Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 322 del 10/01/2017

Cassazione civile, sez. II, 10/01/2017, (ud. 29/09/2016, dep.10/01/2017),  n. 322

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

MOLISANNIO s.p.a., già ISTITUTO FINANZIARIO MOLISANNIO s.p.a., in

liquidazione volontaria ed in concordato preventivo, in persona del

legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, in forza

di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. Roberto Prozzo,

con domicilio eletto nello studio dell’Avv. Cristina Della Valle in

Roma, via Merulana, n. 234;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, rappresentato e difeso, per legge, dall’Avvocatura Generale

dello Stato, e presso gli Uffici di questa domiciliato in Roma, Via

dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

e nei confronti di:

P.C.;

– intimato –

e sul ricorso proposto da:

P.C., rappresentato e difeso, in forza di procura

speciale in calce al ricorso, dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio

eletto nello studio dell’Avv. Claudia De Curtis in Roma, viale

Giuseppe Mazzini, n. 142;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, rappresentato e difeso, per legge, dall’Avvocatura Generale

dello Stato, e presso gli Uffici di questa domiciliato in Roma, Via

dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

e nei confronti di:

MOLISANNIO s.p.a., già ISTITUTO FINANZIARIO MOLISANNIO s.p.a., in

liquidazione volontaria ed in concordato preventivo, in persona del

legale rappresentante pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 3802/13 in

data 30 ottobre 2013.

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 29

settembre 2016 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

udito l’Avvocato dello Stato Fabio Tortora;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per il rigetto

di entrambi i ricorsi.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Con decreto n. 70250 emesso il 28 giugno 2007 il Ministero dell’economia e delle finanze, Dipartimento del tesoro – Direzione 5^ – Ufficio 4^, ingiungeva a P.C. e, quale obbligata in solido, alla Molisannio s.p.a., di pagare la somma di Euro 390.916, a titolo di sanzioni per violazioni del D.L. n. 143 del 1991, art. 1, comma 1, convertito nella L. n. 197 del 1991, per avere eseguito trasferimenti di denaro per complessivi Euro 8.622,054,12 in contanti, e non per il tramite degli intermediari abilitati.

P.C. e la s.p.a. Molisannio proponevano separate opposizioni dinanzi al Tribunale di Benevento, iscritte al n. 2564/07 e al n. 3066/07 R.G.

In particolare il P. deduceva: la nullità del provvedimento per mancata indicazione del locus commissi delicti; la nullità del provvedimento per carenza dell’elemento soggettivo dell’illecito; la nullità del provvedimento per genericità e mancanza di motivazione; l’estinzione dell’obbligazione per tardiva/omessa notifica della contestazione; la prescrizione della L. n. 689 del 1981, ex art. 28.

La società Molisannio, a sua volta, lamentava: l’incompetenza, in quanto il provvedimento era stato adottato da un dirigente del Ministero anzichè dal Ministro; la nullità del decreto per omessa notifica della contestazione; la nullità di una eventuale notifica della contestazione al P., atteso che il medesimo versava in una situazione di conflitto di interessi; la intempestività della contestazione, atteso che già a gennaio 2004 la Guardia di finanza aveva accertato tutte le operazioni; la omessa individuazione delle singole operazioni; l’insussistenza delle violazioni; l’abnormità della sanzione, che doveva essere rideterminata dal giudice.

Il Ministero si costituiva in entrambi i giudizi, resistendo.

Le cause venivano riunite.

Il Tribunale di Benevento, con dispositivo letto all’udienza del 5 novembre 2009 e sentenza pubblicata il 21 ottobre 2010, decideva le cause, respingendo le opposizioni e compensando le spese di lite.

Osservava il primo giudice, nella sentenza che reca nella costituzione delle parti l’indicazione del P. e del Ministero e che nella parte espositiva enuncia le sole obiezioni del P., che la contestazione oggetto della controversia prendeva origine dal processo verbale del 19 maggio 2004 redatto dal Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza di Roma, nel quale era esposto che nell’ambito di un’ispezione svolta nei confronti dell’Istituto finanziario Molisannio, società iscritta nell’elenco degli intermediari finanziari di cui all’art. 106 T.U. bancario e non abilitata alle operazioni di trasferimento di cui alla L. n. 197 del 1991, art. 4, era emerso che il P. aveva eseguito operazioni di trasferimento di denaro contante dell’importo di Euro 8.622.054,12 in violazione della L. n. 197 del 1991, art. 1. Il Tribunale escludeva la sussistenza della violazione della L. n. 689 del 1981, art. 14, tenuto conto della complessità e delle necessarie lungaggini dell’accertamento compiuto dalla Guardia di finanza; negava la genericità della contestazione, dal momento che l’ordinanza rinviava al verbale del 19 maggio 2004; osservava che dal verbale della Guardia di finanza e dalla documentazione acquisita emergeva la prova del compimento da parte del P. dell’operazione; respingeva l’eccezione di prescrizione; concludeva che, al di là del difetto di motivazione da ritenersi però irrilevante, non erano stati addotti elementi tali da far ritenere incongrua l’entità della sanzione irrogata.

Con ricorso del 29 marzo 2011 il Ministero, premesso che nella sentenza il giudice aveva per mero errore materiale omesso di indicare sia nel dispositivo che nell’epigrafe la Molisannio s.p.a., chiedeva che il Tribunale di Benevento procedesse alla correzione dell’errore materiale occorso.

Con ordinanza del 7 ottobre 2011 il Tribunale ordinava la correzione dell’errore materiale.

2. – Avverso questa sentenza proponevano distinti appelli sia il P. che la Molisannio s.p.a..

La Corte d’appello di Napoli, con sentenza in data 30 ottobre 2013, ha rigettato gli appelli, condannando gli appellanti in solido al pagamento delle spese processuali.

La Corte distrettuale – premesso che l’omessa indicazione del nome di una delle parti nell’intestazione della sentenza va considerata mero errore materiale – ha rilevato che l’omessa enunciazione nella sentenza delle specifiche ragioni di impugnazione sollevate dalla Molisannio, pur determinando la nullità della sentenza impugnata, non comporta la rimessione al giudice di primo grado, ma impone al giudice di appello di provvedere sulle domande e sulle eccezioni oggetto dell’omissione.

Nel merito, la Corte d’appello ha rilevato che l’Istituto finanziario Molisannio risultava iscritto nell’elenco generale degli intermediari previsto dall’art. 106 TUB, ma non era abilitato, ai sensi della L. n. 197 del 1991, art. 4, comma 2, ad effettuare operazioni di trasferimento in contanti superiori alla soglia di legge (Lire 20.000.000 ed in seguito, a partire dal 2002, Euro 12.500).

Esclusa l’incompetenza del dirigente generale della Direzione 5^ del Tesoro all’irrogazione della sanzione, la Corte ha dichiarato valida la notificazione del verbale di contestazione del 19 maggio 2004, effettuata in data 8 giugno 2004 dalla Guardia di finanza al P., rilevando che detta notificazione, siccome effettuata presso la sede dell’Istituto finanziario Molisannio al P. come interessato, dopo averne precisato la qualità anche di legale rappresentante della società, deve reputarsi effettuata nei confronti di entrambi i destinatari, quali obbligati solidali.

Rigettato il motivo con cui si lamentava la tardività della contestazione della violazione ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 14 e s’invocava la decadenza dal potere sanzionatorio, la Corte di Napoli – quanto alla prova delle violazioni contestate – ha affermato che dagli accertamenti della Guardia di finanza risulta che la Molisannio, pur essendo abilitata unicamente ad erogare finanziamenti e a raccogliere risparmio solo tra i soci e/o i dipendenti, effettuava sistematicamente operazioni comportanti il trasferimento di denaro contante da e in favore di soggetti anche estranei alla compagine societaria, spesso per importi eccedenti il limite legale, senza essere munita della speciale autorizzazione accordata ai soggetti abilitati dalla L. n. 197 del 1991, art. 4.

La Corte d’appello ha quindi respinto l’eccezione di prescrizione, osservando che il verbale di constatazione, siccome notificato nel giugno 2004, produsse l’effetto interruttivo della prescrizione quinquennale, la cui maturazione andava pertanto esclusa in riferimento a tutte le operazioni compiute nell’arco di tempo interessato dagli accertamenti (anni 2001-2003).

Con specifico riguardo alla posizione del P., presidente del consiglio di amministrazione, la Corte di Napoli ha affermato essere “ineludibile” la sua “diretta responsabilità”, attesa la sua personale partecipazione a numerose operazioni integranti altrettante violazioni del divieto di cui alla L. n. 197 del 1991, art. 1.

3. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello la s.p.a. Molisannio ha proposto ricorso, con atto notificato il 15 e il 17 dicembre 2014, sulla base di sette motivi.

Il Ministero dell’economia e delle finanze vi ha resistito con controricorso.

Anche il P. ha proposto ricorso, con atto notificato il 15 dicembre 2014, sulla base di sette motivi.

Il Ministero ha resistito anche a questo ricorso con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo del ricorso Molisannio denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 161, 187 e 354 c.p.c.. Con esso si denuncia che la Corte d’appello abbia ritenuto che il Tribunale si fosse pronunciato anche sulla opposizione proposta dalla Molisannio, e che l’omesso esame, da parte del primo giudice, dei motivi di impugnazione proposti dalla Molisannio si risolvesse in un mero vizio di omessa pronuncia. In realtà – sostiene il ricorrente – il Tribunale si è pronunciato sui soli motivi di opposizione proposti dal P., non anche su quelli (solo in parte coincidenti) proposti dalla Molisannio con il proprio, autonomo ricorso. L’omessa pronuncia, da parte del Tribunale, sulla opposizione proposta dalla società comporterebbe l’inesistenza della sentenza, con conseguente necessità di rimettere la causa al giudice di primo grado.

Analoga censura è sollevata dal P. con il primo motivo del proprio ricorso.

1.1. – Entrambi i motivi – della società e del P. – sono infondati.

Questa Corte (Sez. 3, 24 novembre 1987, n. 8694) ha affermato che la sentenza che ometta totalmente di pronunciare su una di due cause riunite per connessione soggettiva, ma autonome e distinte per il titolo e l’oggetto, ignorandone l’esistenza nello svolgimento del processo, nei motivi della decisione e nel dispositivo, deve ritenersi, al riguardo di tale causa, inesistente, in quanto priva di quel minimo di elementi o requisiti indispensabili perchè l’atto possa configurarsi giuridicamente come sentenza. Ne consegue che il giudice dell’appello deve rimettere la causa a quello di primo grado, ai sensi del combinato disposto dell’art. 354 c.p.c., comma 1 e art. 161 c.p.c., comma 2, atteso che quest’ultima disposizione deve ritenersi riferita a tutte le ipotesi di inesistenza oltre quella, esplicitamente prevista, di mancata sottoscrizione del giudice.

Tale principio non è però applicabile nella specie, perchè nel dispositivo all’udienza del 5 novembre 2009 il giudice monocratico del Tribunale di Benevento ha rigettato “le opposizioni”, così pronunciando su entrambi i ricorsi, della Molisannio e del P..

Ne deriva che la mancata indicazione, nell’intestazione della sentenza di primo grado, della Molisannio come parte opponente e del numero di ruolo (il n. 3066 del 2007) della causa da essa promossa, integra un errore materiale, correggibile – come in effetti avvenuto – con il procedimento di correzione di errore materiale; laddove la mancata esposizione degli specifici motivi di opposizione sollevati dalla Molisannio e l’omesso esame di questi da parte della sentenza determinano la nullità, non l’inesistenza, della stessa.

Correttamente, pertanto, la Corte di Napoli, avendo riscontrato tale vizio della sentenza di primo grado, ha deciso sulle domande e sulle eccezioni della Molisannio oggetto dell’omissione, decidendo la relativa causa nel merito, mentre non poteva rimetterla al primo giudice, non rientrando la fattispecie tra le ipotesi di rimessione tassativamente previste dall’art. 354 c.p.c..

2. – Con il secondo motivo, la società ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 145 c.p.c. e dei principi generali in tema di nullità della notifica in caso di conflitto di interessi, nonchè violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, artt. 6 e 14. L’ordinanza ingiunzione sarebbe illegittima, in quanto non preceduta da una valida notifica della contestazione alla società nella sua veste di obbligato in solido. Eventuali notifiche indirizzate alla società ma fatte a mani del P. sarebbero nulle e non riferibili alla società.

Con il secondo motivo il P., nel denunciare a sua volta violazione e falsa applicazione dell’art. 145 c.p.c. e dei principi generali in tema di nullità della notifica nonchè omessa notifica del processo verbale di contestazione, deduce che il verbale di contestazione redatto dalla Guardia di finanza e notificato alla Molisannio in data 8 giugno 2004 non può ritenersi utilmente notificato al P., attesa la diversa posizione degli obbligati in solido ed attesa la norma di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 14, che richiede la notifica agli obbligati personalmente.

2.1. – Il motivo di entrambi i ricorrenti è infondato.

Nel caso in cui la violazione, per la quale è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria, sia commessa dal rappresentante legale di una persona giuridica nell’esercizio delle relative funzioni, la notificazione della contestazione eseguita nei confronti del legale rappresentante in proprio, senza alcun riferimento alla persona giuridica rappresentata, non costituisce valida contestazione nei confronti della persona giuridica, la cui responsabilità solidale presuppone che le sia tempestivamente contestata l’infrazione del soggetto di cui deve rispondere (Cass., Sez. 2, 15 novembre 2011, n. 23875). In altri termini, ove il trasgressore persona fisica coincida con il rappresentante a norma di legge o di statuto, la contestazione della violazione può anche essere effettuata a costui con riguardo ad ambedue le qualità, senza che occorra la consegna di un doppio esemplare del verbale di accertamento, ma rimanendo indispensabile che il destinatario della contestazione venga considerato nella duplice sua qualità di trasgressore e di responsabile solidale (Cass., Sez. 2, 11 agosto 2016, n. 17023).

Tale essendo l’orientamento di questa Corte di legittimità, correttamente la Corte territoriale ha ritenuto idonea la contestazione nei confronti della società Molisannio, essendo sufficiente l’unica notificazione del verbale del 19 maggio 2004, effettuata in data 8 giugno 2004 dalla Guardia di finanza a P.C., presso la sede della Molisannio, nella sua duplice qualità di “interessato” e di legale rappresentante della società Molisannio. Deve pertanto ritenersi validamente perfezionata nei confronti della società e del trasgressore la notifica compiuta, anche per l’ente, nelle mani del P., nella sua duplice qualità di trasgressore e di legale rappresentante della società Molisannio.

Quanto, poi, alla denunciata situazione di conflitto di interessi ingeneratasi nei rapporti tra la società Molisannio e lo stesso P. a causa della condotta di quest’ultimo (al quale la Procura della Repubblica ha contestato il delitto di associazione per delinquere e di esercizio abusivo di attività bancaria), correttamente la Corte d’appello ha escluso che da ciò discenda la nullità della detta notifica del verbale di contestazione, sul rilievo che, a norma dell’art. 145 c.p.c., sussiste la legittimazione, generale ed esclusiva, del legale rappresentante della società a ricevere la notificazione degli atti relativi all’ente persona giuridica.

3. – Con il terzo motivo la ricorrente società lamenta omessa pronuncia (violazione dell’art. 112 c.p.c.) e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione. Con esso si lamenta che la Corte d’appello, nel respingere l’eccezione di tardività della contestazione, non abbia considerato che la Guardia di finanza a gennaio 2004 aveva già rilevato tutte le operazioni di importo superiore a Lire 20.000.000, sicchè la contestazione avvenuta a maggio 2004 era da ritenere tardiva, posto che, dopo il gennaio 2004, le indagini erano proseguite in relazione a fatti ulteriori e diversi.

Analoga censura è posta, con il quarto motivo, dal P., che denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. e omesso esame della eccezione di difetto di notifica.

3.1. – L’uno e l’altro motivo sono infondati.

La Corte d’appello ha escluso la tardività della contestazione della violazione ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 14 e la conseguente decadenza dal potere sanzionatorio, considerando la complessità degli accertamenti oggetto dell’attività di polizia valutaria, anche alla luce dell’elevato numero (oltre 400) di operazioni costituenti violazione del limite di legge e della conseguente necessità di esaminare i mastri contabili accesi al conto “cassa contanti” ed il libro giornale della società e di acquisire un quadro completo delle infrazioni illecite.

Questa conclusione, frutto di motivato apprezzamento delle risultanze di causa, circa la congruità del termine impiegato dall’amministrazione per giungere all’accertamento, muove dall’esatto rilievo che la constatazione dei fatti non comporta di per sè il loro accertamento: il termine di novanta giorni, previsto dalla L. n. 689 del 1981, art. 14, per la notifica degli estremi della violazione, decorre infatti dal compimento dell’attività di verifica di tutti gli elementi dell’illecito, dovendosi considerare anche il tempo necessario all’amministrazione per valutare e ponderare adeguatamente gli elementi acquisiti (Cass., Sez. Lav., 2 aprile 2014, n. 7681).

4. – Con il quarto motivo Molisannio lamenta omessa pronuncia (violazione dell’art. 112 c.p.c.) in relazione alla contestazione dell’esistenza e della fondatezza degli addebiti. Infatti, nel proporre opposizione, la Molisannio aveva evidenziato che il programma di contabilità individuava come operazioni eseguite in contanti anche operazioni che invece erano eseguite con assegni circolari e su piazza, o con bonifico, o anche mere operazioni di giroconto, e che il Ministero non aveva contestato in alcun modo tale affermazione.

Con il quinto motivo (violazione del principio di non contestazione; violazione degli artt. 167 e 416 c.p.c. e dell’art. 111 Cost.) la ricorrente, in via subordinata, pone la questione anche sotto il profilo della violazione del principio di non contestazione.

A sua volta, il P., con il terzo motivo del proprio ricorso denuncia erronea pronuncia; violazione dell’art. 112 c.p.c. e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti. La doglianza si riferisce al quarto motivo di appello, con cui il P. aveva eccepito la nullità della sanzione per violazione della L. n. 689 del 1981, art. 3, contenente il principio della personalità della responsabilità amministrativa sul presupposto di una condotta attiva ed omissiva cosciente e volontaria.

Con il quinto motivo (violazione del principio di non contestazione; violazione degli artt. 167 e 416 c.p.c. e art. 111 Cost.) il P. sostiene di avere sempre contestato la diretta esecuzione delle operazioni vietate e che il Ministero non ha mai confutato l’affermazione di esso opponente.

4.1. – I quattro esposti motivi – da esaminare congiuntamente, stante la loro connessione – sono infondati.

Non sussiste la denunciata omessa pronuncia, perchè la Corte d’appello ha esaminato il merito della regiudicanda, relativo alla sussistenza dell’illecito, ed ha accertato che di esso sussiste la prova, sottolineando che dal verbale della Guardia di finanza, che dà conto analitico degli elementi raccolti e degli accertamenti eseguiti, risulta che le erogazioni ed i versamenti di denaro contante avvenivano quasi quotidianamente: la Molisannio, pur essendo abilitata ad erogare finanziamenti e a raccogliere risparmio solo tra i soci ed i dipendenti, effettuava sistematicamente operazioni comportanti il trasferimento di denaro contante da ed in favore di soggetti anche estranei alla compagine sociale.

D’altra parte, la Corte territoriale ha anche rilevato, all’esito del puntuale esame degli atti, che la contestazione degli opponenti è stata effettuata in maniera generica, non essendo supportata da idonee allegazioni probatorie (come, ad esempio, scritture contabili attestanti l’inesistenza delle operazioni contestate): di qui la sicura inidoneità di quella generica contestazione a trasformare in fatti non controversi le affermazioni degli opponenti e a fondare la prova della insussistenza della materialità delle operazioni.

Quanto, poi, specificamente alla posizione del P., la Corte territoriale ha esattamente considerato, nel confermare la sentenza di rigetto dell’opposizione, la sua posizione di presidente del consiglio di amministrazione, oltre che di legale rappresentante della società, e, tenuto conto della sistematicità delle operazioni contra legem comportanti il trasferimento di denaro contante, che avvenivano con una frequenza quasi quotidiana, ha rilevato che rientrava nelle sue attribuzioni attivarsi per impedire il verificarsi dell’evento integrante la violazione. La piena consapevolezza, da parte del P., della prassi illecita cui la società improntava la propria attività è poi risultata confermata, ed “aggravata”, dalla sua “personale partecipazione” a numerose operazioni integranti altrettante violazioni del divieto di legge: il che dimostra – come rilevato dal giudice del merito con puntuale apprezzamento delle risultanze di causa, in linea anche con la portata della L. n. 689 del 1981, art. 3, in punto di elemento soggettivo nelle violazioni amministrative – la di lui colpevole omissione di ogni controllo sulle condotte degli altri amministratori e dei dipendenti, in una situazione di sistematica violazione delle norme antiriciclaggio da parte della società Molisannio.

5. – Con il sesto motivo (omessa pronuncia; violazione dell’art. 112 c.p.c.) la società ricorrente si duole che la Corte d’appello abbia omesso di pronunciarsi sul motivo di appello proposto dalla Molisannio (il n. 2.7.) con cui era stata contestata l’entità della sanzione.

Identica censura è sollevata, con il sesto motivo, dal ricorrente P..

Il settimo motivo del ricorso della società propone la questione relativa all’entità della sanzione anche sotto il profilo della violazione della L. n. 689 del 1981, art. 11.

Analoga censura è sollevata, con il settimo motivo, dal ricorrente P..

5.1. – Tutte le censure sono infondate.

C’è, nella sentenza, una motivazione implicita di congruità e proporzionalità della sanzione irrogata, applicata, in conformità dei criteri dettati dalla L. n. 689 del 1981, art. 11, nei minimi edittali (pari al 5 per cento dell’ammontare complessivo di tutte le operazioni, quando la legge stabiliva una sanzione amministrativa pecuniaria fino al 40 per cento dell’importo trasferito), in una situazione di accertata gravità, desunta dalla “reiterata e sistematica violazione delle norme anticiriclaggio” e dall’ingente numero (419) delle operazioni illecite.

6. – I ricorsi sono, entrambi, rigettati.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

Poichè i ricorsi sono stati proposti successivamente al 30 gennaio 2013 e sono respinti, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il T.U. di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte di ciascun ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione integralmente rigettata.

PQM

La Corte rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al rimborso delle spese processuali sostenute dal controricorrente Ministero, che liquida in complessivi Euro 10.000 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte di ciascun ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 29 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2017

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