Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32211 del 12/12/2018

Cassazione civile sez. VI, 12/12/2018, (ud. 10/07/2018, dep. 12/12/2018), n.32211

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8743-2018 proposto da:

S.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso

la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

FEDERICO LERA;

(Ammesso P.S.S. 12/10/17 Delibera Ord. Avv. Genova).

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1158/2017 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 22/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/07/2018 dal Consigliere Dott. ALDO ANGELO

DOLMETTA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il Collegio ha disposto la redazione della motivazione in forma semplificata.

1.- Il cittadino senegalese signor S.M. ricorre per cassazione nei confronti del Ministero dell’Interno, svolgendo due motivi avverso la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Genova in data 22 settembre 2017.

Con tale pronuncia, la Corte ligure ha confermato l’ordinanza con cui il Tribunale di Genova in composizione monocratica ha respinto, nel giugno 2016, il ricorso contro l’atto della Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione internazionale che aveva negato la richiesta dell’attuale ricorrente a che gli fosse riconosciuto lo status di rifugiato politico ovvero quello ex protezione sussidiaria o quanto meno il permesso di soggiorno per protezione umanitaria.

Con riferimento a quest’ultimo aspetto – che è quanto in questa sede rimane in interesse -, la Corte ligure ha rilevato in modo particolare come sia “la stessa ricostruzione dei fatti fornita dal richiedente a escludere la sussistenza di una condizione di vulnerabilità, sia per l’inattendibilità del racconto, sia (anche attribuendo al racconto credibilità) in quanto è il richiedente a essere coinvolto in un episodio di violenza della quale non lui, ma altri, risulta essere stato vittima”. Riporta a questo riguardo la sentenza che S.M. ha dichiarato di essere stato “coinvolto in una rissa – per questioni relative alla proprietà di un terreno – nel corso della quale avrebbe accoltellato un uomo”; e ha altresì asserito di essere fuggito per il “timore di essere” a sua volta “accoltellato o ucciso”, in ragione del fatto che, in quella zona del Senegal, fanno da padroni i sistemi di “potentato economico” e di “vendette private”.

2.- Il Ministero dell’Interno non ha svolto difese nel presente grado di giudizio.

3.1.- Il primo motivo di ricorso richiama “violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, in combinato disposto con il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 (protezione umanitaria)”.

Nel concreto, il motivo si richiama, in specie, alla “situazione di estrema vulnerabilità in cui si verrebbe a trovare il signor S.M. in caso di rientro in patria (senza un’abitazione, un lavoro e/o altri mezzi di sostentamento che ne possano garantire le condizioni minime di sopravvivenza)”; con forza segnala altresì “l’incredibile percorso di integrazione che il ricorrente ha affrontato e… completato con successo”: dall’apprendimento fluente della lingua italiana all’inserimento lavorativo in un’azienda del territorio spezzino.

3.2.- Il motivo di ricorso è inammissibile.

In disparte il D.L. n. 113 del 2018, il motivo difetta, prima di ogni altra cosa, del necessario requisito dell’autosufficienza ex art. 366 c.p.c.. Ciò in quanto il ricorrente non indica nè il “dove”, nè il “come” egli abbia sollevato – nell’ambito dei giudizi svoltisi avanti ai giudici del merito – una condizione di propria vulnerabilità legata al c.d. “rientro in patria”. Nei fatti, del resto, la pronuncia impugnata non tocca in alcun modo questo profilo.

Appare d’altro canto opportuno ricordare che, secondo l’orientamento della giurisprudenza di questa Corte (Cass., 23 febbraio 2018, n. 4455), il “parametro dell’inserimento sociale e lavorativo dello straniero in Italia può essere valorizzato come presupposto della protezione umanitaria non come fattore esclusivo, bensì come circostanza che può concorrere a determinare una situazione di vulnerabilità personale che merita di essere tutelata”.

4.1.- Il secondo motivo di ricorso assume vizio di omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, pur fatto oggetto di discussione tra le parti.

Ad avviso del ricorrente, la Corte territoriale avrebbe gravemente travisato la vicenda personale a lui occorsa. A questa sarebbe dunque sfuggito che il ricorrente – lungi dall’avere posto in essere un “autonomo comportamento violento” – ha agito in “stato di legittima difesa”, che “non sarebbe stata trattata secondo “giustizia”, bensì secondo “vendetta””.

4.2.- Il motivo è inammissibile.

In proposito, appare opportuno rilevare in primis che il “fatto” – il cui omesso esame è rilevante ai fine dell’art. 360 c.p.c.., n. 5 – è solo quello “storico”; e non anche la valutazione che di dati fatti abbia dato il giudice del merito.

Ciò posto, il motivo in esame risulta in realtà riproporre, sotto il profilo della protezione umanitaria, il punto che in sede di appello aveva sollevato sotto il profilo della protezione sussidiaria. Punto che, peraltro, era stato effettivamente preso in considerazione dalla Corte di Appello di Genova, la quale aveva propriamente rilevato quanto segue: “il richiedente afferma di provenire dal villaggio di (OMISSIS), vicino (OMISSIS), nella regione della (OMISSIS), descrivendola… “come lo spartiacque tra un Senegal pacifico e una zona in cui il conflitto tra opposte fazioni resta costantemente vivo nonostante sia a bassa intensità””; “ma se il conflitto è in via di risoluzione nella regione, dove lo stesso ha avuto origine e svolgimento, a maggior ragione si può escludere la sussistenza di una situazione di violenza indiscriminata nella regione di provenienza del richiedente”.

5.- In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Posto che il signor K.A. è stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato, non risulta dovuta alcuna integrazione del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile, il 12 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2018

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