Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32310 del 13/12/2018

Cassazione civile sez. I, 13/12/2018, (ud. 07/11/2018, dep. 13/12/2018), n.32310

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7326/2014 proposto da:

Società Cooperativa Sociale II Pozzo di Giacobbe a r.l., in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

Roma, Via Pompeo Magno n.1, C/o presso lo studio dell’avvocato

Manzullo Francesco (Studio Piergrossi Bianchini Eversheds,

rappresentata e difesa dall’avvocato Catuara Stefano, giusta procura

a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Comune di Agrigento;

– intimato –

avverso la sentenza n. 936/2012 del TRIBUNALE di AGRIGENTO,

depositata il 27/09/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/11/2018 dal cons. Dott. FRANCESCO TERRUSI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per l’inammissibilità, in

subordine rigetto;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato Petracci Lara, con delega avv.

Catuara, che si riporta agli atti.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La società cooperativa sociale il Pozzo di Giacobbe a r.l. conveniva innanzi al tribunale di Agrigento il locale comune, chiedendo che questo fosse condannato al pagamento del corrispettivo dell’attività di ospitalità e assistenza sociale prestata in favore di alcuni disabili psichici presso la propria comunità alloggio. Sosteneva che il comune avesse per legge l’obbligo di versare le rette relative alla degenza di tali pazienti.

Nella contumacia del comune il tribunale rigettava la domanda, in quanto l’attrice non aveva prodotto alcuna convenzione stipulata con l’amministrazione, nè alcun atto amministrativo del comune medesimo contenente un impegno a pagare, sicchè in difetto di titolo negoziale la cooperativa non poteva esercitare l’azione di adempimento contrattuale ma, a tutto voler concedere, quella di ingiustificato arricchimento; aggiungeva che, in considerazione del tipo di domanda proposta, supponente il pagamento di una somma a titolo di corrispettivo, non poteva soccorrere neppure il richiamo all’esistenza di obblighi di legge in rapporto alle funzioni dei comuni in materia socio-assistenziale.

L’appello della società veniva dichiarato inammissibile dalla corte d’appello di Palermo con ordinanza ex art. 348-bis c.p.c., cosicchè la soccombente ha proposto ricorso per cassazione contro la sentenza del tribunale ai sensi dell’art. 348-ter, deducendo due motivi.

Il comune di Agrigento non ha svolto difese.

Avviata in un primo momento alla trattazione camerale, la causa, dopo il deposito di memoria della ricorrente, è stata rimessa in pubblica udienza dinanzi a questa sezione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Col primo mezzo la ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione della L. n. 328 del 2000, art. 6 e della L.R. Sicilia n. 22 del 1986 per avere il giudice del merito erroneamente respinto la domanda; ciò in quanto i comuni sono titolari delle funzioni amministrative concernenti gli interventi sociali svolti a livello locale, sicchè spetta a loro sostenerne i costi.

Da questo punto di vista, addebita altresì al tribunale di non aver considerato alcune circolari dell’Assessorato regionale enti locali, tra cui quella n. 3996 del 1992 (ribadita nei principi dalla n. 2 del 2003), secondo cui “la mancata adozione dei provvedimenti formali di autorizzazione al ricovero, spesso lo stesso rifiuto opposto dai Comuni alla stipula delle convenzioni, nell’intendimento di sfuggire all’assunzione dell’onere, in presenza dei citati presupposti, non solleva dall’obbligo del rimborso delle rette maturate”.

Addebita inoltre al tribunale di non aver considerato che la società non poteva rifiutare il ricovero dei soggetti dimessi dall’ex ospedale psichiatrico, in relazione ai quali aveva chiesto al comune il pagamento delle rette di degenza.

2. – Col secondo mezzo la ricorrente denunzia la violazione degli artt. 2 e 32 Cost., poichè in ogni caso il comune di Agrigento aveva abbandonato i propri cittadini affetti da disabilità psichica, non curandosi di darne adeguata sistemazione nè di pagarne le rette di degenza.

3. – Il ricorso, i cui motivi possono essere unitariamente esaminati per connessione, è infondato.

Il tribunale di Agrigento ha ritenuto che ostasse all’accoglimento della domanda la circostanza che nessuna convenzione col comune era stata allegata a sostegno della proposta azione contrattuale; ha inoltre osservato che a niente serviva, in simile condizione, richiamare l’esistenza di ipotetici obblighi di legge correlati alle funzioni dei comuni nella materia socio-assistenziale.

La prima affermazione, a proposito della inesistenza di convenzioni inter partes, non è sindacata dalla ricorrente; la seconda, costituente un’ argomentazione giuridica del tribunale, è esatta.

IV. – Il nucleo essenziale della causa impone di affermare che l’esistenza di obblighi assistenziali a carico dei comuni non giustifica la pretesa creditoria relativa al pagamento di rette di degenza in strutture non convenzionate, per l’elementare ragione che tale obbligo, in tanto può ravvisarsi, in quanto abbia a base una previsione specifica; previsione che non si rinviene nè nell’ambito della legislazione statale, nè nell’ambito di quella regionale; cosa che d’altronde è implicitamente riconosciuta dalla stessa ricorrente, laddove essa richiama, ad asserita fonte dell’obbligazione, l’ambito dei principi costituzionali ex artt. 2 e 32 Cost.

In coerenza con l’orientamento già manifestato da questa Corte nella del tutto simile situazione relativa alla generale assistenza alle persone anziane, va allora menzionato il condivisibile principio per cui, in tema di servizi socio-assistenziali nella regione siciliana, il ricovero di persone anziane presso strutture private è subordinato, ai sensi della L.R. 9 maggio 1986, n. 22, art. 20 alla stipulazione di un’apposita convenzione da parte del comune, nonchè, ai sensi della L.R. 11 dicembre 1991, n. 48, art. 1, lett. i), che richiama la L. 8 giugno 1990, n. 142, art. 55 all’attestazione della relativa copertura finanziaria, la cui sussistenza condiziona anche il pagamento dei corrispettivi delle prestazioni erogate, trattandosi di prestazioni positive previste a tutela di un diritto costituzionalmente protetto la cui attuazione non è però incondizionata. Essa presuppone un bilanciamento con altri interessi costituzionalmente protetti, tenuto conto dei limiti oggettivi che il legislatore incontra in relazione alle risorse organizzative e finanziarie di cui dispone.

Invero non può escludersi l’applicabilità delle predette disposizioni per effetto della L. 8 novembre 2000, n. 328, art. 6 il quale pone a carico del comune di residenza gli obblighi connessi all’integrazione economica necessaria per il ricovero, ma fa salve a sua volta le modalità stabilite dalla (allora vigente) L. n. 142 del 1990 (v. Cass. n. 14006-10, richiamata anche dal tribunale, nonchè conf. Cass. n. 25376-13).

5. – Non v’è ragione di ritenere l’assistenza ai disabili psichici sottratta all’applicazione del ripetuto principio.

Per tale tipologia di soggetti vengono difatti in questione analoghi diritti costituzionalmente presidiati (artt. 2 e 32 Cost.), sicchè rileva pur sempre il necessario bilanciamento con altri interessi costituzionalmente protetti, ravvisabili nelle effettive risorse organizzative e finanziarie di cui l’ente locale può disporre (cfr. Cass. n. 26875-18).

Va ricordato che con la dianzi citata L.R. n. 22 del 1986 la regione Sicilia nel procedere al riordino dei servizi e delle attività socio-assistenziali del territorio di sua competenza, ha attribuito (art. 16) ai comuni, singoli o associati, la titolarità delle funzioni attinenti alla predetta materia, prevedendo poi (art. 23) che gli istituiti servizi socio-assistenziali devono essere attuati con tre modalità: (1) mediante gestione diretta, (2) mediante convenzione con istituzioni pubbliche e private di assistenza e beneficenza e associazioni non aventi fini di lucro, (3) mediante delega ai consigli di quartiere prioritariamente per quanto riguarda i servizi di cui all’art. 3, lett. a), b), c), d), e) cit. legge. Ed egualmente ha fatto, come si diceva, il legislatore nazionale con la richiamata L. n. 328 del 2000, art. 6, che ha demandato ai comuni le funzioni amministrative concernenti gli interventi sociali svolti a livello locale.

Proprio la legge nazionale ha peraltro specificato che le relative funzioni “sono esercitate dai comuni adottando sul piano territoriale gli assetti più funzionali alla gestione, alla spesa ed al rapporto con i cittadini, secondo le modalità stabilite dalla L. 8 giugno 1990, n. 142, come da ultimo modificata dalla L. 3 agosto 1999, n. 265”.

Se ne desume che il mero fatto che le prestazioni di assistenza rese dalla società in favori di soggetti affetti da patologia psichiatrica rientrino tra quelle attribuite ai comuni non costituisce fonte di un’indiscriminata obbligazione di pagamento ex lege, in quanto la delega a soggetti estranei all’apparato organizzativo dell’ente deve avvenire attraverso specifiche convenzioni, la cui stipulazione non costituisce – neppure essa – un obbligo giuridico del comune: nel senso che essa deve essere adottata a conclusione dell’afferente procedimento e sempre entro i limiti dei fondi disponibili.

Tale è la ragione per cui l’obbligo del comune di residenza di disporre il ricovero di soggetti presso strutture private è sempre oggi subordinato all’attestazione della relativa copertura finanziaria, D.Lgs. n. 267 del 2000, ex artt. 183 e 191recante l’attuale testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (cfr. Cass. n. 24655-16); in particolare gli enti locali possono effettuare spese solo se sussiste l’impegno contabile registrato sul competente programma del bilancio di previsione e l’attestazione della copertura finanziaria di cui all’art. 153, comma 5 D.Lgs. citato, dovendo essere salvaguardati gli equilibri di bilancio come previsto dal successivo art. 193 (“rispettano durante la gestione e nelle variazioni di bilancio il pareggio finanziario e tutti gli equilibri stabiliti in bilancio per la copertura delle spese correnti e per il finanziamento degli investimenti, secondo le norme contabili recate dal presente testo unico, con particolare riferimento agli equilibri di competenza e di cassa di cui all’art. 162, comma 6 “).

Da questo punto di vista niente differenzia, quanto alle spese sostenibili, la situazione assistenziale dei disabili psichici da quella di altri soggetti in condizioni di vulnerabilità per motivi sociali o sanitari.

6. – Non serve, in contrario, il testo delle richiamate circolari amministrative.

Anche sorvolandosi sul fatto che le circolari non costituiscono mai fonte di diritti e obblighi (v. per varie affermazioni Cass. n. 10195-16, Cass. n. 3757-12), vi è che neppure dal testo delle circolari allegato dalla ricorrente può inferirsi che i comuni abbiano in sè l’obbligo di sostenere su base contrattuale, a prescindere dalla salvaguardia degli equilibri di bilancio, il costo di rimborso di rette di degenza per soggetti con i quali non sia stata stipulata alcuna convenzione.

7. – Per quanto precede il ricorso va rigettato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 7 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2018

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