Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32297 del 13/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 13/12/2018, (ud. 31/10/2018, dep. 13/12/2018), n.32297

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto proposto da:

S.E.C.AM.- Società per l’Ecologia e l’Ambiente S.p.A., in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

Roma, via Caccini n. 1 presso lo studio dell’Avv. DEGLI ESPOSTI

ANDREINA che la rappresenta e difende unitamente all’Avv. TARABINI

GIORGIO per procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA delle ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n.12 presso

gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato che li rappresenta e

difende;

– resistente –

per la cassazione della sentenza n. 3050/12/2014 della Commissione

tributaria regionale della LOMBARDIA, depositata il 10 giugno 2014.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

31 ottobre 2018 dal relatore Cons. CRUCITTI ROBERTA.

Fatto

RITENUTO

Che:

S.E.C.AM.-Società per l’Ecologia e l’Ambiente S.p.a., impugnò l’atto di ingiunzione emesso dall’Agenzia delle Entrate ai fini del recupero dell’IRPEG e dell’ILOR non versata nell’anno di imposta 1996, avendo la stessa usufruito della temporanea esenzione dal pagamento delle suddette imposte, accordata in favore delle società per azioni a partecipazione pubblica maggioritaria, esercenti servizi pubblici; esenzione ritenuta dalla Commissione della CE, con decisione n. 2003/193/CE, avente natura di “aiuto di Stato” incompatibile con i criteri fissati dall’art. 87 del Trattato;

la Commissione tributaria di prima istanza accolse il ricorso, accogliendo l’eccezione di prescrizione decennale sollevata dalla Società, e la decisione, appellata dall’Agenzia delle entrate, venne integralmente confermata dalla C.T.R. della Lombardia;

proposto ricorso per cassazione da parte dell’Agenzia delle entrate, questa Corte con sentenza n. 15211 del 12 settembre 2012, accoglieva il primo motivo di ricorso (relativo alla tardività dell’eccezione di prescrizione siccome sollevata solo con memoria illustrativa e in violazione dei termini di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43), dichiarava assorbiti i restanti e rinviava al Giudice di merito affinchè decidesse sulle altre questioni dedotte con gli ulteriori motivi di gravame;

riassunto il giudizio, la Commissione tributaria regionale della Lombardia, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettava il ricorso in riassunzione proposto dalla Società e dichiarava fondato e legittimo l’atto di comunicazione/ingiunzione di pagamento;

per la cassazione della sentenza S.E.C.AM s.p.a. ha proposto ricorso affidandosi a due motivi;

l’Agenzia delle entrate ha depositato atto al solo fine dell’eventuale partecipazione alla pubblica udienza;

il ricorso è stato fissato in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2, e dell’art. 380 bis1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016 n. 168, art. l-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016 n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo si deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere il Giudice del rinvio omesso di pronunciare sulla questione relativa all’applicabilità nel caso in specie dello Statuto del contribuente, art. 3 (oggetto di motivo di appello proposto dall’Agenzia delle entrate tendente a contrastare il correlato motivo di impugnazione dell’ingiunzione);

1.1. inoltre, sempre secondo la prospettazione difensiva, la C.T.R., adita in sede di rinvio, aveva omesso di pronunciare sull’eccezione di contrasti tra giudicati tra la sentenza n. 92/2009 resa dalla C.T.R. e quella resa nel 2012 da questa Corte in ordine alla tempestività dell’eccezione di prescrizione;

2. Con il secondo motivo si deduce la violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n.546, art. 47-bis, comma 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per non avere la C.T.R. deliberato la decisione in camera di consiglio con lettura del dispositivo ma seguito le vie ordinarie della pubblica udienza;

2.1. Tale ultimo motivo, seguendo l’ordine logico giuridico delle questioni prospettate, va trattato da primo ed è infondato;

2.2. questa Corte ha, infatti, già avuto modo di statuire che in tema di contenzioso tributario, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 47-bis, introdotto dal D.L. 8 aprile 2008, n. 59, art. 2, comma 1, (convertito dalla L. 6 giugno 2008, n. 101, applicabile a tutte le controversie in cui si discute del recupero di un aiuto di Stato e nel corso delle quali il contribuente abbia conseguito la sospensione dell’atto emesso in esecuzione della decisione comunitaria di recupero), stabilisce, al comma quinto, in funzione acceleratoria, che, al termine della discussione, il collegio delibera la decisione in camera di consiglio ed il presidente redige e sottoscrive il dispositivo e ne dà lettura in udienza a pena di nullità; tale disciplina si riferisce anche al processo di appello, prevedendo il comma 7 l’applicazione delle disposizioni di cui ai precedenti commi 4, terzo e quarto periodo, 5 e 6 ai giudizi innanzi alle commissioni tributarie regionali. Ne consegue che la sentenza di secondo grado relativa ad una controversia cui sia applicabile la disciplina di cui al citato art. 47-bis, quando non vi sia stata lettura del dispositivo in udienza, è nulla e deve essere cassata con rinvio (Cass. n.6534 del 27/04/2012);

2.3. nella specie, però, dagli atti (contenuto della sentenza impugnata e ricorso della Società) non si evince l’applicabilità di tale disposizione essendo rimasto indimostrato, anzi neppure prospettato, dalla Società ricorrente che la stessa avesse conseguito la sospensione dell’atto emesso in esecuzione della sentenza comunitaria di recupero;

3. anche la prima censura è infondata. Questa Corte, con la sentenza n. 15211/2012, dopo avere accolto il primo motivo del ricorso per cassazione, ha ritenuto assorbiti gli altri in quanto concernenti questioni attinenti al thema decidendum devoluto con i motivi del gravame al Giudice di appello e non esaminate dalla C.T.R. lombarda in quanto assorbite nella pronuncia di conferma della decisione di prime cure; ha, quindi, in dispositivo, rinviato ad altra C.T.R. affinchè decidesse sulle altre questioni dedotte con gli ulteriori motivi di gravame;

ora, tra i motivi il cui esame è stato ritenuto assorbito dalla Corte di cassazione e la cui decisione è stata rimessa al Giudice del rinvio non si rinviene il motivo di appello che, secondo la prospettazione difensiva sarebbe stato pretermesso dalla C.T.R. adita in sede di rinvio, nè tanto meno la Società ricorrente, con difetto di specificità, ha riprodotto, anche per stralcio, il contenuto dell’atto di appello ove sarebbe stato sviluppato il motivo in questione.

3.1.egualmente in ordine all’eccezione di giudicato va ricordato che, per costante giurisprudenza di questa Corte (cfr. tra le tante, Cass. n. 20311 del 4/10/2011; Cass.n. 29191 del 06/12/2017), a integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendosi ravvisare una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata con il capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico giuridica della pronuncia;

3.2. nella specie, la proposizione di tale eccezione era ben presente alla C.T.R. (la quale ne da atto nella parte della sentenza dedicata allo “svolgimento del processo”) che, però, esaminando nel merito i motivi di gravame, l’ha implicitamente rigettata;

4. in conclusione, alla luce delle considerazioni sin qui svolte, il ricorso va rigettato senza pronuncia sulle spese per la carenza di attività difensiva da parte dell’intimata.

5. ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento a parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Doppio contributo D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater.

Così deciso in Roma, il 31 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2018

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