Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32192 del 10/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 10/12/2019, (ud. 08/10/2019, dep. 10/12/2019), n.32192

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. POLITTO Liberato – rel. Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17427- proposto da:

A.A., A.M., S.M., A.F.,

elettivamente domiciliati ROMA VIA ULPIANO 29, presso lo studio

dell’avvocato FELICE ASTORINO, rappresentato e difesi dall’avvocato

SIMONA ARCURI, giusta procura in calce;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza 73/2013 della COMM.TRIB.REG. di CATANZARO,

depositata il 02/05/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/10/2019 dal Consigliere Dott. PAOLITTO LIBERATO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE GIOVANNI che ha concluso per l’inammissibilità subordine

per il rigetto del ricorso;

udito per ricorrente l’Avvocato ARCURI che si riporta agli scritti;

udito per il controricorrente l’Avvocato GUIZZI che ha chiesto il

rigetto del ricorso principale e l’accoglimento dell’incidentale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Con sentenza n. 73/4/13, depositata il 2 maggio 2013, la Commissione tributaria regionale della Calabria, – pronunciando sull’appello principale proposto da S.M. e A.M., e su quello incidentale dell’Agenzia delle Entrate, – ha rigettato il primo, e dichiarato inammissibile il secondo, così confermando la decisione di prime cure che, – a fronte di avviso di liquidazione, con irrogazione di sanzioni, emesso in relazione alla denuncia di successione in morte di L.V.A., – aveva dichiarato dovuti, sulla somma liquidata e già riscossa dall’amministrazione, i soli interessi da ritardato pagamento, e non anche le irrogate sanzioni.

A fondamento del decisum il giudice del gravame ha rilevato che:

– contrariamente all’assunto degli appellanti principali, non v’era prova del versamento della somma di (originarie) Lire. 10.000.000 a titolo di definizione agevolata del carico tributario, posto che non era stata prodotta copia “della domanda di condono e… del provvedimento di ammissione”;

– l’amministrazione non aveva dato prova “della tardività della presentazione della denuncia di successione” (che non era stata rinvenuta agli atti del processo);

– lo spiegato appello incidentale era inammissibile per genericità e carenza dei motivi “addotti a sostegno dello stesso”.

2. – A.A., A.F., A.M. e S.M. ricorrono per la cassazione della sentenza sulla base di un solo motivo; i ricorrenti hanno, altresì, depositato memoria.

L’agenzia delle Entrate resiste con controricorso, articolando anche un motivo di ricorso incidentale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – I ricorrenti principali, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, denunciano violazione e falsa applicazione della L. 30 dicembre 1991, n. 413, art. 44, deducendo che, in relazione a detta disposizione, il debito doveva ritenersi estinto con l’intervenuto pagamento (quantificato, ed eseguito, in originarie lire 10.000.000) “senza alcuna distinzione tra sorte capitale, interessi e sanzioni”, così che non aveva fondamento la conferma della statuizione di condanna di essi esponenti al pagamento degli interessi per il ritardato versamento dell’imposta dovuta.

2. – Con un solo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente incidentale denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 637 del 1972, artt. 39 e 50, dell’art. 115 c.p.c., del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, e dell’art. 2697 c.c..

Assume, nello specifico, l’Agenzia delle Entrate che, – una volta esclusa la fattispecie della definizione agevolata del carico tributario, l’atto impositivo avrebbe dovuto ritenersi legittimo “nel suo complesso” (a riguardo, dunque, anche delle sanzioni applicate), posto, poi, che non v’era contestazione tra le parti quanto alla tardività della presentazione della dichiarazione di successione.

3. – I due motivi debbono ritenersi entrambi inammissibili.

3.1 – Inammissibile è il motivo di ricorso principale che, denunciando una (insussistente) violazione di legge, – non intercetta la ratio decidendi della gravata sentenza che ha escluso la medesima fattispecie della definizione agevolata per difetto di ogni suo riscontro probatorio.

La mera riproposizione, quale motivo di ricorso, degli effetti di fattispecie, – qual ascritti al regime giuridico della definizione agevolata, – risulta, pertanto, inconferente col contenuto sostanziale del decisum di secondo grado che, – senza violare alcuna disposizione normativa a quel regime stesso sottesa, – ne ha motivatamente escluso la stessa configurabilità.

3.2 – Inammissibile, peraltro, è anche il motivo di ricorso incidentale che, – a fronte di una statuizione di rigetto incentrata sul difetto di prova “della tardività della presentazione della denuncia di successione”, – espone (impropriamente) una dedotta violazione di legge (piuttosto che una omissione di accertamento) con riferimento alle concrete ricadute (di fattispecie) del principio di non contestazione.

Il motivo di ricorso, per quanto pur suscettibile di riqualificazione (Cass. Sez. U., 24 luglio 2013, n. 17931 cui adde: Cass., 23 maggio 2018, n. 12690; Cass., 7 maggio 2018, n. 10862; Cass., 27 ottobre 2017, n. 25557; Cass., 17 dicembre 2015, n. 25386; Cass., 20 febbraio 2014, n. 4036; Cass., 21 gennaio 2013, n. 1370), difetta, però, di autosufficienza in quanto non indica il come (condotta processuale), ed il dove (sede processuale), della non contestazione quanto alla circostanza relativa alla tardività della presentazione della dichiarazione di successione (per il rilievo che il ricorso, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, deve sia indicare la sede processuale di adduzione delle tesi ribadite o lamentate come disattese, sia contenere la trascrizione dei relativi passaggi argomentativi, v. Cass., 9 agosto 2016, n. 16655 cui adde Cass., 10 agosto 2017, n. 19985).

4. – Le spese del giudizio di legittimità vanno integralmente compensate, tra le parti, per reciproca soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti principali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis; laddove alcunchè va disposto, per detto titolo, a riguardo della dichiarazione di inammissibilità del ricorso proposto da un’amministrazione dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, è esentata dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (cfr., ex plurimis, Cass., 29 gennaio 2016, n. 1778; Cass., 5 novembre 2014, n. 23514; Cass. Sez. U., 8 maggio 2014, n. 9938; Cass., 14 marzo 2014, n. 5955).

P.Q.M.

La corte dichiara inammissibili il ricorso principale e quello incidentale e compensa integralmente, tra le parti, le spese del giudizio di legittimità. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti principali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio il 8 ottobre 2019.

Depositato in cancelleria il 10 dicembre 2019

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