Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32300 del 11/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 11/12/2019, (ud. 25/09/2019, dep. 11/12/2019), n.32300

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23060-2018 proposto da:

HOLDING DEL CAMPO SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 9, presso lo

studio dell’avvocato PIERLUIGI MUCCARI, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI SANTA SOFIA, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 37, presso lo

studio dell’avvocato MARCELLO FURITANO, che lo rappresenta e difende

unitamente agli avvocati CECILIA FURITANO, MARCO ZANASI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 164/13/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE dell’EMILIA ROMAGNA, depositata il 23/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LORENZO

DELLI PRISCOLI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

il comune di Santa Sofia proponeva appello avverso la sentenza con cui la Commissione Tributaria Provinciale aveva accolto il ricorso della società contribuente, con cui era stato impugnato il diniego del Comune al rimborso dell’ICI per gli anni 2008-2011;

la Commissione Tributaria Regionale accoglieva il ricorso del Comune ritenendo che, anche se la società contribuente aveva ottenuto il classamento dell’immobile in questione come rurale, tale classamento non avesse valore retroattivo spettando tale prova al contribuente, come invece sostenuto dalla società contribuente e dalla Commissione Tributaria Provinciale; la società contribuente proponeva ricorso affidato ad un unico motivo mentre il Comune si costituiva con controricorso chiedendone il rigetto; in prossimità dell’udienza entrambe le parti depositavano memorie insistendo nelle rispettive conclusioni.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che con l’unico motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la società contribuente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 1 e 2, in connessione con il D.L. n. 557 del 1993, art. 9, comma 3-bis, convertito in L. n. 133 del 1994, nonchè del D.L. n. 70 del 2011, art. 7, comma 2-bis, convertito in L. n. 106 del 2011, e del D.L. n. 102 del 2013, art. 2, comma 5-ter, convertito in L. n. 124 del 2013, in quanto le domande di variazione del classamento per il riconoscimento della ruralità produrrebbero effetto ai fini ICI retroattivamente, a decorrere dal quinto anno antecedente a quello della loro presentazione (2011), e quindi per tutti gli anni in contestazione (2008-2011);

considerato che, secondo questa Corte, in tema di ICI, ai fini del trattamento esonerativo rileva l’oggettiva classificazione catastale del cespite come rurale, con attribuzione della relativa categoria in conseguenza della ricorrenza dei presupposti di cui al D.L. n. 557 del 1993, art. 9, conv., con modif., dalla L. n. 133 del 1994, sicchè l’attribuzione all’immobile di una diversa categoria catastale deve essere oggetto di specifica impugnazione. Tuttavia, ai sensi del D.L. n. 70 del 2011, art. 7, comma 2-bis, conv., con modif., dalla L. n. 106 del 2011, (da qualificarsi quale “ius superveniens”), è prevista la facoltà per il contribuente di proporre una domanda di variazione della categoria catastale (sulla base di un’autocertificazione attestante che l’immobile presenta i requisiti di ruralità) che produce effetti, a tal fine, dal quinquennio antecedente alla sua presentazione, in virtù della norma d’interpretazione autentica di cui al D.L. n. 102 del 2013, art. 2, comma 5-ter, conv., con modif., dalla L. n. 124 del 2013, (Cass. 30 giugno 2017, n. 16280); considerato che, analogamente, secondo Cass. 9 marzo 2018, n. 5769: Cass., S.U., 21 agosto 2009, n. 18565 si è fatta carico dei profili di jus superveniens riconducibili all’emanazione sia del D.L. n. 557 del 1993, art. 9, comma 3 bis conv. in L. n. 133 del 1994, come introdotto dal D.L. n. 159 del 2007, art. 42 bis, conv. in L. n. 222 del 2007; sia del D.L. n. 207 del 2008, art. 23,comma 1 bis, conv. in L. n. 14 del 2009. L’ulteriore jus superveniens, costituito dal D.L. n. 13 maggio 2011, n. 70, convertito dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, all’art. 7, comma 2 bis, ha previsto che, ai fini del riconoscimento della ruralità degli immobili, i contribuenti avessero la facoltà (esercitabile entro il termine del 30 settembre 2011, poi prorogato) di presentare all’allora Agenzia del Territorio una domanda di variazione della categoria catastale per l’attribuzione delle categoria A/6 e D/10, a seconda della destinazione, abitativa o strumentale dell’immobile, sulla base di un’autocertificazione attestante la presenza nell’immobile dei requisiti di ruralità di cui al D.L. n. 557 del 1993, art. 9, convertito in L. n. 133 del 1994, e modificato dal D.L. 1 ottobre 2007, n. 159, art. 42 bis, convertito con modificazioni in L. 29 novembre 2007, n. 222, “in via continuativa a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda”; – dal D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, in L. 22 dicembre 2011, n. 214, che ha quindi previsto, all’art. 13, comma 14 bis, che le domande di variazione di cui al predetto D.L. n. 70 del 2011, producessero “gli effetti previsti in relazione al riconoscimento del requisito della ruralità fermo restando il classamento originario degli immobili ad uso abitativo”; – dal D.M. economia e finanze 26 luglio 2012, che ha stabilito, all’art. 1, che “Ai fabbricati rurali destinati ad abitazione ed ai fabbricati strumentali all’esercizio dell’attività agricola è attribuito il classamento, in base alle regole ordinarie, in una delle categorie catastali previste nel quadro generale di qualificazione. Ai fini dell’iscrizione negli atti del catasto della sussistenza del requisito di ruralità in capo ai fabbricati rurali di cui al comma 1, diversi da quelli censibili nella categoria D/10 (Fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole), è apposta una specifica annotazione. Per il riconoscimento del requisito di ruralità, si applicano le disposizioni richiamate al D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1994, n. 133. Art. 2, Presentazione delle domande per il riconoscimento del requisito di rurali “; – dal D.L. 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, in L. 28 ottobre 2013, n. 124, art. 2, comma 5 ter, che ha stabilito che “ai sensi della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 1, comma 2, il D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 3, comma 14 bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214, deve intendersi nel senso che le domande di variazione catastale presentate ai sensi del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, art. 7, comma 2 bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 13 maggio 2011, n. 106, e l’inserimento dell’annotazione degli atti catastali, producono gli effetti previsti per il requisito di ruralità di cui al D.L. 30 dicembre, n. 557, art. 9, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni, a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda”. Si tratta di disposizioni che rafforzano l’orientamento esegetico già adottato dalle SSUU nel 2009, in quanto disciplinano le modalità (di variazione-annotazione) attraverso le quali è possibile pervenire alla classificazione della ruralità dei fabbricati, anche retroattivamente, onde beneficiare dell’esenzione Ici, sulla base di una procedura ad hoc che non avrebbe avuto ragion d’essere qualora la natura esonerativa della ruralità fosse dipesa dal solo fatto di essere gli immobili concretamente strumentali all’attività agricola, a prescindere dalla loro classificazione catastale conforme;

ritenuto che la CTR non si è attenuta ai suddetti principi laddove ha apoditticamente ritenuto che debba essere il contribuente a dimostrare le caratteristiche della ruralità nel quinquennio precedente la sua formalizzazione e che l’effetto retroattivo di cinque anni della classificazione dell’immobile come rurale non consenta di ottenere il rimborso delle imposte già pagate – come nel caso di specie – in quel quinquennio, quando invece da un lato è la stessa disciplina di legge a prevedere espressamente tale retroattività per cinque anni e dall’altro esiste un generale principio secondo cui si ha diritto al rimborso delle imposte pagate quando, a seguito di ius superveniens avente efficacia retroattiva, l’imposta pagata risulti non più dovuta (Cass. 22 febbraio 2018, n. 4291; Cass. 17 maggio 2017, n. 12269; Cass. 6 maggio 2015, n. 9034);

ritenuto pertanto che il motivo è fondato, che dunque il ricorso della società contribuente va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2019

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