Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32327 del 13/12/2018

Cassazione civile sez. lav., 13/12/2018, (ud. 05/12/2017, dep. 13/12/2018), n.32327

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23211-2013 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

L.G. FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato ARTURO MARESCA,

che la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

M.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA RENO 21,

presso lo studio dell’avvocato ROBERTO RIZZO, che la rappresenta e

difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5532/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 22/10/2012 R.G.N. 9471/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/12/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LEO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato CESIRA TERESINA SCANU per delega verbale Avvocato

ARTURO MARESCA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte territoriale di Roma, con sentenza depositata in data 22.10.2012, respingeva l’appello interposto da Poste Italiane S.p.A., nei confronti di M.P., avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede che, in accoglimento della domanda avanzata dalla lavoratrice, aveva dichiarato l’illegittimità del trasferimento della stessa disposto dalla società il 15.6.2006, ordinandone la riammissione in servizio presso l’ufficio postale di (OMISSIS) o, comunque, presso altro ufficio postale situato nel medesimo comune.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso Poste Italiane S.p.A. articolando due motivi cui ha resistito la M. con controricorso.

Entrambe le parti hanno, altresì, depositato memorie aì sensi dell’art. 378 codice di rito.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si deduce, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c. in relazione all’Accordo nazionale del 29.7.2004 stipulato tra Poste Italiane S.p.A. e le OO.SS. in materia di “Gestione degli effetti delle riammissioni in servizio di personale già assunto con contratto a tempo determinato”, nonchè dell’art. 2697 c.c., ed in particolare si deduce che la Corte distrettuale avrebbe “confermato la sentenza di primo grado sull’assunto che” la società “non avrebbe dato corretta esecuzione all’Accordo del 29.7.2004 ed alla procedura di gestione degli effetti delle riammissioni in servizio di personale già assunto con contratto a tempo determinato”, senza tenere conto del fatto che il suddetto Accordo non ha natura dispositiva di diritti di cui è titolare il dipendente, ma ha soltanto regolamentato, per quanto interessa ai fini della presente controversia, le modalità di esercizio del potere datoriale di procedere al trasferimento di propri dipendenti, poichè le Parti sociali hanno espressamente voluto fare coincidere il momento della eccedentarietà di organico con quello della riammissione in servizio del dipendente.

2. Con il secondo motivo si denunzia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., ed in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte di Appello erroneamente ritenuto che fosse documentalmente provato che, in epoca successiva alla sentenza che ha disposto la riammissione in servizio della M., la società “ha assegnato ad uffici postali situati nel territorio della Provincia di Roma numerosi lavoratori già assunti con contratto a termine dichiarati nulli e soltanto con riferimento ad alcuni di essi Poste ha giustificato la conformità della preferenza accordata ai criteri previsti dall’art. 37 CCNL di categoria (il quale privilegia, a tal fine, i lavoratori ultracinquantenni – se donne – o ultracinquantacinquenni – se uomini – ed i lavoratori portatori di handicap o che assistano familiari in condizione di handicap)”, senza tenere in considerazione quanto esposto da Poste Italiane alle pagine 7 e 8 della memoria difensiva di primo grado, ribadito nel ricorso in appello e disattendendo altresì la prova testimoniale articolata dalla società.

1.1. Il primo motivo non è meritevole di accoglimento, non essendo in grado di scardinare il procedimento di sussunzione operato dai giudici di seconda istanza, che appare scevro da vizi logico-giuridici ed in linea con l’orientamento giurisprudenziale di legittimità. Peraltro, manca nella prospettazione della parte ricorrente la focalizzazione del momento di conflitto, rispetto alle generiche doglianze prospettate relativamente ai criteri di interpretazione delle disposizioni collettive, dell’accertamento che i giudici di merito hanno in concreto operato all’esito delle emersioni probatorie (cfr., al riguardo, Cass. nn. 24374/2015; 80/2011).

Correttamente, infatti, i giudici di secondo grado hanno sottolineato che con l’Accordo del 29.7.2004 le Parti sociali hanno inteso regolamentare i numerosi casi di riammissione in servizio di personale addetto al recapito della corrispondenza, assunto con contratti a termine dichiarati illegittimi ed hanno stabilito, a tal fine, che “le risorse riammesse in servizio con provvedimento giudiziale verranno inserite nella struttura presso la quale la parte ricorrente ha lavorato”; che “l’azienda verificherà al momento della riammissione se tale struttura risulti nell’elenco di quelle eccedentarie”, dovendosi considerare tali “le strutture di recapito ubicate nei comuni ove la percentuale di personale stabile operante sulle zone di recapito sia superiore al 109%” e che, in tal caso, “l’azienda procederà al trasferimento della stessa in altre strutture ubicate in comuni non eccedentari, dando priorità di assegnazione verso comuni collocati in sequenza: a) nella medesima provincia; b) nella medesima regione; c) nelle regioni limitrofe; d) nelle altre regioni”. Ed hanno motivatamente ritenuto che, proprio alla stregua dei criteri enunciati nel citato Accordo, il trasferimento della lavoratrice presso l’ufficio postale di (OMISSIS) fosse illegittimo, anche alla luce del documento prodotto dalla società (in cui era riprodotto un elenco di comuni con distanza chilometrica da Roma inferiore a quella intercorrente con (OMISSIS), tutti asseritamente privi di posti disponibili in organico). E ciò, in quanto l’Accordo del 29.7.2004 non fa riferimento, quale criterio di scelta dell’ufficio al quale destinare il lavoratore riammesso in servizio, alla maggiore o minore distanza chilometrica dall’ufficio di provenienza, ma, in sequenza, come innanzi riferito, ai comuni collocati nella medesima provincia; nella medesima regione; nelle regioni limitrofe; nelle altre regioni. E poichè (OMISSIS) si trova in Abruzzo, regione limitrofa al Lazio, condivisibimente la Corte distrettuale ha ritenuto che la società avrebbe dovuto dimostrare di non avere la possibilità di ricollocare la M. in alcuno degli uffici postali ubicati nella regione Lazio; “circostanza, questa, che non solo non è stata provata, ma non è stata neppure dedotta” da Poste Italiane S.p.A., essendo, invece, rimasto delibato, dall’elenco dei Comuni eccedentari trasmesso dalle OO.SS. in data 3.5.2006, che, alla data del trasferimento della M. a (OMISSIS), soltanto 179 dei 378 comuni del Lazio presentavano eccedenze di organico nel settore del recapito.

2.2. Neppure il secondo mezzo di impugnazione può essere accolto, essendo il medesimo sostanzialmente finalizzato ad ottenere un riesame del merito, estraneo a questa sede (cfr., tra le molte, Cass. nn. 23649/2012; 20723/2012).

Peraltro, i giudici di seconda istanza hanno coerentemente ritenuto inconferenti le prove testimoniali articolate dalla società, posto che, come espressamente sottolineato nella motivazione della sentenza oggetto del presente giudizio, l’illegittimità del trasferimento della lavoratrice si evince con chiarezza già dalla documentazione prodotta da Poste Italiane S.p.A. (pag. 4 della sentenza).

Tale motivo, peraltro, relativamente al denunciato vizio di motivazione, non tiene conto del fatto che, nella fattispecie, si applica, ratione temporis, il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), come sostituito dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, essendo stata la sentenza impugnata pubblicata, come riferito in narrativa, il 22.10.2012; ed invero, come sottolineato dalle Sezioni Unite di questa Corte (con la sentenza n. 8053 del 2014), per effetto della riforma del 2012, per un verso, è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione); per l’altro verso, è stato introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ma nel caso in esame, il motivo di ricorso che denuncia il vizio motivazionale non indica il fatto storico (v, tra le altre, Cass. n. 21152 del 2014), con carattere di decisività, che sarebbe stato oggetto di discussione tra le parti e che la Corte di Appello avrebbe omesso di esaminare; nè, tanto meno, fa riferimento, alla stregua della pronunzia delle Sezioni Unite, ad un vizio della sentenza “così radicale da comportare” in linea con “quanto previsto dall’art. 132 c.p.c., n. 4, la nullità della sentenza per mancanza dì motivazione”. E, dunque, non potendosi più censurare, dopo la riforma del 2012, la motivazione relativamente al parametro della sufficienza, rimane il controllo di legittimità sulla esistenza e sulla coerenza del percorso motivazionale del giudice di merito (cfr., tra le molte, Cass. n. 25229 del 2015) che, nella specie, è stato condotto dalla Corte territoriale con argomentazioni logico-giuridiche del tutto congrue, e scevre da vizi, in ordine all’accertamento dell’illegittimità del trasferimento della lavoratrice presso l’ufficio postale di (OMISSIS).

Per tutto quanto in precedenza esposto, il ricorso va rigettato;

2. Le spese – liquidate come in dispositivo e da distrarre, ai sensi dell’art. 93 c.p.c., in favore del procuratore della M., avv. Roberto Rizzo, dichiaratosi antistatario – seguono la soccombenza.

3. Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso, sussistono i presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge, da distrarsi. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2018

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