Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32296 del 13/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 13/12/2018, (ud. 31/10/2018, dep. 13/12/2018), n.32296

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto proposto da:

I.A., elettivamente domiciliato in Roma, via di Porta

Pertusa 4, presso lo studio dell’Avv. AGATI OTTORINO e rappresentato

e difeso per procura a margine del ricorso dall’Avv. ATTANASIO

ANTONINO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA delle ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12 presso

gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza n. 14/13/2011 della Commissione

tributaria regionale della Toscana, depositata il 18 gennaio 2011.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

31 ottobre 2018 dal relatore Cons. CRUCITTI ROBERTA.

Fatto

RITENUTO

Che:

I.A. propone ricorso, su tre motivi, nei confronti dell’Agenzia delle entrate (che resiste con controricorso) avverso la sentenza, indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria regionale della Toscana (d’ora in poi C.T.R.) rigettandone l’appello, aveva confermato la decisione di primo grado di rigetto del ricorso proposto dal contribuente avverso avviso di accertamento, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, relativo a Irpef e Irap dell’anno 2005;

in particolare, il Giudice di appello accertava che l’attività di trasporto di cui trattasi (taxi), pur caratterizzata da finalità di pubblica utilità gode di agevolazioni derivanti da accordi intercorsi tra il Comune di Firenze e le associazioni di categorie e che l’Ufficio, al fine di neutralizzare eventuali contestazioni, ha concesso un abbattimento del 20% dei maggiori ricavi accertati tenendo nel dovuto conto l’utilizzo promiscuo della vettura, delle asserite corse a vuoto e del percorso dell’abitazione dal luogo di residenza al luogo di svolgimento dell’attività;

il ricorso è stato fissato in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2 e dell’art. 380-bis1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. con il primo motivo si deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 31, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, per avere la C.T.R. proceduto alla trattazione e decisione della controversia senza che la Segreteria avesse comunicato la data di trattazione;

1.1. la controricorrente ha contestato la fondatezza dell’eccezione rilevando che la fissazione dell’udienza di trattazione era stata effettuata dalla C.T.R. in sede di rigetto dell’istanza di sospensione;

1.2. la censura è infondata; dall’esame del fascicolo d’ufficio del grado di merito emerge che il contribuente è stato ritualmente reso edotto, tramite rituale comunicazione, della data fissata dalla Commissione regionale per la trattazione in pubblica udienza dell’appello e che la stessa Commissione, con provvedimento reso in udienza, nel rigettare l’istanza di sospensione ha rinviato la causa a udienza fissa per la trattazione nel merito;

1.3. ne consegue l’insussistenza della dedotta nullità alla luce del costante principio espresso da questa Corte (v. Cass. n. 10539 del 09/05/2007) per il processo civile ma estensibile al processo tributario ai sensi del rinvio disposto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art 49, secondo cui in tema di comunicazione dei provvedimenti del giudice, a mente dell’art. 176, le ordinanze pronunciate dal giudice in udienza ed inserite nel processo verbale a norma dell’art. 134 c.p.c., si reputano conosciute sia dalle parti presenti sia da quelle che avrebbero dovuto intervenire, e pertanto non devono essere comunicate a queste ultime dal cancelliere;

2. con il secondo motivo si deduce la nullità della sentenza per omessa pronuncia sui motivi di appello con violazione dell’art. 112 c.p.c.;

2.1. la censura è infondata. Per costante giurisprudenza di questa Corte (cfr. tra le tante, Cass. n. 20311 del 4/10/2011; Cass. n. 29191 del 06/12/2017) a integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendosi ravvisare una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata con il capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico giuridica della pronuncia;

2.2. nel caso in esame il Giudice di merito, dando conto di tutti gli elementi fattuali sottoposti al suo esame, ha rigettato nel merito la pretesa oppositiva avanzata dalla parte dimostrando di avere implicitamente ritenuto non meritevoli di accoglimento le ulteriori doglianze “formali” avanzate con l’atto di appello;

3. con il terzo motivo si censura, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la sentenza impugnata per omessa motivazione su un fatto controverso rappresentato dal dato della corsa media del servizio taxi in 3,2 km, ricavato dall’Agenzia delle entrate da un comunicato dell’Ufficio stampa del Comune di Firenze, senza che fosse mai stata effettuata alcuna indagine per stimare effettivamente la percorrenza media di una corsa taxi a Firenze;

3.1 la censura è inammissibile. Il mezzo, oltre che a essere rivolto più al contenuto dell’atto impositivo che alla sentenza impugnata, nei termini in cui è formulato tende ad un’inammissibile, in questa sede, rivisitazione dell’accertamento in fatto compiuto dal Giudice di merito (così in fattispecie sovrapponibile a quella odierna già Cass. n. 18906/2018);

4. Il ricorso va, pertanto, rigettato con condanna del ricorrente, soccombente, alle spese del giudizio liquidate in complessivi Euro 2.400,00 oltre spese prenotate a debito.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente alla rifusione in favore dell’Agenzia delle entrate delle spese che liquida in complessivi Euro 2.400,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 31 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2018

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