Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3222 del 12/02/2018

Cassazione civile, sez. lav., 09/02/2018, (ud. 26/10/2017, dep.09/02/2018),  n. 3222

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’Appello di Napoli, con la sentenza in epigrafe, accoglieva l’appello proposto dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno nei confronti di R.G. e in riforma della sentenza emessa dal Tribunale tra le parti rigettava la domanda proposta in primo grado dal lavoratore.

2. Quest’ultimo aveva adito il Tribunale esponendo di essere stato dipendente dell’Istituto resistente dal 1 marzo 1990 al 31 luglio 1994, con la qualifica di biologo, e dal 1 agosto 1994 fino al 30 novembre 2005, allorquando era cessato dal servizio, con la qualifica di biologo coadiutore.

Con la L. n. 97 del 1985, il personale dell’Istituito era stato inserito nel Comparto sanità prevedendosi che con successivo D.P.R. si sarebbe provveduto alla equiparazione delle qualifiche a quelle del personale del SSN.

Tale equiparazione era stata disposta con il D.P.R. n. 662 del 1986, e con Delib. Giunta Esecutiva n. 468 del 1987, l’Istituto ne aveva determinato l’applicazione nei confronti dei propri dipendenti.

Con successiva Delib. n. 462 del 1990, aveva provveduto “ad attribuire al personale direttivo biologico e chimico le stesse indennità, con le medesime decorrenze attribuite al personale direttivo veterinario dal D.P.R. n. 270 del 1987, art. 92 e di osservare tale attribuzione anche nella applicazione dei contratti che seguiranno finchè resteranno immutate le funzioni del personale della carriera direttiva degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali”.

L’Istituto aveva provveduto a corrispondere ad esso lavoratore le indennità in questione ma a partire dal mese di febbraio 1997 l’Istituto medesimo aveva cessato di erogare le predette indennità nonostante che con la Delib. Commissariale n. 444 del 1999, fosse stata confermata la completa equiparazione del trattamento economico del personale laureato addetto alle attività tecnico-sanitarie e scientifiche. Con Delib. Commissario Straordinario n. 574 del 2000, l’Istituto, ritenuta l’illegittimità della propria precedente Delib. n. 444 del 1999, aveva provveduto ad annullare la predetta delibera con efficacia retroattiva.

Il R., quindi, chiedeva previa disapplicazione di qualsiasi atto amministrativo illegittimo accertarsi e dichiararsi il proprio diritto alla corresponsione della indennità, ex D.P.R. n. 297 del 1987, D.P.R. n. 384 del 1990, e CCNL della dirigenza medica Comparto sanità del 22 luglio 1996, previste per i dipendenti dell’Istituto con la qualifica di “Veterinario” inquadrati nel medesimo livello retributivo ed agli stessi erogate, nonchè alla relativa ricostruzione del proprio inquadramento economico e per l’effetto condannarsi l’Istituto convenuto al pagamento in suo favore della complessiva somma di Euro 96.884,95, oltre interessi e rivalutazione.

3. Il Tribunale dichiarava il difetto di giurisdizione in ordine alla pretesa dei crediti maturati sino al 30 giugno 1998 e accoglieva, in parte, la domanda per il restante periodo, condannando l’Istituto al pagamento in favore del ricorrente della somma complessiva di Euro 71.543,54, oltre interessi legali dalla maturazione al saldo e di due terzi delle spese processuali, ritenendo prescritti i crediti vantati fino al 9 febbraio 2000.

Affermava quindi che la delibera che aveva annullato la Delib. n. 444 del 1999, era illegittima in quanto in contrasto con la L. n. 97 del 1985, art. 2 e con il D.P.R. n. 662 del 1986, nella parte in cui prevedevano l’equiparazione delle qualifiche del personale degli I.Z.S. a quelle del Comparto sanitario.

4. La Corte d’Appello ricordava che la corrispondenza tra livelli e qualifiche previste nell’accordo del 5 dicembre 1980 e livelli e qualifiche previste dal D.P.R. n. 348 del 1983, era stata realizzata dal D.P.R. n. 662 del 1986, attraverso le tabelle di equiparazione ivi previste.

Tale equiparazione tuttavia si sostanziava nell’attribuzione del medesimo inquadramento, con corrispondente stato giuridico ed economico, proprio dello stesso livello di appartenenza, senza estendersi a tutte le indennità accessorie giustificate dalla specialità della prestazione professionale del veterinario.

5. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorre il R. prospettando un motivo di ricorso.

5. Resiste con controricorso l’Istituto.

5. Il ricorrente ha depositato memoria in prossimità dell’udienza pubblica.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di appello è dedotta la violazione e falsa applicazione del combinato disposto della L. n. 97 del 1985, art. 2 e del D.P.R. n. 662 del 1986, art. 1,violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 270 del 1987, art. 121; violazione dell’art. 112 c.p.c.; violazione della normativa regolante il funzionamento degli enti pubblici non economici (art. 360 c.p.c., n. 3). Omessa motivazione (art. 360c.p.c., n. 5).

1.1. Il ricorrente censura la statuizione con la quale la Corte d’Appello ha affermato che la salvaguardia garantita dalla L. n. 97 del 1985, in sede di inserimento del personale degli Istituti zoo profilattici nel Comparto del personale del servizio sanitario nazionale riguardava la corrispondenza tra livelli e qualifiche.

Tale corrispondenza, infatti, veniva effettuata con le tabelle di equiparazione di cui al D.P.R. n. 662 del 1986, che riconoscevano al personale chimico, biologo e veterinario, in relazione ai livelli di appartenenza di ciascuno, il corrispondente stato giuridico e economico rivestito dal personale sanitario del medesimo livello, senza estendersi alle indennità accessorie giustificate dalla specialità della prestazione professionale del veterinario. Ciò, tenendo conto nella redazione delle tabelle delle funzioni esplicate dagli istituti, e salvaguardando le posizioni giuridiche acquisiti.

Pertanto, statuiva la Corte d’Appello, ai dipendenti dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale con il profilo professionale di chimici o biologi, non potevano corrispondersi le indennità proprie del profilo professionale di veterinario.

Assume il ricorrente che presso gli Istituti Zooprofilattici Sperimentali venivano impiegati sempre indifferentemente veterinari, biologi, chimici e farmacisti, cui erano affidate identiche funzioni e responsabilità, a parità di livello. Anche le indennità venivano riferite esclusivamente al livello di inquadramento, essendo il titolo di studio indifferente per l’accesso sia alla qualifica sia alle mansioni da espletare. Così per l’acceso al livello d’inquadramento del R. costituiva requisito idoneo tanto la laure in veterinaria quanto quella in biologia. La specificità da tenere presente nell’equiparazione delle qualifiche, pertanto doveva tenere conto che l’uno o l’altro titolo di studio garantiva l’identico risultato nello svolgimento delle mansioni.

1.2. Il ricorrente, inoltre, censura la affermazione con la quale la Corte d’Appello ha ritenuto legittima la mancata corresponsione dell’indennità disapplicando o annullando precedenti provvedimenti illegittimi, in quanto la pretesa di esso ricorrente si era cristallizzata a seguito della Delib. n. 462 del 1990, ove si prevedeva che l’equiparazione del trattamento retributivo sarebbe stata osservata anche nell’applicazione dei contratti che sarebbero seguiti.

3. Il motivo non è fondato.

3.1. Va premesso (cfr., Cass., S.U., n. 8363 del 2007) che la L. n. 97 del 1985, sul trattamento normativo del personale degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali, ha previsto – all’art. 2 – che con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i Ministri della sanità e del tesoro, sentite le regioni e le organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative in campo nazionale, si sarebbe provveduto alla equiparazione delle qualifiche del personale degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali a quelle del personale del Servizio sanitario nazionale, tenendo conto della specificità delle funzioni esplicate dagli istituti stessi e salvaguardando le posizioni giuridiche acquisite.

In attuazione di tale previsione normativa il D.P.R. 8 luglio 1986, n. 662, ha provveduto ad equiparare le qualifiche del personale degli Istituti zooprofilattici sperimentali a quelle del personale del Servizio sanitario nazionale, ed in particolare ha previsto che in attuazione della citata L. 7 marzo 1985, n. 97, l’equiparazione delle qualifiche del personale degli istituti zooprofilattici sperimentali a quelle del personale del Servizio sanitario nazionale era disposta tenuto conto della specificità delle funzioni esplicate dagli istituti stessi e salvaguardate le posizioni giuridiche acquisite nei termini di cui alla tabella allegata; quest’ultima denominata “tabella di equiparazione” – conteneva le corrispondenze tra livelli e qualifiche del personale degli I.Z.S. e quelli del personale delle U.S.L..

Inoltre ha previsto che al personale degli istituti predetti si applicavano le disposizioni del D.P.R. 25 giugno 1983, n. 348, di ricezione dell’accordo collettivo per il personale delle Unità sanitarie locali.

Il successivo D.P.R. 20 maggio 1987, n. 270, recante norme risultanti dalla disciplina prevista dall’accordo sindacale, per il triennio 1985-1987, relativa al comparto del personale dipendente del Servizio sanitario nazionale, ha riguardato anche il personale dell’I.Z.S..

3.2. Dunque, ai sensi della citata legge n. 97 del 1985, il personale degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali fa parte del comparto sanitario (art. 1).

Il D.P.R. n. 662 del 1986, art. 1, ha disposto l’equiparazione delle qualifiche del personale degli istituti zooprofilattici sperimentali a quelle del personale del Servizio sanitario nazionale, tenuto conto della specificità delle funzioni esplicate dagli istituti stessi e salvaguardate le posizioni giuridiche acquisite nei termini di cui alla tabella allegata.

La salvaguardia, definita dalla citata tabella, in attuazione della disciplina sopra richiamata, prevede la corrispondenza tra livelli e qualifiche previste nell’accordo del 5 dicembre 1980 e livelli e qualifiche previste nel D.P.R. 25 giugno 1983, n. 348.

Pertanto, l’equiparazione del personale chimico, biologo e veterinario si risolve nell’attribuzione del medesimo inquadramento, con corrispondente stato giuridico ed economico, proprio dello stesso livello d’appartenenza, senza estendersi ad indennità accessorie giustificate dalla specificità della prestazione professionale del personale veterinario.

3.3. Come già affermato dal Consiglio di Stato con la decisione n. 411 del 2003, in via sostanziale, il D.P.R. n. 662 del 1986, art. 2, prevede che al personale degli Istituti predetti si applichino le disposizioni del D.P.R. n. 348 del 1983, recante l’accordo per il trattamento economico del personale delle Unità sanitarie locali, con le decorrenze e modalità ivi previste.

Per quanto interessa, tale accordo distingue l’indennità spettante ai veterinari inquadrati nei livelli 9, 10 e 11 (art. 40, indennità di zooiatria, zooprofilassi ed igiene alimentare), da quella spettante al personale inquadrato nei livelli 9, 10 e 11 dei ruoli sanitario, professionale e tecnico, con esclusione dei medici, dei veterinari e dei farmacisti (art. 42, indennità di aggiornamento professionale).

Parimenti, i successivi accordi per il trattamento economico del personale delle Unità sanitarie locali hanno mantenuto distinta l’indennità specialistica spettante al solo personale veterinario (v. D.P.R. n. 270 del 1987, art. 92 ed del D.P.R. n. 384 del 1990, art. 110).

Pertanto l’equiparazione del personale chimico, biologo e veterinario, degli I.Z.S., al personale del servizio sanitario nazionale non dà luogo all’attribuzione di indennità accessorie riconosciute al personale del Servizio sanitario nazionale in ragione della specificità della prestazione professionale.

3.4. Infondata è anche la seconda censura proposta con l’unico motivo di ricorso.

Ed infatti la Pubblica Amministrazione, nell’ambito dei rapporti di lavoro pubblico contrattualizzato, non può agire con gli istituti dell’autotutela, non potendo trovare applicazione, peraltro in mancanza di provvedimenti autoritativi, la L. n. 241 del 1990.

Tuttavia, l’adozione da parte della Pubblica amministrazione, nella gestione del rapporto di lavoro pubblico contrattualizzato, di un atto negoziale di diritto privato, con il quale venga attribuito al lavoratore un determinato trattamento economico, non è sufficiente di per sè, a costituire un diritto soggettivo in capo al lavoratore medesimo, poichè la misura economica deve trovare fondamento nella disciplina legale e contrattuale, e si legittima in ragione della conformità a quest’ultima, diversamente incorrendo nel vizio di nullità per contrarietà a norme imperative (cfr., Cass., S.U., n. 21744 del 2009, Cass., n. 16088 del 2016).

Pertanto, la delibera invocata dal ricorrente non esclude, come assume il ricorrente medesimo che l’Amministrazione, avendo attribuito un’indennità non dovuta, intervenga a ripristinare il corretto trattamento economico.

Tale agire risponde a quanto previsto anche dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 5, comma 1, secondo il quale “Le amministrazioni pubbliche assumono ogni determinazione organizzativa al fine di assicurare l’attuazione dei principi di cui all’art. 2, comma 1 e la rispondenza al pubblico interesse dell’azione amministrativa”, atteso che la Pubblica amministrazione “conserva pur sempre anche in presenza di un rapporto di lavoro ormai contrattualizzato – una connotazione peculiare”, essendo tenuta “al rispetto dei principi costituzionali di legalità, imparzialità e buon andamento cui è estranea ogni logica speculativa” (Corte cost., sentenze n. 146 del 2008, n. 82 del 2003).

4. Il ricorso deve essere rigettato.

5. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in Euro 200,00 per esborsi, Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e spese generali in misura dl 15%.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 ottobre 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2018

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