Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3231 del 11/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 11/02/2020, (ud. 28/02/2019, dep. 11/02/2020), n.3231

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. PERINU Renato – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2524-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C.A., elettivamente domiciliato in ROMA VIA G. GALILEI 45,

presso lo studio dell’avvocato PIETRO UGO LITTA, che lo rappresenta

e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 45/2012 della COMM.TRIB.REG. di

BARI, depositata il 29/05/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/02/2019 dal Consigliere Dott. PERINU RENATO;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA MARCELLO che ha chiesto

il rigetto del ricorso.

Fatto

RILEVATO

che:

l’Agenzia delle Entrate ricorre avverso la sentenza n. 45/5/12 depositata in data 29/5/2012, con la quale la CTR della Puglia ha confermato la decisione di primo grado avente ad oggetto l’avviso di accertamento a mezzo del quale veniva disposto il recupero a tassazione, nei confronti del calciatore C.A., della somma di Euro 263.393,00, a titolo di “fringe benefit” goduti dal medesimo, in qualità di lavoratore dipendente della Roma A.S. S.p.a.;

per quanto qui rileva, la CTR premesso, che con l’atto d’appello non venivano prospettate doglianze in ordine alla sussistenza del presupposto d’imposta (“fringe benefit” corrisposti dalla società sportiva al calciatore legato alla stessa da rapporto di lavoro subordinato, per prestazioni professionali rese a quest’ultimo dal proprio procuratore), ha ritenuto di riconoscere, nella fattispecie concreta divisata, i presupposti legittimanti l’esenzione dalle sanzioni amministrative, prevista dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8, in favore del contribuente, nell’ipotesi di condizioni di incertezza, relative alla portata ed all’ambito di applicazione delle disposizioni disciplinanti l’individuazione del presupposto d’imposta;

avverso tale pronuncia, ricorre l’Agenzia delle Entrate, affidandosi ad un unico motivo;

C.A. resiste con controricorso e memoria difensiva.

il Procuratore Generale con memoria chiede il rigetto del gravame.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con l’unico motivo dedotto, l’Ufficio finanziario denuncia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, ed del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8;

2. il ricorso propone, quindi, il seguente quesito di diritto: se nella fattispecie astratta art. 48 TUIR (ora art. 51) che disciplina il presupposto d’imposta (componenti del reddito da lavoro dipendente), possano riconoscersi gli elementi di oggettiva incertezza legittimanti l’esenzione dalle sanzioni amministrative ai sensi dei menzionati D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, ed D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8;

3. il gravame s’appalesa fondato per le ragioni che di seguito si espongono;

4. la tematica che occupa, come detto, concerne l’irrogazione delle sanzioni amministrative nel caso di obiettive incertezze concernenti l’individuazione del presupposto d’imposta;

5. al riguardo, occorre evidenziare che, secondo costante orientamento di questa Corte, in tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, l’incertezza normativa oggettiva che, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8, e del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 2, costituisce causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, richiede una condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull’oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ovvero, l’insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso il procedimento d’interpretazione normativa, riferibile non già ad un generico contribuente, o a quei contribuenti che per la loro perizia professionale siano capaci di interpretazione normativa qualificata (studiosi, professionisti legali, operatori giuridici di elevato livello professionale) e tanto meno all’Ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell’ordinamento cui è attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione (cfr. Cass. n. 24670/2007, Cass. n. 2192/2012, Cass. n. 18434/2012), ed in altre parole, come è stato affermato, “l’incertezza normativa oggettiva tributaria”, che consente di non applicare le sanzioni, ” è la situazione giuridica oggettiva, che si crea nella normazione per effetto dell’azione di tutti i formanti del diritto, tra cui in primo luogo, ma non esclusivamente, la produzione normativa, e che è caratterizzata dall’impossibilità, esistente in sè ed accertata dal giudice, d’individuare con sicurezza ed univocamente, al termine di un procedimento interpretativo metodicamente corretto, la norma giuridica sotto la quale effettuare la sussunzione di un caso di specie ultima o, se si tratta del giudice di legittimità, del fatto di genere già categorizzato dal giudice di merito”, quindi in “senso oggettivo” (con conseguente esclusione di “qualsiasi rilevanza sia delle condizioni soggettive categoriali” atteso che “l’incertezza normativa, in quanto esiste in sè, opera nei confronti di tutti”):”l’incertezza normativa oggettiva”, pertanto, “non ha il suo fondamento nell’ignoranza giustificata, ma nell’impossibilità, abbandonato lo stato d’ignoranza, di pervenire comunque allo stato di conoscenza sicura della norma giuridica tributaria” (Cass. n. 19638/2009);

6. ciò posto occorre stabilire se sussistano nel caso che occupa gli indici rivelatori della suddetta incertezza interpretativa, vale a dire: a) la difficoltà di individuazione delle disposizioni normative; b) la difficoltà di confezione della formula dichiarativa della norma giuridica; c) la mancanza di una prassi amministrativa o l’adozione di prassi amministrative contrastanti; d) la mancanza di precedenti giurisprudenziali; e) l’adozione di norme di interpretazione autentica o meramente esplicative di norma implicita preesistente (Cass. n. 12301/2017);

7. ulteriormente, il Collegio, nel condividere i precedenti di questa Corte sopra richiamati, ritiene di dover evidenziare come l’incertezza interpretativa debba, necessariamente, emergere anche dal plesso motivazionale delle decisioni di merito che, devono essere connotate da rilevanti perplessità in merito all’individuazione del presupposto d’imposta, correlato alla conseguente applicazione delle sanzioni amministrative;

8. nella specie, non si ravvisano gli indici rivelatori attestanti l’oggettiva incertezza interpretativa in merito al presupposto d’imposta ed all’interpretazione ed applicazione, nella fattispecie in disamina, dell’art. 51 TUIR;

9. inoltre, nella motivazione della sentenza di merito impugnata, si dà atto dell’insussistenza di elementi sintomatici attestanti particolari problematiche interpretative inerenti l’individuazione del presupposto d’imposta, atteso che il contribuente non ha contestato con appello incidentale la fondatezza dell’attribuzione impositiva addebitatagli appello;

10. nella specie, quindi, ha errato la CTR nel ritenere che ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8, potessero rilevare esimenti soggettive attinenti la buona fede del contribuente;

11. per quanto precede, il ricorso deve, pertanto, essere accolto, e la sentenza impugnata deve essere cassata nella parte in cui ha escluso l’applicabilità delle sanzioni amministrative. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa deve essere decisa nel merito con il rigetto integrale del ricorso originario del contribuente. Le spese dell’intero giudizio vanno compensate in considerazione della specificità della fattispecie scrutinata.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso l’applicabilità delle sanzioni, e decidendo nel merito, rigetta integralmente il ricorso introduttivo del contribuente. Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 28 febbraio 2019.

Depositato in cancelleria il 11 febbraio 2020

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