Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32285 del 13/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 13/12/2018, (ud. 18/10/2018, dep. 13/12/2018), n.32285

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, ex lege,

dall’Avvocatura Generale dello Stato, ed elettivamente domiciliata

presso i suoi uffici, alla via dei Portoghesi n. 12 in Roma;

– ricorrente –

contro

CASSIBBA TRA.S.P.ORT.I. S.r.l., in persona del legale rappresentante

pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta

in margine al controricorso, dall’Avv. Giuseppe Cristiano, che ha

indicato recapito PEC, ed elettivamente domiciliata presso lo studio

del Dott. Gianfranco Macigno, al corso duca di Genova n. 191 in

Roma;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 321, pronunciata dalla Commissione Tributaria

Regionale di Palermo, Sezione distaccata di Catania, in data

5.4.2012, e pubblicata il giorno 27.11.2012;

ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal

Consigliere Paolo Di Marzio.

La Corte osserva:

Fatto

FATTI DI CAUSA

la società Cassibba Trasporti Srl riceveva il 6.9.2000, dall’Agenzia delle Entrate, l’Avviso di accertamento n. (OMISSIS), attinente ad Irpeg ed Ilor in relazione all’anno 1996. L’avviso scaturiva da Processo Verbale di Costatazione (Pvc) redatto dalla Guardia di Finanza, mediante il quale si riteneva accertato che la parte, avendo ricevuto la prima parte di un contributo in conto capitale erogato dall’Irfis Mediocredito della Sicilia Spa, non aveva provveduto ad includerlo in contabilità quale sopravvenienza attiva, incorrendo nella violazione della normativa fiscale vigente. Il reddito dichiarato era pertanto elevato dall’Ente impositore da L. 15.808.000 a L. 282.302.000, con proporzionali maggiori tributi, interessi e sanzioni.

La società Cassibba impugnava l’accertamento innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Ragusa, chiarendo innanzitutto che le somme ricevute erano state temporaneamente accantonate in apposito fondo, perchè all’epoca mancavano i requisiti della certezza e della obiettiva determinabilità del contributo. In conseguenza le somme erano state incluse nelle passività, rappresentando un debito verso l’ente erogatore. Intervenuta nell’anno 1997 la definitiva concessione del contributo, l’importo ricevuto era stato stornato ed imputato a diminuzione del valore del cespite nell’attivo patrimoniale, scontando in tal modo la prevista imposizione. Contestava pertanto il vizio di motivazione, poichè l’atto risultava fondato per relationem su un Processo Verbale di Costatazione (Pvc) mai prodotto, e comunque l’infondatezza della pretesa tributaria. La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il primo motivo di ricorso ed annullava l’accertamento, non entrando nel merito della vicenda.

L’Agenzia delle Entrate impugnava la decisione innanzi alla Commissione Tributaria Regionale di Palermo, sezione distaccata di Catania, e produceva il Pvc redatto dalla Guardia di Finanza. Contestava, per quanto ancora di interesse, che un contributo in conto capitale effettivamente erogato, non può che essere incluso nella dichiarazione dei redditi quale sopravvenienza attiva, e non certo quale passività. La Commissione Tributaria Regionale osservava che la Risoluzione Ministeriale n. 9/606 del 4 maggio 1979 prevedeva che la imputazione dei contributi dovesse essere effettuata quando gli stessi avessero assunto i requisiti della certezza del diritto e della determinabilità in modo oggettivo. Il decreto di concessione del contributo, e di definitiva liquidazione dello stesso, era invece intervenuto non nell’anno 1996 in esame, bensì nell’anno 1997. Inoltre, l’Ente impositore non aveva fornito prova dell’an e del quantum del complessivo contributo al momento del versamento dell’acconto, e neppure aveva provato che “l’inserimento dell’acconto nel bilancio dell’esercizio 1997 abbia comportato, in concreto, un minore versamento d’imposta” (sent. CTR, p. 5), occorrendo anche evitare di incorrere in una doppia imposizione. Rigettava pertanto l’impugnativa proposta dall’Agenzia delle Entrate, e pure l’appello incidentale proposto dalla contribuente in materia di governo delle spese di lite.

Avverso la decisione della Commissione Tributaria Regionale di Palermo, sez. dist. di Catania, ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidandosi a due motivi. Resiste con controricorso la società Cassibba.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. – La ricorrente contesta, con il suo primo motivo di impugnazione, redatto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 55, comma 3, lett. b), nel testo vigente all’epoca dei fatti per cui è causa. Osserva l’Agenzia che il richiamo operato dalla Ctr alla Risoluzione Ministeriale n. 9/606 del 4 maggio 1979, risulta erroneo, perchè la circolare forniva chiarimenti in relazione ad un testo dell’art. 55 TUIR non più vigente a far data dal 1996. Il testo abrogato prevedeva che i contributi ricevuti dovessero essere iscritti tra le sopravvenienze attive quando fossero stati “conseguiti”. Il testo in vigore all’epoca dei fatti per cui è causa prevedeva invece, al comma 3, lett. b), che i contributi in conto capitale ricevuti dovessero essere iscritti in contabilità quali sopravvenienze attive quando “incassati”. La norma appariva quindi inequivoca nel prevedere che l’imputazione dovesse avvenire secondo il criterio di cassa e non di competenza. Il punto risultava chiarito anche nelle istruzioni per la compilazione della dichiarazione dei redditi, mod. 760, per l’anno 1997 in questione.

1.2. – La ricorrente contesta, con il suo secondo motivo di impugnazione, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 112 c.p.c., per avere la Commissione Tributaria Regionale pronunciato in assenza di domanda. La questione “dell’an e del quantum del complessivo contributo al momento del versamento dell’acconto” (ric., p. 7), infatti, non è mai risultata controversa tra le parti.

2.1. – 2.2. – Con i suoi due motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente tenuto conto della loro intima connessione, l’Agenzia delle Entrate contesta innanzitutto l’erronea individuazione della norma applicabile da parte della Commissione Tributaria Regionale impugnata. La critica appare fondata. Sembra opportuno ricordare che, nell’anno in questione, la società Cassibba aveva conseguito l’erogazione della prima parte di un contributo in conto capitale, che aveva iscritto in bilancio tra le passività, ritenendo che lo stesso ancora non fosse certo ed oggettivamente determinabile, e non tra le sopravvenienze attive. Il testo del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 55, comma 3, prevedeva che “i proventi in denaro o in natura conseguiti a titolo di contributo o di liberalità… concorrono a formare il reddito nell’esercizio in cui sono stati incassati…”. Il valore del contributo doveva pertanto essere incluso nelle sopravvenienze attive, e non tra le passività, con ovvie ricadute sui maggiori tributi da applicarsi. Il riferimento operato dalla Commissione Tributaria Regionale impugnata alla Risoluzione Ministeriale n. 9/606 del 4 maggio 1979 risulta, in proposito, effettivamente improprio, perchè il regolamento ministeriale forniva delucidazioni in relazione al precedente testo della norma, quando la stessa prevedeva che i contributi dovessero essere inseriti in contabilità quando “conseguiti”, e non quando “incassati”. Questa Suprema Corte ha del resto già avuto modo di chiarire, che “in tema di determinazione del reddito d’impresa, sono contributi in conto capitale e, quindi, sopravvenienze attive, che concorrono a formare il reddito nell’esercizio in cui sono incassati (criterio di cassa)… quelli erogati per incrementare i mezzi patrimoniali del beneficiario”, Cass. Sez. 5, Sent. n. 23555 del 18/11/2015, conf. Cass. sez. 5, sent. n. 13734 del 06/07/2016. Avendo la società Cassibba ottenuto la concreta erogazione della prima parte del contributo nell’anno 1996, avrebbe dovuto indicarne il valore, applicandosi il criterio c.d. di cassa, nella dichiarazione dei redditi relativa a quell’anno e presentata nell’anno 1997, iscrivendolo tra le sopravvenienze attive.

La società Cassibba ha replicato in controricorso che il secondo motivo di impugnazione proposto dall’Agenzia delle Entrate risulterebbe inammissibile, perchè la Commissione Tributaria Regionale ha deciso chiarendo di pronunciare su questioni le quali potevano essere comunque rilevate d’ufficio, evidentemente rendendosi conto che le stesse non erano state proposte dalle parti.

In proposito deve osservarsi che, avendo comunque la CTR fondato la propria decisione su più ragioni, era evidentemente onere della ricorrente contestarle tutte, e l’Agenzia ha correttamente ottemperato all’onere processuale. La questione relativa alla mancata prova, da parte dell’Agenzia delle Entrate, “dell’an e del quantum del complessivo contributo al momento del versamento dell’acconto”, anche se esaminata e decisa d’ufficio dalla Commissione Tributaria Regionale, risulta, però, ininfluente. Il presente giudizio ha ad oggetto l’imputazione contabile, e le conseguenze tributarie, dell’iscrizione di una parte di un contributo in conto capitale effettivamente erogato in favore della controricorrente. In relazione a questa problematica l’ammontare del complessivo contributo pervenuto alla parte non appare rilevante. Inoltre, nell’avviso di accertamento l’Agenzia ha indicato i maggiori importi conseguenti alla corretta imputazione contabile del valore del contributo, che traggono la propria solida prova proprio nell’errata imputazione in cui è incorsa la ricorrente, che ha iscritto le somme tra le passività e non tra le sopravvenienze attive, e questo dato, effettivamente, neppure risulta essere stato contestato.

In conseguenza delle osservazioni che precedono, il ricorso deve essere accolto e l’impugnata sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Palermo, sezione distaccata di Catania, deve essere cassata, confermandosi l’avviso di accertamento contestato.

Le spese di lite seguono la soccombenza, e sono liquidate come quantificate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso proposto dalla Agenzia delle Entrate, e per l’effetto cassa la decisione impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introdotto dalla CASSIBBA Srl, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, e conferma l’avviso di accertamento impugnato.

Condanna la CASSIBBA Srl al pagamento delle spese di lite in favore della ricorrente Agenzia delle Entrate, e le liquida nella misura di Euro 3.700,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito; compensa spese dei gradi di merito.

Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2018

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