Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32214 del 12/12/2018

Cassazione civile sez. VI, 12/12/2018, (ud. 12/09/2018, dep. 12/12/2018), n.32214

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSTO Lucia – Presidente –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10231-2017 proposto da:

L.B., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUIGI

SETTEMBRINI 30, presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA SIMON,

rappresentata e difesa dall’avvocato CARLO ANTONIO LUIGI PERSICI;

– ricorrente –

contro

SATAP SPA – AUTOSTRADA TORINO – ALESSANDRIA – PIACENZA SPA, in

persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA CICERONE, 44, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI

CORBYONS, rappresentata e difesa dall’avvocato MARIA TERESA

ARMOSINO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 565/2016 della CORTE D’APPELLO di TORINO, del

21/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/09/2018 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza del 29 settembre – 21 ottobre 2016 numero 565 la Corte d’Appello di Torino confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede, che aveva respinto la domanda proposta da L.B. nei confronti del datore di lavoro S.A.T.A.P.- Autostrada Torino-Alessandria-Piacenza S.p.A. (in prosieguo: S.A.T.A.P. S.p.A.) per il risarcimento dei danni derivanti da malattia professionale;

che a fondamento della decisione la Corte territoriale osservava che correttamente il Tribunale aveva ritenuto che la patologia respiratoria da cui l’appellante era affetta avesse origine extra-lavorativa (referto in data 20 settembre 2008 del dottor O., che indicava quale origine della malattia una pregressa infezione polmonare; verbale della commissione medica per l’accertamento dell’invalidità civile dell’ottobre 2008, che dava atto di pregressa TBC polmonare; comunicazione di costituzione di rendita dell’ INAIL in data 28 aprile 2009, che individuava la malattia come bronchite cronica in esiti di pregressa patologia polmonare extra lavorativa). Con analisi altrettanto attenta e condivisibile il Tribunale aveva motivato circa la genericità delle allegazioni della originaria ricorrente quanto alla nocività dell’ambiente di lavoro, con conseguente inammissibilità delle prove testimoniali anche con riferimento alla responsabilità del datore di lavoro in termini di aggravamento della pregressa patologia ed in rapporto allo specifico periodo di lavoro presso S.A.T.A.P. spa (dal luglio 1998, data di assunzione a tempo indeterminato e nel precedente periodo da giugno a dicembre 1993 mentre nell’arco temporale intermedio vi erano due rapporti di lavoro con società diverse).

Il Tribunale aveva dato conto anche dei documenti prodotti dalla società convenuta, che attestavano l’assenza di rischi collegati all’ambiente di lavoro (rilievi della qualità dell’aria negli anni 1996, 1998, 1999, relazione tecnica ARPA Piemonte del marzo 2011, risultanze del procedimento penale seguito alla querela sporta dalla lavoratrice nell’agosto 2009, con provvedimento di archiviazione del GIP dell’aprile 2012).

Il Tribunale non era tenuto ad acquisire ulteriori elementi istruttori, avendoli ritenuti superflui o comunque inidonei a modificare il convincimento raggiunto, che il Collegio d’appello condivideva.

In ogni caso era provato che la società aveva sottoposto nel corso del rapporto di lavoro la L. alle prescritte visite mediche e che ella non aveva mai denunciato la patologia da cui era affetta;

che avverso la sentenza ha proposto ricorso L.B., articolato in un unico motivo, cui ha opposto difese la società S.A.T.A.P. spa con controricorso;

che la proposta del relatore è stata comunicata alle parti- unitamente al decreto di fissazione dell’udienza – ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c,

Diritto

CONSIDERATO

che con l’unico motivo la parte ricorrente ha dedotto- ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione degli artt. 2697,2733 e 2735 c.c. nonchè degli artt. 115 e 116 c.p.c..

Ha esposto che la decisione impugnata era fondata sull’assunto della allegazione in ricorso di un rapporto lavorativo iniziato nell’anno 1993 e proseguito tra il 1993 ed il 1998 con altre società del gruppo mentre la resistente contestava la esistenza del rapporto di lavoro anteriormente all’anno 1998. Ha dedotto che l’onere probatorio a suo carico era stato assolto con la produzione del libretto di lavoro; le annotazioni ivi eseguite dal datore di lavoro avevano valore di confessione stragiudiziale in punto di durata del rapporto di lavoro.

Essendo stata provata documentalmente la esistenza del rapporto lavorativo in epoca anteriore all’insorgere della malattia, il nesso di causalità tra la nocività dell’ambiente di lavoro e la patologia era ipotizzabile non solo in termini di aggravamento di una malattia preesistente ma in termini di causazione della malattia, aspetto non indagato dal giudice del secondo grado, che aveva negato ingresso alle istanze istruttorie;

che ritiene il Collegio si debba dichiarare il ricorso inammissibile;

che, invero, la ratio decidendi della sentenza gravata, consiste:

– nella esclusione dell’origine professionale della malattia respiratoria sulla base dei documenti, in quanto riconducibile a TBC polmonare extralavorativa;

– nella esclusione della responsabilità del datore di lavoro anche per l’aggravamento della malattia extralavorativa, accertamento, quest’ultimo, fondato: da un lato, sulla genericità delle allegazioni circa la nocività dell’ambiente di lavoro nello specifico periodo lavorato alle dipendenze della società odierna controricorrente; dall’altro, sulla prova documentale fornita dal datore di lavoro della assenza della assunta nocività, giusti i rilievi sulla qualità dell’aria effettuati tramite campionatura; in ogni caso, sulla mancata denunzia della patologia extralavorativa

La ricorrente contesta le valutazioni di merito del giudice dell’appello circa l’origine extraprofessionale della malattia e circa la inammissibilità della prove per genericità delle allegazioni sicchè il dedotto vizio di violazione di norme di diritto resta ìnconferente ai contenuti della censura, che concernono l’accertamento del fatto storico e non già la interpretazione ed applicazione delle norme.

Inoltre, trattandosi di pronuncia conforme nei due gradi di merito per le medesime ragioni di fatto neppure sarebbe deducibile in questa sede un vizio della motivazione, ostandovi il disposto dell’articolo 348 ter c.p.c., commi 4 e 5;

che, pertanto, essendo condivisibile la proposta del relatore, il ricorso deve essere definito con ordinanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c.;

che le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;

che, trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto al D.P.R. n. 115 del 2002, all’art. 13, il comma 1 quater) – della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata.

PQM

La Corte dichiara la inammissibilità del ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 200 per spese ed Euro 2.500 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 12 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2018

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