Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3232 del 11/02/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 3232 Anno 2013
Presidente: BATTIMIELLO BRUNO
Relatore: IANNIELLO ANTONIO

ORDINANZA

sul ricorso 16226-2011 proposto da:
POSTE ITALIANE SPA (97103880585

)

in persona del

Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale
rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata
in

ROMA,

VIALE MAZZINI 134, presso lo studio

dell’avvocato EIORILLO LUIGI, che la rappresenta e
difende, giusta delega a margine del ricorso;
– ricorrente contro

2013
14

ANGELA

VRZNGL68L60A488D) GRASSI ROLANDO

(GRSRND72P01Z112H)

elettivamente domiciliati in ROMA,

VERZELLA

VIA GUIDO ALFANI
PANETTA

29,

GIANMARCO,

presso lo studio dell’avvocato
rappresentati

e

difesi

Data pubblicazione: 11/02/2013

dall’avvocato FAUGNO MASSIMO, giusta procura speciale
a margine del controricorso;
– controricorrenti

avverso la sentenza n. 5300/2010 della CORTE D’APPELLO
di ROMA del 9.6.2010, depositata il 14/06/2010;

consiglio dell’8/01/2013 dal Consigliere Relatore
Dott. ANTONIO IANNTELLO.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del
Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso per
l’accoglimento del 4 0 motivo del ricorso.

Th

udita la relazione della causa svolta nella camera di

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
La causa è stata chiamata alla adunanza in camera di consiglio dein
gennaio 2013 ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione
redatta a norma dell’art. 380-bis c.p.c.:
“La prima questione posta col ricorso primo motivo) delle Poste Italia-

controricorso), avverso la sentenza definitiva del 14 giugno 2010 della Corte
d’appello di Roma, è se i contratti a tempo determinato stipulati dal 16 novembre 1998 al 31 gennaio 1999 e dal 1°.12.98 al 31.1.1999, rispettivamente,
con Angela Verzella e con Rolando Grassi, ai sensi dell’accordo collettivo
25.9.1997 integrativo del C.C.N.L. 26 novembre 1994 “per esigenze di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione…” e dichiarati

nulli nel termine dalla sentenza, con conseguente conversione dei rapporti a
tempo determinato e con la condanna della società al risarcimento dei danni
dalla data di offerta della prestazione, siano da ritenere risolti per mutuo consenso, come sostenuto dalla difesa della società, ma escluso dalla Corte territoriale.
In proposito, richiamati i principi ripetutamente ed esaustivamente affermati da questa Corte, secondo cui: a) in via di principio è ipotizzabile una
risoluzione del rapporto di lavoro per fatti concludenti (cfr., ad es., Cass. 6
luglio 2007 n. 15264, 7 maggio 2009 n. 10526); b) l’onere di provare circostanze significative al riguardo grava sul datore di lavoro che deduce la risoluzione per mutuo consenso (cfr. ad es. Cass. 2 dicembre 2002 n. 17070 e 2 dicembre 2000 n. 15403); e) la relativa valutazione da parte del giudice costituisce giudizio di merito; d) la mera inerzia del lavoratore nel contestare la clausola appositiva del termine, così come la ricerca medio tempore di una occupazione, non sono sufficienti a far ritenere intervenuta la risoluzione per mutuo consenso; deve ritenersi che la Corte di merito abbia correttamente fatto

ne, notificato in data 9-10 giugno 2011 (cui gli intimati si sono opposti con

applicazione di tali regole nel caso in esame, con giudizio ispirato a valutazioni di tipicità sociale.
Il motivo appare pertanto manifestamente infondato.
Col secondo e col terzo motivo di ricorso, la società investe la valutazione di illegittimità e quindi la dichiarazione di nullità delle clausole appositive del termine al contratto di lavoro subordinato a tempo determinato delle

parti intimate, col sostenere che la Corte territoriale avrebbe, con una decisione per diverse ragioni immotivata, violato gli artt. 1 e 2 della L. n. 230/1962,
23 della L. n. 56/’87, 8 CCNL 1994 nonché degli accordi sindacali 25.9.97,
16.1.98, 27.4.98, 2.7.98, 24.5.99 e 18.1.2001, in connessione con gli artt. 1362
e ss. c.c..
Le censure sono manifestamente infondate, alla stregua della giurisprudenza di questa Corte.
Va infatti qui ribadita la consolidata giurisprudenza di questa Corte
(cfr., per tutte, Cass. 14 febbraio 2004 n. 2866 e 20 marzo 2009 n. 6913), for-

matasi in ordine all’esame di fattispecie analoghe alla presente, coinvolgenti
l’interpretazione delle norme contrattuali collettive indicate, la quale ha ripetutamente confermato le decisioni dei giudici di merito che hanno dichiarato illegittimo il termine apposto dopo il 30 aprile 1998 a contratti di lavoro stipulati, in base alla previsione delle “esigenze eccezionali” di cui all’accordo integrativo del 25 settembre 1997, ritenendo che i contraenti collettivi, esercitando
i poteri loro attribuiti dall’art. 23 della legge n. 56/1987, abbiano convenuto di
limitare il riconoscimento della sussistenza della situazione indicata per far
fronte alla quale l’impresa poteva legittimamente procedere ad assunzioni di
personale con contratto a tempo determinato unicamente fino al 30 aprile
1998, con la conseguente illegittimità dei contratti stipulati successivamente a
tale data.
Da tali conclusioni della giurisprudenza non vi è ora ragione di discostarsi, in quanto le opposte valutazioni sviluppate nel ricorso sono sorrette da
2

argomenti ripetutamente scrutinati da questa Corte nelle molteplici occasioni
ricordate e non appaiono comunque talmente evidenti e gravi da esonerare la
Corte dal dovere di fedeltà ai propri precedenti, sul quale si fonda per larga
parte l’assolvimento della funzione ad essa affidata di assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge.
In via subordinata, la società denuncia col quarto motivo, la violazione

degli artt. 1206, 1207, 1217, 1219, 1223, 2094 e 2099 c.c., quanto alle conseguenze economiche tratte dalla conversione a tempo indeterminato dei contratti tra le parti, invocando, comunque, l’applicazione dello ius superveniens,
rappresentato dall’art. 32, commi 5 0 , 60 e 7 0 della legge 4 novembre 2010 n.
183, in vigore dal 24 novembre 2010.
Su quest’ultima richiesta, assorbente il quarto motivo, dovrà pronunciarsi il collegio.”
Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione,
unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in camera di consiglio.
Le contro ricorrenti hanno depositato una memoria.
11 Collegio condivide il contenuto della relazione, ritenendo pertanto infondati i primi tre motivi di ricorso per le ragioni illustrate dal relatore.
Quanto alla richiesta della società relativa all’applicazione dello ius superveniens con efficacia retroattiva, qualificabile come specifico motivo di ri-

corso per cassazione, essa è fondata alla luce della costante giurisprudenza di
questa Corte e va accolta (rendendo infondato anche il precedente quarto motivo), con conseguente cassazione della sentenza impugnata, con rinvio peraltro ad altro giudice di merito, in relazione alla necessità di valutare gli elementi di fatto indicati dalla legge n. 183 del 2010 ai fini della determinazione del
quantum

dell’indennità omnicomprensiva ivi stabilita.

Le obiezioni formulate con la memoria delle intimate con richiamo ad
una non meglio precisata ordinanza del Tribunale di Napoli non possono esse3

re prese in considerazione, alla luce della sentenza della Corte costituzionale
n. 303 del 2011 e in assenza di più precise indicazioni in ordine alla citata ordinanza napoletana.
Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine al regolamento delle spese di questo giudizio di cassazione.

La Corte rigetta i primi quattro motivi di ricorso e accoglie quello relativo alla applicazione dello ius superveniens; cassa conseguentemente la sentenza impugnata, con rinvio, anche per il regolamento delle spese di questo
giudizio, alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, l’8 gennaio 2013
I Presidente

/)

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P. Q. M.

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