Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32248 del 10/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 10/12/2019, (ud. 15/10/2019, dep. 10/12/2019), n.32248

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31004-2018 proposto da:

K.L., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO

SASSI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO

DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI SALERNO SEZIONE DI CAMPOBASSO

80185690585, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI

CAMPOBASSO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2851/2017 R.G. del TRIBUNALE di CAMPOBASSO,

depositata il 06/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ALBERTO

PAZZI.

Fatto

RILEVATO

che:

1. con decreto in data 6 settembre 2018 il Tribunale di Campobasso rigettava il ricorso proposto da K.L. avverso il provvedimento di diniego di protezione internazionale emesso dalla locale Commissione territoriale al fine di domandare il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 2 e 14, e del diritto alla protezione umanitaria ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, del D.Lgs.n. 286 del 1998, art. 32, comma 3, e art. 5, comma 6;

in particolare il Tribunale, una volta constatato come il racconto del richiedente asilo (il quale aveva riferito di essere fuggito dal Gambia dopo essere stato interrogato dalla polizia a proposito di un incendio a lui sconosciuto, nel timore di nuove convocazioni) non fosse credibile, rilevava che nella sua regione di provenienza non era in atto una violenza indiscriminata, constatava la mancata dimostrazione di peculiari fattori di vulnerabilità e, di conseguenza, rigettava le domande proposte, revocando l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato;

2. ricorre per cassazione avverso questa pronuncia K.L. al fine di far valere tre motivi di impugnazione;

l’intimato Ministero dell’Interno non ha svolto alcuna difesa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

3.1 il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 1, lett. e) e g), artt. 3, 14 e del D.Lgs n. 25 del 2007, art. 16, comma 1, lett. b), nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, costituito dalla mancata valutazione della vicenda personale del richiedente asilo e della situazione esistente in Gambia: il Tribunale, senza offrire alcuna reale motivazione, avrebbe valutato non correttamente la vicenda personale del migrante, non riconoscendogli lo status di rifugiato pur in presenza di un ragionevole timore di subire serie persecuzioni in caso di rimpatrio;

il Tribunale inoltre avrebbe valutato in maniera ìnappropriata – ed in senso contrario a quanto ritenuto da una pluralità di giudici di merito l’attuale condizione del paese di origine, dove si erano verificate di recente violazioni dei diritti umani;

3.2 il secondo mezzo lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio costituito dalla mancata valutazione della situazione esistente in Gambia: il Tribunale non avrebbe effettuato alcuna valutazione comparativa fra la situazione di integrazione in cui si trovava in Italia il richiedente asilo e la situazione di vulnerabilità, per violazione o impedimento all’esercizio dei diritti umani inalienabili, a cui sarebbe stato esposto in caso di rimpatrio; oltre a ciò, posto che i seri motivi necessari per il riconoscimento di questa forma di protezione potevano essere ricondotti a situazioni tanto soggettive quanto oggettive relative al paese di provenienza, il Tribunale avrebbe omesso di considerare che le condizioni di vita del richiedente asilo nel paese di origine, dove vi era una situazione di insicurezza e instabilità tale da determinare la violazione dei diritti fondamentali della persona, erano oggettivamente del tutto inadeguate;

3.3 con il terzo motivo il ricorrente assume la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 74, comma 2, art. 136, comma 2, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 28-bis, comma 2, lett. a): il Tribunale avrebbe disposto la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato a motivo dell’insussistenza originaria dei relativi presupposti, benchè l’iniziativa giudiziale non fosse stata assunta con colpa grave nè fosse possibile ritenere che le ragioni del ricorso risultassero manifestamente infondate;

4. il ricorso risulta inammissibile, per una pluralità di differenti ragioni; 4.1 in primo luogo il ricorso privo di una compiuta esposizione dei fatti processuali, richiesta a pena d’inammissibilità dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3;

il ricorrente, in particolare, tace completamente sugli argomenti di fatto e di diritto posti a fondamento della sua istanza di protezione e della successiva impugnazione del rigetto dinanzi al Tribunale di Campobasso;

4.2.1 peraltro rispetto al primo motivo di ricorso, quanto al riconoscimento dello status di rifugiato, occorre considerare che la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma. 5, lett. c); questo apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile; si deve invece escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura e interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censure attinenti al merito (Cass. 3340/2019);

a fronte dell’accertamento da parte del Tribunale in merito alla non credibilità della narrazione delle vicende che avrebbero indotto il richiedente asilo ad abbandonare il suo paese, a cui ha fatto seguito la reiezione della richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato, la censura in esame non propone critiche che rientrino nel novero delle censure ammissibili e mira invece a una non consentita rivisitazione del merito della vicenda (Cass. 8758/2017);

4.2.2 ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, in particolare, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), è dovere del giudice verificare, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente, astrattamente riconducibile a una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, sulla base a un accertamento che deve essere aggiornato al momento della decisione (Cass. 17075/2018);

il Tribunale si è ispirato a simili criteri, laddove ha rappresentato che il Gambia non versa, stando alle fonti internazionali consultate ed espressamente indicate, in una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato interno;

anche sotto questo profilo la censura in realtà cerca di sovvertire l’esito dell’esame dei rapporti informativi valutati dal Tribunale, malgrado l’accertamento del verificarsi di una situazione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, rilevante a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), costituisca un apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito non censurabile in sede di legittimità (Cass. 32064/2018);

4.2.3 entrambi i profili del primo motivo di ricorso risultano quindi inammissibili, in quanto deducono, apparentemente, una violazione di norme di legge mirando, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. 8758/2017);

4.3.1 stessa sorte deve essere assegnata al secondo motivo di ricorso;

in vero la doglianza relativa alla mancanza di una effettiva valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese d’origine, al fine di verificare se il rimpatrio potesse determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel paese d’accoglienza, presupponeva che il migrante allegasse e dimostrasse la situazione di integrazione raggiunta nel paese di accoglienza, dato che la domanda diretta a ottenere il riconoscimento della protezione internazionale non si sottrae all’applicazione del principio dispositivo, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio (Cass. 27336/2018);

la mancata indicazione del raggiungimento di una situazione di integrazione in Italia – circostanza a cui il Tribunale non fa alcun riferimento e che il ricorrente non assume di aver compiutamente dedotto in sede di merito – impediva quindi, a prescindere da ogni questione relativa all’applicabilità alla fattispecie in esame della disciplina introdotta con il D.L. n. 113 del 2018, di estendere la valutazione della domanda al profilo comparativo che si assume omesso;

4.3.2 il Tribunale ha escluso la sussistenza di fattori di vulnerabilità oggettivi ricollegati alla condizione del paese, laddove ha spiegato che lo Stato di provenienza del migrante non era caratterizzato da conflitti armati, o soggettivi conseguenti alla situazione personale del ricorrente, di cui non era stata fornita alcuna prova;

anche sotto questo profilo, al di là di ogni questione di disciplina intertemporale, risulta inammissibile la prospettazione, peraltro sulla base di allegazioni di principio del tutto generiche, di una diversa lettura e interpretazione delle risultanze di causa e delle informazioni raccolte sulla situazione socio-politico-economica del paese, trattandosi di censura attinente al merito, la cui valutazione è attribuita in via esclusiva al relativo giudice;

4.4 l’ultimo motivo di ricorso si prospetta parimenti inammissibile;

il Tribunale ha proceduto alla revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato direttamente all’interno del decreto impugnato e in uno con la decisione sul merito della controversia piuttosto che con separato decreto ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, comma 2;

il che tuttavia non comporta mutamenti nel relativo regime impugnatorio, che resta quello, ordinario e generale, dell’opposizione prevista dal D.P.R. cit., art. 170, dovendosi escludere che la pronuncia sulla revoca, in quanto adottata con il decreto che definisce il merito, sia, per ciò solo, impugnabile immediatamente con il ricorso per cassazione, rimedio previsto solo per l’ipotesi contemplata dall’art. 113 del testo unico in parola (Cass. 3028/2018, Cass. 29228/2017, Cass. 32028/2018);

5. in forza dei motivi sopra illustrati il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile;

la mancata costituzione in questa sede dell’amministrazione intimata esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 dicembre 2019

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