Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32209 del 12/12/2018

Cassazione civile sez. VI, 12/12/2018, (ud. 10/07/2018, dep. 12/12/2018), n.32209

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7786-2018 proposto da:

A.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso

la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MANUEL

SOLDI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BRESCIA, depositato il

27/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/07/2018 dal Consigliere Dott. ALDO ANGELO

DOLMETTA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il Collegio ha disposto la redazione della motivazione in forma semplificata.

1.- Il cittadino pakistano signor A.S. ha presentato domanda di protezione internazionale davanti alla Commissione Territoriale di Brescia.

Ha esposto di essere, al pari dei suoi famigliari, parteggiante per il (OMISSIS); che la sua famiglia era stata aggredita da militanti della (OMISSIS), parte politica contrapposta al (OMISSIS); che nell’aggressione erano stati uccisi il padre e un fratello; che gli affiliati alla (OMISSIS) si erano impossessati di certi negozi appartenenti alla famiglia del richiedente; che, in conseguenza di tutto ciò, era espatriato, dapprima in Grecia e poi in Italia, dove era giunto nel 2015.

La Commissione Territoriale ha ritenuto non credibile il racconto così fornito, perchè il richiedente nulla aveva saputo riferire del (OMISSIS) e pure perchè era caduto in numerose contraddizioni.

2.- Con decreto del 17 gennaio 2018, il Tribunale di Brescia ha rigettato il ricorso presentato dal cittadino pakistano avverso il provvedimento della Commissione.

In particolare, la pronuncia ha riscontrato la “inattendibilità delle dichiarazioni rese dal ricorrente in merito al fondato motivo di persecuzione per motivi politici”. Ha altresì sottolineato come “nonostante la criticità della situazione del Pakistan, le più recenti fonti portino a escludere che quanto meno l’area del Pújab”, da dove proviene specificamente il richiedente, sia fatta oggetto di “problematiche che possano essere qualificate quali “conflitto generalizzato”… come emerge dai dati relativi alla comparazione delle vittime di violenza dell’ultimo report Easo sul Pakistan”.

3.- Contro tale decreto è insorto A.S., con ricorso affidato a un motivo di cassazione.

Il Ministero dell’Interno resiste con controricorso.

4.- Il motivo di ricorso denunzia “vizio di motivazione della sentenza – Contraddittorietà ed errata analisi di quanto riportato nell’intervista presso la Commissione Territoriale dal ricorrente”.

Ad avviso del ricorrente, la pronuncia non ha compreso la “reale natura della doglianza esposta in sede di intervista” da A.S.. Il motivo della persecuzione, cioè, non è quello economico, bensì politico. “Nulla viene riportato circa la possibilità che nella zona del Pujab… vi fosse una prevalenza della (OMISSIS), a nulla rileva che nella nazione il partito politico al potere fosse il (OMISSIS)”. “Il fatto che nel 2008 il (OMISSIS) fosse partito al potere viene ritenuto motivo sufficiente ad escludere una persecuzione nei confronti del ricorrente”.

5.- Il ricorso è inammissibile.

Il motivo difetta, prima di tutto, del necessario requisito dell’autosufficienza ex art. 366 c.p.c., posto che non indica neppure in quale vizio sarebbe caduta la pronuncia del Tribunale lombardo. D’altra parte, il motivo non si confronta con la ratio decidendi del provvedimento, che pure si sofferma a esaminare l’attuale situazione socio politica del Pujab, con riferimento a dati del 2017 (e quindi aggiornato con il rilascio del provvedimento impugnato).

6.- Le spese seguono la regola della soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.100,00 oltre S.P.A.D..

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a mente del medesimo art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile, il 12 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2018

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