Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32237 del 13/12/2018

Cassazione civile sez. VI, 13/12/2018, (ud. 12/09/2018, dep. 13/12/2018), n.32237

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4556-2017 proposto da:

A.A., AB.AL., elettivamente domiciliati in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di

CASSAZIONE, rappresentati difesi dall’avvocato PATRIZIO POZZOLI;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante, in proprio e quale procuratore speciale della

SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI INPS (SCCI) SPA,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli

avvocati ESTER ADA VITA SCIPLINO, ANTONINO SGROI, GIUSEPPE MATANO,

LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 516/2016 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 29 luglio 2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12 settembre 2018 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI CAVALLARO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 29 luglio 2016, la Corte d’appello di Bologna, in riforma della pronuncia di primo grado, ha dichiarato dovute le somme per sanzioni civili richieste dall’INPS ad AB.Al. e A.A. per ritardato pagamento dei contributi dovuti alla Gestione Commercianti;

che avverso tale pronuncia, Ab.Al. e A.A. hanno proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura;

che è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con l’unico motivo di ricorso, i ricorrenti lamentano violazione del D.L. n. 269 del 2003, art. 44, comma 8 (conv. con L. n. 326 del 2003), per avere la Corte di merito ritenuto che, pur non avendo essi tempestivamente ricevuto i bollettini di pagamento in conto corrente che l’INPS avrebbe dovuto inviare in esito alla loro iscrizione al registro delle imprese (e alla consequenziale iscrizione alla Gestione (commercianti), sarebbero comunque dovute le sanzioni civili per il ritardato pagamento;

che è ormai consolidato il principio secondo cui, costituendo le cosiddette sanzioni civili comminate per l’omesso o tardivo versamento dei contributi previdenziali una conseguenza automatica dell’inadempimento, in funzione di rafforzamento dell’obbligazione contributiva e di predeterminazione legale della misura del danno subito dall’Istituto previdenziale, la loro applicazione prescinde da qualsiasi indagine circa l’imputabilità e la colpa dell’inadempimento, di talchè l’omesso o tardivo invio al domicilio dell’obbligato dei bollettini postali da utilizzare per il pagamento dei contributi non esclude, nel caso di omesso o tardivo adempimento dell’obbligazione contributiva, la soggezione dell’inadempiente alle sanzioni civili (Cass. nn. 17650 del 2003, 17507 del 2008, 12829 del 2011, 11561 del 2017);

che non offrendo gli odierni ricorrenti alcun argomento idoneo a superare le argomentazioni che questa Corte ha offerto a supporto dell’anzidetto principio, il motivo è da reputarsi inammissibile ex art. 360-bis c.p.c., n. 1, (Cass. S.U. n. 7155 del 2017);

che a diverse conclusioni non è dato pervenire nemmeno sulla scorta del richiamo della Circolare INPS n. 39 del 2004(cfr. pagg. 4 e 7 del ricorso per cassazione), trattandosi di questione non affrontata dalla Corte di merito, di cui non viene specificato quando e come sarebbe entrata in giudizio e intrinsecamente richiedente un accertamento di fatto circa il contenuto della circolare, la quale, in violazione del principio di specificità, non è stata peraltro trascritta nelle sue parti all’uopo rilevanti nè si è indicato in quale parte del fascicolo processuale c/o di merito sarebbe attualmente reperibile (cfr. fra le tante (Cass. n. 20518 del 2008; Cass. n. 5478 del 2018); che il ricorso, conclusivamente, va dichiarato inammissibile, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, giusta il criterio della soccombenza;

che, in considerazione della declaratoria d’inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 1.700,00, di cui Euro 1.500,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 12 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2018

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