Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3228 del 12/02/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 3228 Anno 2014
Presidente: COLETTI DE CESARE GABRIELLA
Relatore: NAPOLETANO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso 20175-2008 proposto da:
I.N.P.S.

– ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA

SOCIALE, C.F. 80078750587 in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA CESARE BECCARIA N. 29, presso
l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e
2013
3737

difeso dagli avvocati MARITATO LELIO, LUIGI CALIULO,
CORETTI ANTONIETTA, giusta delega in attiì
– ricorrente contro

TATTA GIOVANNA C.F. TTTGNN72H41B160E, TATTA GIANCARLO

Data pubblicazione: 12/02/2014

C.F. TTTGCL42M29I676Q, elettivamente domiciliati in
ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI 72, presso lo studio
dell’avvocato ANGELO MARIO ROBERTI, che li
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– controri correnti –

di BOLOGNA, depositata il 24/07/2007, R.G.N. 862/03;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/12/2013 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
NAPOLETANO;
udito l’Avvocato EMANUELE DE ROSE per delega LELIO
MARITATO;
udito l’Avvocato SERGIO CIANNELLA per delega ANGELO
MARIO ROBERTI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso.

avverso la sentenza n. 240/2005 della CORTE D’APPELLO

RG 20175-08

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza di cui si chiede la cassazione la Corte di Appello di
Bologna, confermando la sentenza del Tribunale di Ravenna, accoglieva
il ricorso di Giancarlo Tatta e Giovanna Tatta, proposto nei confronti

erano tenuti, quali investigatori privati, agli obblighi contributivi
nei confronti dell’INPS fino a tutto il 1996 con conseguente condanna
dell’ Istituto convenuto a restituire le somme corrisposte a titolo di
contributi.

A base del

decisum

la Corte del merito poneva il fondante rilievo

secondo il quale l’attività d’investigatori privati svolta dai Tatta
non era qualificabile commerciale poiché gli stessi, muniti di due
autorizzazioni rilasciate dal Prefetto di Ravenna, non si erano
limitati ad una semplice raccolta d’informazioni commerciali, ma,
nell’eseguire le investigazioni, avevano attuato valutazioni,
elaborazione e sintesi dei dati raccolti con netta prevalenza
dell’aspetto intellettuale su quello di mera prestazione materiale.

Avverso questa sentenza l’INPS ricorre in cassazione sulla base di
un’unica censura.

Resistono con controricorso le parti intimate.

MOTIVI DELLA DECISIONE

• Con l’unica censura l’INPS, denunciando violazione e falsa applicazione
degli artt. 1 della legge n. 613 del 1966, 29, comma 1,della legge n.

dell’INPS, diretto ad ottenere la declaratoria che essi ricorrenti non

160 del 1975, 29 della legge n.1397 del 1960, 49, lett. d), nonché
della legge n. 662 del 1996,formula il seguente interpello: “l’attività
d’investigatore privato svolta prima dell’entrata in vigore della legge
n.662 del 1966, consistente nella raccolta ed elaborazione di
.informazioni da comunicare al soggetto committente, in quanto

può essere inquadrata, sotto il profilo della tutela previdenziale, nel
settore commercio?”.

Il ricorso, alla luce di specifico precedente di legittimità,pienamente
condiviso dal Collegio, è fondato.

Questa Corte, infatti, con sentenza del 5 agosto 2008 n. 21137 ha
sancito il principio secondo cui 1″attività di investigatore privato,
volta alla produzione di un servizio di acquisizione di dati e di
elaborazione degli stessi, va inquadrata ai fini previdenziali
assistenziali nel settore del commercio, con la conseguenza che chi
esercita tale attività deve iscriversi non alla gestione separata di
cui all’art. 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995 – non essendo le
professioni intellettuali oggetto di detta normativa assimilabili
all’attività professionale svolta dall’investigatore privato – ma nella
gestione assicurativa degli esercenti le attività commerciali, in
applicazione del disposto della lett. d) dell’art. 49 della legge n. 88
del 1989, che, nel classificare ai fini previdenziali ed assistenziali
(in forza di una norma generale ed esaustiva della materia, come tale
modificabile solo attraverso successive norme speciali) le diverse
attività lavorative e nell’includere nel settore terziario quelle
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sostanzia una delle attività dell’art. 49, comma l, lett. d) 1.n.88/8,

commerciali, comprende in esse anche le attività che si concretizzano
in una prestazione di servizi.

Tanto questa Corte fonda, nella citata sentenza,sulla considerazione
. che la 1. 9 marzo 1989 n. 88 ha introdotto un nuovo e più moderno

a sostituire il precedente art. 2135 cc e, dall’altro, ad assumere una
valenza generale per fornire una collocazione delle diverse imprese
valida per tutti i fini previdenziali, con l’abbandono di un assetto
ordinamentale che presentava l’inconveniente di apprestare criteri di
inquadramento delle imprese tra loro divergenti, a seconda della natura
dei singoli contributi da versare ai diversi enti assicurativi.
Con l’ art. 49 della citata legge,si precisa nella sentenza in parola,
sono stati così fissati come criteri classificatori – validi a tutti i
fini previdenziali ed assistenziali – cinque distinti e ben specificati
comparti (industria, artigianato,

agricoltura, terziario, credito;

assicurazione e tributi), e per di più si è proceduto rispetto al
passato ad una riduzione dell’area delle attività industriali perché le
attività di produzioni di servizi, con la normativa di cui trattasi,
concorrono ora a formare il settore del “terziario”, che con il passare
del tempo è venuto ad acquisire, nell’economia del paese, spazi sempre
più crescenti e rilevanti anche in termini occupazionali.
Pertanto, secondo questa Corte, ex art. 49, lett. d) della l. n. 88 del
. 1989, sono classificabili nel settore terziario le attività
‘commerciali, ivi comprese quelle turistiche, le attività di produzione,
intermediazione e prestazione di servizi anche finanziari, e le

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‘sistema classificatorio delle attività datoriali idoneo, per un verso,

attività professionali ed artistiche nonché le relative attività
ausiliarie.
L’indicata onnicomprensività della disciplina prescritta, che ha ad
oggetto più che le “imprese” i “datori di lavoro” – perché si prescinde
dall’esercizio in forma imprenditoriale delle diverse attività prese in

trattasi, nel terziario pure “le attività professionali” anche se le
stesse vengono svolte in forma di impresa.Corollario di quanto sinora
rilevato e, più specificamente, del più volte rimarcato carattere
generale della disciplina in esame, è che nella individuazione di
criteri determinativi e regolatori degli obblighi contributivi non può
che farsi riferimento – in assenza di norme successive dotate di una
peculiare specificità – ai comparti indicati nell’art. 49 con la
conseguenza che correttamente, si sottolinea nella menzionata
sentenza, l’INPS procede all’inquadramento di coloro che forniscono un
servizio investigativo a persone o enti a ciò interessati nella
gestione dei commercianti, non potendosi costoro considerarsi liberi
professionisti, come tali iscrivibili nella gestione separata per i
lavoratori autonomi di cui al del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art.
49 e dalle successive modifiche. Neppure è condivisibile, si rimarca
nella sentenza in parola, la tesi volta ad equiparare, ai fini
previdenziali, l’attività svolta dall’ investigatore privato a quella
caratterizzante le (libere) professioni intellettuali ex art. 2229 cc,
.per le quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi ed elenchi.
Infatti, non può trascurarsi la considerazione che nel nostro

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considerazione – porta ad includere, si afferma nella sentenza di cui

ordinamento è con frequenza riscontrabile una classificazione di una
stessa attività lavorativa in forme divergenti a seconda delle
differenziate finalità cui è funzionalizzata la classificazione stessa,
come è dimostrato tra l’altro dall’indirizzo giurisprudenziale secondo
. cui la classificazione di una impresa ai fini del beneficio della cassa

all’inquadramento della stessa impresa ai fini, invece, previdenziali
(Cfr. al riguardo: Cass. 5 marzo 2004 n. 4335 ed in epoca più recente
Cass. 25 gennaio 2007 n. 1675).

Del resto, sottolinea questa Corte nella sentenza in parola, non può
negarsi una netta distinzione tra le professioni intellettuali che
richiedono ex art. 2229 cc l’iscrizione in appositi albi ed elenchi, e
quella di investigatore privato che presta i suoi servizi a favore di
quanti hanno necessità di acquisire notizie o conoscenze, e che per il
disposto del R.D. 18 giugno 1931 n. 773, art. 134, richiede, invece,
apposita licenzia e l’iscrizione nel registro delle imprese.
Tutto ciò porta a concludere che nel “settore terziario” confluiscono,
oltre alle tradizionali attività del commercio, del turismo, dei
pubblici esercizi, dei professionisti e degli artisti, tutte le
attività di produzione e prestazione dei servizi alle imprese e di
intermediazione nella produzione e prestazione dei servizi stessi,
sicché per effetto di tale definizione di settore confluiscono ora nel
. terziario le attività che, prima dell’entrata in vigore della L. n. 88
‘del 1989, art. 49, venivano normalmente attribuite alla industria,
quali quelle di leasing, di factoring, di marketing,

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di organizzazione

integrazione guadagni si pone in termini distinti rispetto

e consulenza aziendale, di servizi di pulizia di uffici e stabilimenti,
di servizi di nettezza urbana e similari, di stabilimenti idropinici e
idrotermali, nonché delle case di cura e degli istituti di vigilanza.
D’altro canto dalla 1. n. 88 del 1989, art. 49,1ett. d), emerge la
-volontà del legislatore di equiparare ed assimilare le attività

professionali ed artistiche” al fine di assicurare, anche a queste
ultime attività, una analoga tutela previdenziale, ma nello stesso
tempo emerge l’intento di differenziare la posizione di coloro che
prestano un servizio, sia pure di natura professionale, dai
professionisti in senso stretto (quali, ad esempio, gli avvocati), non
bisognosi di alcuna tutela perché già scritti ad un albo ed ad una
cassa previdenziale.

In tale ottica ricostruttiva va, secondo questa Corte, individuata la
ratio

del disposto della 1. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26,

rappresentata, non certo dalla volontà di abrogare (in via espressa o
implicita) la generale ed esaustiva normativa dettata dalla L. n. 88
del 1989, art. 49, nella parte in cui assegna al commercio ogni
attività di produzione di servizi (quale quella dell’investigatore
privato), ma dalla diversa volontà di riconoscere un trattamento
pensionistico in favore di quei liberi professionisti che, seppure
iscritti in appositi albi professionali, risultavano all’epoca
– sprovvisti di una cassa previdenziale(quali ad esempio gli psicologi) e
che, quindi, non avevano a livello previdenziale ed assistenziale una

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commerciali, comprese quelle di prestazione di servizi, alle “attività

tutela efficacie come quei professionisti già iscritti, invece, ad una
propria cassa.

In tale assetto va letto anche il disposto del comma 202 della L. 23
. dicembre 1996, n. 662, art. l – a norma del quale “A decorrere dal l

vecchiaia ed i superstiti di cui alla L. 22 luglio 1966, n. 613, e
successive modificazioni ed integrazioni, è estesa ai soggetti che
esercitino in qualità di lavoratori autonomi le attività di cui alla L.
9 marzo 1989, n. 88, art. 49, comma l, lett. d), con esclusione dei
professionisti ed artisti” – che non può essere considerato come
modificativo, ai fini previdenziali ed assistenziali, della
classificazione delle attività operato dalla L. n. 88 del 1989, ma anzi
va configurato come norma di chiusura dell’intero sistema, volta così
ad attestare, in via definitiva, come l’iscrizione nel settore
commercio debba contemplarsi anche per quei lavoratori autonomi che
spiegano una attività di cui alla L. n. 88 del 1989, art. 49, comma l,
lett. d) e che, quindi, svolgano una attività professionale che,
seppure qualificata per l’apporto intellettuale che richiede, non è
però inquadrabile in quella propria dei “professionisti”.

Alla stregua delle riportate considerazioni, che in questa sede vanno
ribadite, la sentenza impugnata, espressione di un diverso principio,
va, conseguentemente cassata e non essendo necessari ulteriori
accertamenti di fatto, decidendosi, ex art. 384, o comma, cpc, nel
merito va rigettata la originaria domanda degli attuali resistenti.

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gennaio 1997 l’assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la

Le spese dell’intero processo considerato il diverso orientamento
espresso dal Tribunale e dalla Corte di appello nonché l’epoca del
richiamato intervento di questa Corte vanno compensate.

P.Q.M.

nel merito rigetta la domanda di Tatta Giancarlo e Tatta Giovanna e
compensa le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 18 dicembre 2013
Il Presidente

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo

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