Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32329 del 13/12/2018

Cassazione civile sez. lav., 13/12/2018, (ud. 20/09/2018, dep. 13/12/2018), n.32329

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10280-2016 proposto da:

CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA A FAVORE DEI RAGIONIERI E

PERITI COMMERCIALI, C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ANTONIO BERTOLONI 44/46, presso lo studio degli avvocati MATTIA

PERSIANI e GIOVANNI BERETTA, che la rappresentano e difendono giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

S.L.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1033/2015 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 20/10/2015 r.g.n. 274/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/09/2018 dal Consigliere Dott. ROBERTO RIVERSO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VISONA’ Stefano, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato GIOVANNI BERETTA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con la sentenza n. 1033/2015 la Corte d’Appello di Bologna respingeva l’appello proposto dalla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali (CNRP) contro la sentenza che aveva ritenuto sussistente il diritto del ragioniere S.L., iscritto alla Cassa ed in pensione di anzianità dall’1 gennaio 2004, a percepire il relativo trattamento pensionistico secondo i criteri di calcolo stabiliti dall’art. 49 del Regolamento di esecuzione dello Statuto della Cassa nel testo anteriore alle modifiche introdotte dalla Delib. 22 giugno con condanna della Cassa a corrispondergli le differenze maturate nella misura ivi indicata.

A fondamento della pronuncia, la Corte, per quanto ancora di interesse, rigettava l’eccezione di prescrizione sollevata dalla Cassa; richiamava la tesi sostenuta dalla sentenza n. 17742/2015 delle SU in relazione alla portata interpretativa della L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 488; respingeva la tesi della Cassa secondo cui per la corretta applicazione del criterio del pro rata dovesse riliquidarsi il trattamento pensionistico secondo ogni singolo criterio di calcolo succedutosi nel tempo.

Avverso detta sentenza la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali ha proposto ricorso articolato su un unico motivo. B.L. ha resistito con controricorso.

Le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c.

La causa è stata rimessa alla pubblica udienza dalla sezione sesta della Corte.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con l’unico motivo di ricorso la Cassa deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, in relazione al cosiddetto coefficiente di neutralizzazione (art. 360 numero c.p.c., n. 3), posto che la sentenza della Corte d’Appello, nel ritenere l’illegittimità delle delibere adottate dalla Cassa in violazione del principio del pro rata di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, della ha falsamente applicato tale disposizione normativa anche con riferimento al coefficiente di neutralizzazione legittimamente applicato invece dalla Cassa alla posizione del ragionier S..

2.- Il ricorso risulta inammissibile laddove solleva per la prima volta nel giudizio di Cassazione la questione della neutralizzazione che non risulta affrontata dalla sentenza d’appello, la quale verte esclusivamente sul tema del pro rata.

3.- Inoltre le difese e le censure svolte dalla Cassa non attestano neppure che la questione della neutralizzazione fosse stata prima tempestivamente eccepita in primo grado e dopo ritualmente devoluta con specifico motivo di impugnazione in appello.

4.- Inoltre, secondo quanto risulta a pagina 5 del ricorso per cassazione, nel giudizio d’appello la CNPR aveva denunciato l’illegittimità della sentenza impugnata con sette motivi che riguardavano: l’eccezione di decadenza, l’eccezione di prescrizione quinquennale; l’omessa pronuncia sull’eccezione di infondatezza della domanda per errata qualificazione della fattispecie giuridica; l’applicazione del criterio del pro rata.

Nessuno di essi contiene alcun riferimento alla questione del coefficiente di neutralizzazione e nessuna richiesta di riforma della sentenza di primo grado in relazione allo stesso punto risulta effettuata.

6.- Pertanto i riferimenti effettuati dalla Cassa nella propria memoria di costituzione in primo grado all’art. 53 del Regolamento, costituiscono un mero passaggio dell’esposizione della complessa normativa applicabile al trattamento pensionistico applicabile agli iscritti alla CNRP. Non avendo essa proposto alcun specifico motivo di appello delle sentenza di primo grado nella parte in cui questa avrebbe affermato l’inapplicabilità alla pensione del ragionier S. del cosiddetto coefficiente di neutralizzazione.

7.- Va peraltro considerato che secondo le stesse tesi svolte dalla Cassa sul merito della questione, l’istituto della neutralizzazione in oggetto – costituendo un criterio di computo che comporta una riduzione proporzionale dell’importo della quota retributiva della pensione operata mediante un coefficiente individuato in base all’età compiuta dall’iscritto al momento dell’accesso al pensionamento anticipato – non attiene ai principi che afferiscono alla operatività del pro rata per come previsto dalla L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12 e salvaguardati dalle pronunce delle Sezioni Unite (nn. 18136/2015 e n. 17742/2015).

8.- Deve pertanto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso, costituendo indirizzo risalente e consolidato quello per cui (Cass. 192/2002, 9646/2002, e, più di recente, n. 25319/2017; per il profilo dell’autosufficienza Cass. n. 15430 del 13/06/2018) i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio d’appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio.

Inoltre la stessa rilevabilità d’ufficio di una questione deve coordinarsi con i principi generali del processo, per cui il rilievo ex officio resta precluso per effetto del giudicato interno formatosi in conseguenza della pronunzia esplicita sulla questione ovvero della definizione implicita della stessa.

9. Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile. Nessuna statuizione deve essere emessa sulle spese non avendo l’intimato svolto attività difensiva.

Sussistono i presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo dovuto a titolo di contributo unificato a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso. Nulla spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 20 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2018

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