Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32243 del 10/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 10/12/2019, (ud. 15/10/2019, dep. 10/12/2019), n.32243

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24750-2018 proposto da:

K.U., elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato GIANDOMENICO DELLA MORA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto n. R.G. 3273/2017 del TRIBUNALE di TRIESTE,

depositato il 03/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ALBERTO

PAZZI.

Fatto

RILEVATO

che:

1. con decreto in data 3 luglio 2018 il Tribunale di Trieste rigettava il ricorso proposto da K.U., cittadino pakhistano, avverso il provvedimento di diniego di protezione internazionale emesso dalla locale Commissione territoriale al fine di domandare il riconoscimento dello stalla di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 2 e 14 e del diritto alla protezione umanitaria ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6;

in particolare il Tribunale, una volta constatato come il racconto del richiedente asilo (il quale aveva riferito di aver lasciato il paese di origine a seguito delle minacce ricevute dal gruppo sunnita Sipah el Sahaba, che era interessato a un terreno che il ricorrente aveva venduto invece agli sciiti) risultasse non credibile: i) rilevava la mancanza di concreti elementi da cui inferire un pericolo di persecuzione per motivi idonei a legittimare la concessione dello status di rifugiato; ii) reputava che non potesse essere riconosciuta la protezione sussidiaria richiesta, in mancanza nella zona di provenienza di una violenza indiscriminata in una situazione di conflitto armato interno o internazionale: iii) osservava che la congerie istruttoria disponibile non consentiva di dedurre una condizione generale del paese tale da richiedere l’erogazione di misure di protezione internazionale; iv) rigettava, di conseguenza, le domande proposte;

2. ricorre per cassazione avverso questa pronuncia K.U. al fine di far valere due motivi di impugnazione;

l’intimato Ministero dell’Interno non ha svolto alcuna difesa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

3.1 il primo motivo di ricorso denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, e il mancato esame di informazioni aggiornate circa la situazione generale sul paese di origine: il Tribunale si sarebbe limitato a generiche considerazioni sulla vicenda senza approfondire la situazione dei paesi di origine e transito, trascurando così di apprezzare adeguatamente “la sussistenza, in Punjab, di una situaione critica/ caotica in cui divenire bersaglio di ritorsioni e a:zioni punitive è tutt’altro che sporadico”;

3.2 il motivo è inammissibile;

3.2.1 i doveri istruttori a cui il giudice è tenuto D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 8, riguardano infatti soltanto i fatti allegati dal ricorrente, in quanto la proposizione del ricorso al Tribunale nella materia della protezione internazionale dello straniero non si sottrae all’applicazione del principio dispositivo, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio (Cass. 19197/2015);

nel caso di specie è ben vero che il Tribunale ha verificato l’attuale situazione del paese di origine senza indicare l’identità e il grado di aggiornamento delle fonti consultate; una simile negligenza tuttavia potrebbe assumere rilievo soltanto in rapporto alle allegazioni compiute dalla parte e non adeguatamente verificate, mentre il ricorrente, pur lamentando il mancato approfondimento della “situaione critica/ caotica” esistente in Punjab, non si è preoccupato di indicare se, come e dove una simile situazione fosse stata allegata avanti al giudice di merito, onde dar modo a questa Corte di verificare la sussistenza di un obbligo di approfondimento in proposito;

il motivo, così formulato, risulta perciò inammissibile per difetto di autosufficienza, non soddisfacendo l’obbligo previsto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di indicare specificamente gli atti processuali e i documenti su cui lo stesso è fondato;

3.2.2 la circostanza peraltro era priva di decisività, posto che il riconoscimento della protezione sussidiaria prevista dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), implicava, una volta esclusa la rilevanza della situazione soggettiva del richiedente in ragione dell’inverosimiglianza delle sue dichiarazioni, l’allegazione e la dimostrazione dell’esistenza di un conflitto armato interno nella regione, caratterizzato dal ricorso a una violenza indiscriminata di livello talmente elevato da far sussistere fondati motivi per ritenere che un civile, rientrato nella regione in questione, avrebbe corso, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia (Cass. 14006/2018);

un’eventuale allegata “situazione critica/ caotica” in cui divenire bersaglio di ritorsioni e azioni punitive è tutt’altro che sporadico” sarebbe risultata quindi irrilevante ai fini del decidere, in quanto la stessa non integrava, all’evidenza, la condizione distintiva necessaria per il riconoscimento della forma di protezione richiesta;

4.1 il secondo motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per la concessione della protezione umanitaria, tenuto conto di quanto previsto dalla circolare ministeriale del 30 luglio 2015, costituito dalla temporanea impossibilità di rimpatrio a causa della pericolosità della zona di provenienza del migrante, dove operava un’organizzazione di matrice talebana;

4.2 il motivo è inammissibile;

il profilo di doglianza infatti si limita a individuare il fatto storico che il Tribunale avrebbe omesso di esaminare, ma non indica il dato, testuale o extratestuale, da cui esso risultava esistente nonchè il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti (Cass., Sez. U., 8053/2014);

il motivo, così formulato, risulta perciò inammissibile per difetto di autosufficienza, essendo stato formulato in violazione dell’obbligo previsto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6;

in forza dei motivi sopra illustrati il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile;

la mancata costituzione in questa sede dell’amministrazione intimata esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2019.

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