Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3230 del 12/02/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 3230 Anno 2014
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: BALESTRIERI FEDERICO

SENTENZA
sul ricorso 18825-2010 proposto da:
PETTINARI PAOLO C.F. PTTPLA59H21G157U, elettivamente
domiciliato in ROMA, PIAZZA DELLA LIBERTA’ 20, presso
lo studio dell’avvocato DE MARCO ADA, rappresentato e
difeso dall’avvocato ARIGLIANI PIERLUIGI, giusta
delega in atti;
– ricorrente –

2013
3755

r

contro

COMUNE DI CASTELFIDARDO P.I. 00123220428, in persona
del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA MAGLIANO SABINA 24, presso lo studio

Data pubblicazione: 12/02/2014

dell’avvocato PETTINARI LUIGI, rappresentato e difeso
dall’avvocato LUCCHETTI ALESSANDRO, giusta delega in
atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n.

394/2009 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/12/2013 dal Consigliere Dott. FEDERICO
BALESTRIERI;
udito l’Avvocato LUCCHETTI ALESSANDRO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO, che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

di ANCONA, depositata il 24/08/2009 R.G.N. 825/2006;

Svolgimento del processo
Con ricorso depositato il 26 novembre 2003 il maggiore Pettinari Paolo,
comandante della polizia municipale del Comune di Castelfidardo,
conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Ancona il Comune chiedendo
l’annullamento della sanzione conservativa inflittagli, all’esito di
procedimento disciplinare, con determinazione del 19 luglio 2003, della

stipendio), nonché la condanna del datore di lavoro al risarcimento dei
danni all’immagine provocatigli, a seguito della “divulgazione del
procedimento/provvedimento disciplinare…”, nella misura di giustizia.
Il ricorrente deduceva profili di illegittimità formali (quali la illegittima
costituzione ed incompetenza dell’Ufficio per i procedimenti disciplinari, vizi
formali del procedimento disciplinare per assenza di istruttoria e denegata
difesa, vizi del prowedimento di irrogazione per mancata indicazione della
norma contrattuale violata), sostenendo che i fatti addebitati (l’invio di due
agenti della polizia municipale ad un convegno fuori sede a Pesaro
nonostante l’espresso diniego di autorizzazione da parte della Giunta
comunale) erano infondati e, comunque, che la sanzione era eccessiva
siccome troppo severa e non proporzionata ai fatti.
Il Comune si costituiva in giudizio resistendo alla domanda.
Con sentenza resa il 21 marzo 2006, il Tribunale, verificata l’assenza dei
denunciati vizi formali, ritenuto provato l’addebito e proporzionata la
sanzione, rigettava le domande e condannava il ricorrente al pagamento
delle spese.
Nella motivazione della decisione, il giudice di prime cure riteneva, tra
l’altro, provati i fatti addebitati (ammessi dallo stesso ricorrente in sede di
interrogatorio formale), attesa la pacifica violazione da parte del Pettinari
della direttiva impartita dal sindaco con nota n. 4921 del 3 marzo 1998 e,
pertanto, la violazione dell’art. 25, comma 4, lettera B) del C.C.N.L. per
condotta non conforme ai principi di correttezza verso superiori.
Avverso tale sentenza proponeva appello il Petbnari ribadendo le difese
svolte in primo grado.

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multa di 4 ore di retribuzione (con restituzione della trattenuta sullo

L’appellante, dopo aver illustrato le ragioni a sostegno di una pretesa
persecuzione attuata nei suoi confronti dal Comune di Castelfidardo in
conseguenza di una sua richiesta di distacco sindacale attuata 11 18 marzo
2003, ha sostenuto peraltro che da tale giorno erano iniziati i procedimenti
disciplinari a suo carico da parte di quell’ Amministrazione.
Radicatosi il contraddittorio, l’appellato resisteva al gravame, evidenziando

fatti verificatisi ancor prima del distacco sindacale.
13 Con sentenza depositata il 24 agosto 2009, la Corte d’appello di Ancona
rigettava il gravame, condannando il Pettinari al pagamento delle spese.
Per la cassazione propone ricorso quest’ultimo, affidato a due motivi.
Resiste il Comune con controricorso, poi illustrato con memoria.
Motivi della decisione
1.-Con il primo motivo il ricorrente denuncia “omessa e\o insufficiente
motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio; falsa rappresentazione
della realtà; decisione difforme alla giurisprudenza della Corte di
Cassazione. Il dr. Claudio Senatori è incompatibile con la qualità di
responsabile dell’ufficio per i procedimenti disciplinari perché controparte
del dr. Pettinari in altri giudizi”.
Lamenta che il Pettinari era controparte di esso ricorrente in altri giudizi,
sicché non poteva garantire la serena e distaccata valutazione dei fatti,
requisito di terzietà necessario per la regolare composizione dell’Ufficio
disciplinare.
1.1.-I1 motivo è infondato.
Ed invero, a prescindere dalla considerazione che il concetto di terzietà è
connaturale al procedimento giurisdizionale e non a quello disciplinare
(ove l’organo disciplinare è necessariamente parte del rapporto lavorativo,
e portatore, in tale veste, di interessi contrapposti a quelli del lavoratore),
deve evidenziarsi che la Corte di merito ha adeguatamente motivato circa
la legittimità della sanzione irrogata dal competente ufficio disciplinare del
Comune, e tale motivazione non viene specificamente censurata in questa
sede.

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– tra l’altro – come la genesi della incolpazione fosse, viceversa, riferibile a

2.- Con il secondo motivo il ricorrente denuncia una “omessa motivazione
su di un punto decisivo della controversia: la gestione del personale è
prerogativa del comandante della Polizia Municipale. Divieto di ingerenza
dell’organo politico”.
Lamenta che l’art. 4 del d.lgs n. 165 del 2001 stabilisce che: “Ai dirigenti
spetta l’adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, compresi tutti

gestione finanziaria, tecnica e amministrativa mediante autonomi poteri di
spesa di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo.
Essi sono responsabili in via esclusiva dell’attività amministrativa, della
gestione e dei relativi risultati” (comma 2), ed ancora che: “Le attribuzioni
dei dirigenti indicate dal comma 2 possono essere derogate soltanto
espressamente e ad opera di specifiche disposizioni legislative” (comma
3), con la conseguenza che non poteva essere sottratta alla competenza
del comandante della Polizia Municipale l’emanazione di meri atti
amministrativi di gestione, quali lo stabilire quali agenti debbano
frequentare giornate di studio di aggiornamento professionale.
Lamenta ancora che l’art. 27, comma 4, del c.c.n.l. 14.4.96 del comparto
autonomie locali stabiliva che l’azione disciplinare nei confronti di un
funzionario che violi una direttiva presuppone l’inosservanza di direttive
generali per l’attività amministrativa e la gestione, i cui contenuti siano
stati espressamente qualificati di rilevante interesse per l’amministrazione.
Evidenzia che la L.R. Marche n. 38\88 e la L. n. 65\86 stabiliscono che il
Comandante è il massimo superiore gerarchico della struttura della Polizia
Municipale, che non può avere al suo vertice un dirigente amministrativo.
Il motivo è inammissibile, per non contenere alcuna, tanto meno
specifica, censura alla motivazione della sentenza impugnata.
Deve infatti rilevarsi che, alla stregua della consolidata giurisprudenza di
questa Corte, la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza
impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità
non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale
sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo

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gli atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, nonché la

della correttezza giuridica e della coerenza logico – formale, delle
argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via
esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di
assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la
concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle
ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse

prova acquisiti; con la conseguenza che il preteso vizio di motivazione,
sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della
medesima, può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel
ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del
mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia,
prospettato dalle parti o rilevabile di ufficio, owero quando esista
insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate,
tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico – giuridico
posto a base della decisione (cfr, ex plufimis, Cass., SU, nn. 13045/1997;
5802/1998). Ne discende che le censure concernenti i vizi di motivazione
devono indicare quali siano gli elementi di contraddittorietà o illogicità che
rendano del tutto irrazionali le argomentazioni del giudice del merito e non
possono risolversi nella richiesta di una lettura delle risultanze processuali
diversa da quella operata nella sentenza impugnata, ovvero in una
generica richiesta di riesame (cfr. ex pludmis, Cass.n.10833\10; Cass. nn.
8718/2005; 15693/2004; 2357/2004; 12467/2003; 16063/2003;
3163/2002).
Nella specie il ricorrente si limita a fornire un suo quadro dell’astratta
disciplina legale o contrattuale collettiva della materia, senza tuttavia
neppure indicare quale siano i vizi della motivazione della sentenza
impugnata.
Deve peraltro evidenziarsi che l’art. 4 del d.lgs n. 165\01 riguarda i
dirigenti della p.a. e non i funzionari

(ex alils, Cass. ord. n. 4757\11), sia

pure, come il Pettinari, adibiti a posizione apicale e cioè titolari delle
posizioni organizzative disciplinate dagli artt. 8 e seguenti del CCNL del

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sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di

31.3.99 enti locali. Quanto alla doglianza relativa alla sottoposizione della
Polizia Municipale ad un dirigente amministrativo, a prescindere da ogni
altra considerazione, deve evidenziarsi che l’infrazione contestata risulta
essere quella di aver inviato due agenti della polizia municipale ad un
convegno fuori sede a Pesaro, nonostante l’espresso diniego di
autorizzazione da parte della Giunta comunale e non di un qualsivoglia

3.-Il ricorso deve pertanto rigettarsi. Le spese di lite seguono la
soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q. M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese
del presente giudizio di legittimità, che liquida in E.100,00 per esborsi,
E.2.500,00 per compensi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 18 dicembre 2013
Il Consigliere est.

Il Presidente

dirigente amministrativo.

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