Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32318 del 13/12/2018

Cassazione civile sez. I, 13/12/2018, (ud. 22/11/2018, dep. 13/12/2018), n.32318

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4931/2018 proposto da:

M.B., domiciliato in Roma, piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Balocco Duilio, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CAGLIARI, del 28/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/11/2018 dal cons. LAMORGESE ANTONIO PIETRO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

B.M., cittadino del Gambia, ha proposto ricorso per cassazione avverso il decreto del Tribunale di Cagliari, in data 28 dicembre 2017, che aveva rigettato la sua domanda di riconoscimento della protezione internazionale, cui asseriva di avere diritto, avendo lasciato il suo Paese per il timore di essere arrestato (aveva tentato di filmare la scena dell’arbitrario arresto del padre, il quale aveva partecipato ad una manifestazione violenta nel corso della quale erano rimaste uccise varie persone).

Il Ministero dell’interno non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente ha denunciato l’illegittimità costituzionale del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, dell’art. 35 bis inserito dal D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, art. 6, lett. g), conv. in L. 13 aprile 2017, n. 46, che lo aveva privato di un grado del giudizio di merito, a causa della soppressione dell’appello, in ipotizzato contrasto con gli artt. 3,24 e 111 Cost.

Il motivo è da rigettare. E’ infatti manifestamente infondata la suddetta questione di legittimità costituzionale dell’impugnata disposizione, secondo la quale il procedimento per il riconoscimento della protezione internazionale è definito con decreto non reclamabile, con soppressione dell’impugnazione in appello, per le seguenti ragioni: perchè è necessario soddisfare esigenze di celere definizione del processo; perchè non esiste copertura costituzionale del principio del doppio grado di giudizio, che non opera già in una pluralità di ipotesi nel procedimento di cognizione ordinaria; perchè il procedimento giurisdizionale è preceduto da una fase amministrativa che si svolge davanti alle commissioni territoriali deputate ad acquisire, attraverso il colloquio con l’istante, l’elemento istruttorio centrale ai fini della valutazione della domanda di protezione (Cass. n. 27700/2018).

I motivi dal secondo al quarto sono connessi e devono essere esaminati congiuntamente. In particolare, il secondo denuncia l’illegittimità costituzionale dell’art. 35 bis citato, nella parte in cui non prescrive, in mancanza dell’acquisizione della videoregistrazione, l’audizione personale del richiedente la protezione con l’ausilio di un interprete-traduttore, che egli aveva chiesto al tribunale, non essendo sufficiente la mera presenza in udienza del difensore, ai fini di un adeguato esercizio del diritto di difesa; gli altri denunciano violazione del medesimo parametro normativo, per non avere il tribunale acquisito i verbali di trascrizione delle videoregistrazioni (terzo motivo) e perchè la norma sarebbe da interpretare nel senso che, in mancanza delle videoregistrazioni, il tribunale, oltre a fissare l’udienza, dovrebbe disporre sempre l’audizione del richiedente asilo con l’ausilio di un interprete-traduttore (quarto motivo).

I suddetti motivi sono infondati.

Nel giudizio di impugnazione della decisione della Commissione territoriale dinanzi all’autorità giudiziaria, in caso di mancanza della videoregistrazione del colloquio, il giudice deve necessariamente fissare l’udienza per la comparizione delle parti, configurandosi, in difetto, la nullità del decreto con il quale viene deciso il ricorso, per violazione del principio del contraddittorio (Cass. n. 17717/2018).

Nel caso in esame, tuttavia, come risulta nella sentenza impugnata, mancando la videoregistrazione, il tribunale ha celebrato l’udienza; ha acquisito ed esaminato il verbale delle dichiarazioni rese dal richiedente asilo dinanzi alla Commissione territoriale; ha dato atto della mancata allegazione di elementi nuovi, riguardanti la vicenda narrata, che giustificassero l’audizione dello straniero.

Nessun profilo di nullità è ravvisabile per la mancata audizione personale, non prevista dall’art. 35 bis citato nè dal sistema processuale civilistico a pena di nullità, restando affidato al potere discrezionale del giudice di merito – il cui esercizio è incensurabile in sede di legittimità – di valutare se tale incombente si configuri di qualche potenziale utilità, al fine di acquisire elementi di convincimento per la decisione.

Ne consegue la manifesta infondatezza dell’eccezione di illegittimità costituzionale, priva com’è di una specifica illustrazione delle ragioni dell’asserito vulnus costituzionale, in relazione a parametri astrattamente indicati (artt. 3,24,111 Cost.), per la mancata previsione dell’obbligatorietà dell’audizione del richiedente asilo, in base ad una disposizione non irragionevole, qual è quella denunciata, tenuto conto che il ricorso al tribunale è preceduto da una fase amministrativa nella quale l’istante è posto in condizioni di illustrare pienamente le proprie ragioni attraverso il colloquio dinanzi alle Commissioni territoriali, composte da personale specializzato.

Questo esito interpretativo è in linea con la sentenza della Corte giustizia UE, 26 luglio 2017, C-348/16, la quale, interpretando gli artt. 12,14,31 e 46 della direttiva 2013/32/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale, alla luce dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, ha escluso l’incompatibilità con il diritto Eurounitario della normativa nazionale che consenta al giudice di respingere il ricorso avverso la decisione di rigetto di una domanda di protezione internazionale, senza procedere all’audizione del richiedente asilo, a condizione che egli abbia avuto la facoltà di sostenere un colloquio personale sulla sua domanda di protezione internazionale, che il verbale di tale colloquio redatto nel pregresso procedimento – come nella specie sia stato reso disponibile nella fase sucessiva e che il giudice adito con il ricorso possa disporre l’audizione, ove Io ritenga necessario.

Non pertinente è la denuncia di mancata acquisizione in sede giudiziaria della videoregistrazione dell’audizione del richiedente asilo dinanzi alla Commissione territoriale, non essendo essa disponibile, ma avendo il tribunale per questo motivo fissato l’udienza.

Con il quinto motivo il ricorrente denuncia violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, per avere negato la protezione umanitaria senza verificare la ricorrenza delle condizioni di legge, in considerazione dei rischi che correrebbe in caso di rimpatrio in un paese insicuro come il Gambia.

Il motivo è infondato già alla luce della disciplina indicata in rubrica, in disparte la questione dell’applicabilità del D.L. n. 113 del 2018, avendo il giudice di merito negato il riconoscimento della protezione umanitaria, all’esito di un accertamento in concreto dell’insussistenza delle condizioni richieste da Cass. n. 4455 del 2018, censurabile – e nella specie non censurato – nei limiti del nuovo art. 360 c.p.c., n. 5, nei soli casi di radicale carenza di motivazione o nel suo estrinsecarsi in argomentazioni inidonee a rivelarne la ratio decidendi.

Il ricorso è rigettato.

Non si deve provvedere sulle spese, non avendo il Ministero svolto attività difensiva.

Non è dovuto il raddoppio del contributo, essendo il ricorrente stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 22 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2018

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