’impugnata sentenza, a far riferimento al principio affermato dalla Corte regolatrice con la decisione innanzi citata, ma ha correttamente evidenziato che, in tema di possesso, è consentito al convenuto di eccepire e dimostrare l’inesistenza dell’altrui diritto al fine di far escludere l’altrui possesso.

Al riguardo deve rammentarsi il condiviso principio, più di recente ribadito con sentenza di questa Corte, con quale si è affermato che colui che è convenuto con azione possessoria per violazione dei limiti imposti dalle norme sulle distanze può dimostrare l’insussistenza dell’altrui diritto al fine di negare lo stato di possesso vantato dal’attore, senza con ciò determinare confusione fra giudizio possessorio e giudizio petitorio, perchè tale accertamento rileva per stabilire se esista un possesso tutelabile” (Cass. civ., Sez. Seconda, Sent. 2 aprile 2005, n. 6792).

Il motivo – in quando infondato – deve, dunque, essere respinto.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia ex art. 360 c.p.c., n. 5.

Viene censurata la carenza motivazionale della gravata decisione in ordine all’esame della eccezione petitoria formulata dall’attore per contrastare la questione petitoria sollevata dal convenuto.

In altre parole la Corte di Appello, nel momento in cui accoglieva l’eccezione petitoria del convenuto finalizzata a paralizzare l’invocata tutela possessoria, doveva necessariamente esaminare anche le ragioni della eccezione petitoria a sua volta prospettate dall’attore.

Deve evidenziarsi, in proposito, che oggetto del decidere era costituito anche dalla questione dell’acquisto per usucapione del diritto di veduta pretesamente leso e del quale si chiedeva la tutela possessoria.

La Corte distrettuale, nel merito di tale questione, non ha in nulla motivato, ritenendo erroneamente che l’esame della stessa fosse comunque preclusa.

Tanto ha ritenuta la gravata decisione sul presupposto che “…il G., a fronte della dedotta inesistenza del diritto di servitù di veduta…..si è limitato a controeccepire l’intervenuta usucapione del diritto, ma ciò non ha fatto in modo ammissibile (ovvero “alla prima udienza di trattazione”)…… bensì inammissibilmente per la prima volta con le note ex art. 183 c.p.c., comma 5 depositate il 2 marzo 2002″.

Orbene agli atti risulta allegata la circostanza che proprio con le dette note – nel testo applicabile ratione temporis – era possibile precisare o modificare domande ed eccezioni” (e nulla in proposito dice al riguardo la motivazione dell’impugnata sentenza).

Per di più la questione del detto acquisto per usucapione non poteva in ispecie ritenersi preclusa e non esaminabile in quanto la matura di diritto autodeterminato ben poteva consentire l’allegazione della questione stessa.

Tanto alla stregua del principio sulla carattere autoderminato dei diritti reali di cui alla nota e condivisa decisione di questa Corte a S.U. n. 23851/2010.

In effetti la gravata decisione non motiva correttamente nè sulla ammissibilità della detta contro eccezione, nè provvede al dovuto esame nel merito della stessa.

Il motivo, in quanto in punto fondato, deve -pertanto- essere accolto.

3.- Con il terzo motivo del ricorso si prospetta il vizio di violazione ed errata applicazione del combinato disposto degli artt. 905 e 907 c.c..

Il motivo si riferisce alla questione delle vedute laterali ed all’applicazione, anche a tali vedute, del disposto di cui all’art. 907 c.c., commi 2 e 3, non applicato dalla Corte territoriale sul ritenuto presupposto che nella fattispecie non ricorreva nessuna violazione.

Il motivo, stante l’accoglimento del precedente motivo del ricorso, deve ritenersi assorbito.

4.- Per effetto di quanto innanzi detto il ricorso, con riguardo al secondo motivo dello stesso, deve essere accolto. Conseguentemente l’impugnata sentenza va cassata con rinvio ad altra sezione della medesima Corte distrettuale, che provvederà a decidere uniformandosi al principio innanzi enunciato.

PQM

LA CORTE

accoglie il secondo motivo del ricorso, rigetta il primo, assorbito il terzo, cassa – in relazione al motivo accolto – l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della Corte di Appello di Catania.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 6 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2017

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