Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32290 del 13/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 13/12/2018, (ud. 30/10/2018, dep. 13/12/2018), n.32290

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto proposto da:

AGENZIA delle ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n. 12 presso

gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato che li rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

C.I.;

– intimato –

per la cassazione della sentenza n. 26/26/2011 della Commissione

tributaria regionale della SICILIA – Sez. distaccata di Messina,

depositata il 28 aprile 2011;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30 ottobre 2018 dal relatore Cons. Crucitti Roberta.

Fatto

RITENUTO

che:

La Commissione tributaria regionale della Sicilia – Sezione distaccata di Messina (d’ora in poi C.T.R.), con la sentenza indicata in epigrafe, rigettando l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, confermava la decisione di primo grado che, in accoglimento del ricorso proposto da C.I., aveva annullato l’avviso di accertamento relativo a Iva, Irpef e Irap dell’annualità 1999;

in particolare, il Giudice di appello riteneva che il criterio seguito ai fini della ricostruzione del volume di affari risultava privo di fondamento e immotivato, non esistendo prova di esistenza di documentazione extracontabile e che la percentuale media di ricarico, come applicata, non era significativa dimostrandosi il campione non rappresentativo di tutte le giacenze di magazzino laddove, peraltro, applicandosi gli studi di settore i ricavi dichiarati erano risultati congrui;

per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso l’Agenzia delle Entrate su due motivi;

l’intimato non ha svolto attività difensiva;

il ricorso è stato fissato in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2 e dell’art. 380 bis 1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1 bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo si deduce la violazione di legge per erronea e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39e dell’art. 2727 c.c., laddove la C.T.R. aveva annullato l’avviso di accertamento sull’errata convinzione che: i fatti posti a base dell’atto impositivo risultassero costruiti su elementi semplici o presuntivi privi dei requisiti della gravità, precisione e concordanza; non esisteva prova di documentazione extracontabile e, infine, il campione utilizzato, per determinare la percentuale di ricarico, non fosse significativo in quanto non rappresentativo di tutte le merci giacenti in magazzino;

2. con il secondo motivo si denuncia la sentenza impugnata di vizio di motivazione per avere il Giudice di appello omesso di considerare che i rilevamenti della Guardia di finanza avevano riguardato tutta la gamma dei beni oggetto di commercio trattati dalla ditta, classificati in articoli simili per caratteristiche merceologiche e per ricarico, individuando poi un campione largamente rappresentativi della realtà aziendale;

3. le censure, che possano essere esaminate congiuntamente siccome connesse, sono in parte inammissibili e in parte infondate;

3.1. in relazione al primo motivo va, invero, osservato che con lo stesso si censura il Giudice territoriale per non avere riconosciuto valore probatorio alla documentazione extracontabile rinvenuta in sede di accesso e dalla quale sarebbero emerse vendite “in nero”; ma il mezzo, cosi come formulato sotto l’egida della violazione di legge e, in particolare, delle norme in tema di presunzioni, è inconferente rispetto al decisum giacchè la C.T.R. ha negato in radice, con accertamento in fatto che non risulta attinto dal ricorso, la stessa esistenza della documentazione contabile o della mancata contabilizzazione di ricavi (cfr. pag 5 della sentenza impugnata);

3.2. eguale considerazione va svolta con riferimento alla doglianza relativa all’affermazione del Giudice di merito secondo cui la presunzione formulata in base “alla media semplice” e non in base “alla media ponderata” non aveva i requisiti di gravità, precisione e concordanza;

3.3. nella specie, il Giudice di merito ha, in realtà, fornito altra argomentazione a sostegno della sua decisione rilevando che l’Ufficio ha voluto contestare una evasione in base alla sola percentuale di ricarico (senza considerare percentuale di sconto generalizzato alla cassa..) ritenuta” percentuale media netta ponderata” calcolata su un campione di beni il cui valore era di poco inferiore al 10% del totale degli acquisti e che tale percentuale media, calcolata sui dati relativi ai prodotti raggruppati per categorie omogenee, rapportati al valore di incidenza dei prezzi di acquisto con quelli di vendita, non risulta essere significativa, stante la consistente varietà dei prezzi dei beni oggetto di vendita, dimostrandosi il campione non rappresentativo di tutte le merci esistente in magazzino, attesa la impossibilità di verificare l’analitica composizione quantitativa dei beni, nonchè il loro valore commerciale;

3.4. secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, ribadita di recente da Cass. n. 18695 del 12.4.2018, “la scelta da parte dell’Amministrazione finanziaria del criterio di determinazione della percentuale di ricarico deve rispondere a canoni di coerenza logica e congruità che devono essere esplicitati attraverso adeguato ragionamento, essendo consentito il ricorso al criterio della “media aritmetica semplice” in luogo della “media ponderale” quando risulti l’omogeneità della merce, ma non quando fra i vari tipi di merce esista una notevole differenza di valore ed i tipi più venduti presentino una percentuale di ricarico molto inferiore a quella risultante dal ricarico medio” (Cass., sent. n. 17952 cit.; cfr. anche n. 3197 del 2013; n. 26167 del 2011; n. 14328 del 2009). Parimenti, incide sulla valutazione della correttezza della scelta adottata dalla Amministrazione la congruità del campione selezionato per la comparazione tra i prezzi di acquisto e di rivendita, dovendo far riferimento tendenzialmente a tutte le merci commercializzate dalla contribuente, risultanti dall’inventario generale o comunque ad un gruppo significativo, per qualità e quantità (cfr. Cass., sent. n. 4312 del 2015; n. 6849 del 2009; n. 6086 del 2009);

3.5. nella specie, pertanto, la sentenza impugnata appare conforme ai principi, come sopra illustrati, statuiti in materia da questo Giudice di legittimità mentre l’accertamento in fatto (sulla non significatività del campione, sulla mancata considerazione della percentuale di sconto) compiuto dal Giudice di merito non risulta scalfito dalle doglianze, generiche e non specifiche, mosse con il secondo motivo di ricorso;

4. ne consegue il rigetto del ricorso, senza pronuncia sulle spese per assenza di attività difensiva da parte dell’intimato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 30 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2018

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