Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32322 del 13/12/2018
Cassazione civile sez. I, 13/12/2018, (ud. 22/11/2018, dep. 13/12/2018), n.32322
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sui ricorso 4935/2018 proposto da:
C.O., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la
Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso
dall’avvocato Balocco Duilio, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di CAGLIARI, del 02/01/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
22/11/2018 dal cons. Dott. LAMORGESE ANTONIO PIETRO.
Fatto
FATTI DI CAUSA
C.O. proposto ricorso per cassazione avverso il decreto del Tribunale di Cagliari, in data 2 dicembre 2018, che aveva rigettato la sua domanda di riconoscimento della protezione internazionale, cui asseriva di avere diritto, avendo lasciato il suo Paese per sfuggire alle condizioni di povertà esistenti nel suo Paese, il Gambia. Il Ministero dell’interno non ha svolto difese.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente ha denunciato l’illegittimità costituzionale del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bisinserito dal D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, art. 6, lett. g), conv. in L. 13 aprile 2017, n. 46, che lo aveva privato di un grado del giudizio di merito, a causa della soppressione dell’appello, in ipotizzato contrasto con gli artt. 3,24 e 111 Cost.
Il motivo è da rigettare. E’ infatti manifestamente infondata la suddetta questione di legittimità costituzionale dell’impugnata disposizione, secondo la quale il procedimento per il riconoscimento della protezione internazionale è definito con decreto non reclamabile, con soppressione dell’impugnazione in appello, per le seguenti ragioni: perchè è necessario soddisfare esigenze di celere definizione del processo; perchè non esiste copertura costituzionale del principio del doppio grado di giudizio, che non opera già in una pluralità di ipotesi nel procedimento di cognizione ordinaria; perchè il procedimento giurisdizionale è preceduto da una fase amministrativa che si svolge davanti alle commissioni territoriali deputate ad acquisire, attraverso il colloquio con l’istante, l’elemento istruttorio centrale ai fini della valutazione della domanda di protezione (Cass. n. 27700/2018).
Infondato è anche il secondo motivo, il quale denuncia violazione del citato art. 35 bis, comma 8 per non avere acquisito la videoregistrazione del colloquio dinanzi alla Commissione territoriale, nonostante il tribunale l’avesse richiesta. E’, infatti, sufficiente considerare che, mancando la videoregistrazione del colloquio dinanzi alla Commissione competente, il tribunale non solo ha fissato l’udienza, così adempiendo ad un preciso obbligo sancito dalla norma, come interpretata da Cass. n. 17717 del 2018, ma ha anche “nuovamente audito” il richiedente asilo, restando la generica doglianza proposta nel motivo su un piano di mera astrattezza.
Il terzo motivo denuncia violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32,comma 3, per avere negato la protezione umanitaria senza verificare la ricorrenza delle condizioni di legge, in considerazione dei rischi che correrebbe in caso di rimpatrio in un paese insicuro come il Gambia.
Il motivo è infondato già alla luce della disciplina indicata in rubrica, in disparte la questione dell’applicabilità del D.L. n. 113 del 4 ottobre 2018, avendo il giudice di merito negato il riconoscimento della protezione umanitaria, all’esito di un accertamento in concreto dell’insussistenza delle condizioni richieste da Cass. n. 4455 del 2018, censurabile – e nella specie non censurato – nei ristretti limiti del nuovo art. 360 c.p.c., n. 5.
Il ricorso è rigettato.
Non si deve provvedere sulle spese, non avendo il Ministero svolto attività difensiva.
Non è dovuto il raddoppio del contributo, essendo il ricorrente stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 22 novembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2018