Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3218 del 12/02/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 3218 Anno 2014
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: CARRATO ALDO

SENTENZA

acquisto per
usucapione

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 36811’08) proposto da:
PERIOTTO VALERIA (C.F.: PRT VRL 54M42 L359I), rappresentata e difesa, in forza di
procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. Stefano Merighi ed elettivamente
domiciliata presso lo studio dell’Avv. Mattia loannucci, in Roma, via del Vignola, n. 11;
– ricorrente –

contro
RIVOLI RENZO (C.F.: RVL RNZ 41H15 H061U), rappresentato e difeso, in virtù di procura
speciale a margine del controricorso, dagli Avv.ti Carlo Bona e Massimo Colarizi ed
elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo, in Roma, viale Bruno Buozzi, n. 87
(come da successiva comunicazione acquista in atti);

– controricorrente —

Avverso la sentenza della Corte di appello di Trento n. 160/2007, depositata il 21 giugno
2007 (e notificata il 27 novembre 2007);

nol(3

1

Data pubblicazione: 12/02/2014

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 18 dicembre 2013 dal
Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;
uditi gli Avv.ti Stefano Merighi (per la ricorrente) e Carlo Bona e Fabrizio Mozzillo
(per delega) nell’interesse del controricorrente;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Lucio

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione del marzo 2003 il sig. Rivoli Renzo conveniva in giudizio, dinanzi al
Tribunale di Rovereto, la sig.ra Periotto Valeria, proponendo opposizione avverso il
precetto notificatogli il 10 marzo 2003 con il quale gli veniva intimato il ripristino dello stato
dei luoghi in forza della precedente sentenza dello stesso Tribunale n. 49 del 1982,
chiedendo la dichiarazione di insussistenza del diritto della precettante a procedere in via
esecutiva in virtù del suddetto titolo giudiziale e, in subordine, dell’avvenuto acquisto per
usucapione del diritto di passaggio sulla p. ed. 2366 C.C. del Comune di Folgaria. Nella
costituzione della convenuta e con la chiamata in causa dei terzi Bernareggi Vigili() e Di
Lello Elena (che, peraltro, rimanevano contumaci), il Tribunale adito, con sentenza non
definitiva n. 377 del 2004, respingeva l’opposizione a precetto ma disponeva la
prosecuzione del giudizio per l’espletamento dell’istruzione probatoria relativa alla
subordinata domanda proposta per il riconoscimento dell’acquisto del menzionato diritto a
titolo di usucapione. Con successiva sentenza definitiva n. 74 del 2006, lo stesso
Tribunale, in accoglimento della formulata domanda subordinata, dichiarava l’acquisto per
maturata usucapione, in favore della p. ed. 2365 ed a carico delta p. ed. 2366 del
Comune di Folgaria, del diritto di servitù di passaggio pedonale e carrabile in favore del
Rivoli (come da rappresentazione grafica allegata alla medesima sentenza).
Nei confronti di entrambe le sentenze proponeva appello la sig.ra Periotto Valeria e, nella
resistenza del solo appellato Rivoli Renzo, la Corte di appello di Trento, con sentenza n.
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Capasso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

160 del 2007 (depositata il 21 giugno 2007), respingeva il gravame e, per l’effetto,
confermava integralmente la sentenza impugnata n. 74 del 2006 nei riguardi del predetto
Rivolí Renro nonché di Bernareggi Vigilie, e Di Lena Elena
A sostegno dell’adOttata decisione, la Corte terrítoriale rilevava che, sul presuppogb Cid
contenuto della sentenza n. 113 del 1977 del Pretore di Rovereto, dopo la notifica del

ventennale per la possibile usucapione del diritto di servitù in questione (caratterizzato dal
requisito dell’apparenza), interrotto tardivamente solo con la notifica del successivo
precetto avvenuto il 10 marzo 2003, non potendosi, peraltro, riconoscere alla mancata
impugnazione della sentenza di appello n. 49 del 1982 emessa con riferimento alla
predetta sentenza alcun riconoscimento, da parte del Rivoli, del diritto della Periotto, quale
proprietaria del fondo dominante, a vietare il transito e a far ripristinare i luoghi.
Avverso la suddetta sentenza di secondo grado (notificata il 27 novembre 2007) ha
proposto ricorso per cassazione la Periotto Valeria (la quale, nelle more, ha comprovato di
aver acquistato anche le quote del terreno oggetto di causa di proprietà dei sigg.
Bernareggi Vigilio e Di Lello Elena, appellati rimasti contumaci, acquisendo, perciò, la
qualità dì successore degli stessi a titolo particolare), basato su tre motivi, in relazione al
quale si è costítuito in questa sede l’intimato Rivoli Renzo, con apposito controricorso.
IL difensore della ricorrente ha, altresì, depositato memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c. .
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la ricorrente ha dedotto la supposta violazione e falsa applicazione
dell’art. 1061 c.c., formulando, in proposito, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. (“ratione
temporis” applicabile nella fattispecie, risultando la sentenza impugnata pubblicata il 21
giugno 2007), il seguente quesito di diritto: “dica la S.C. se, successivamente alla
dichiarazione giudiziale dell’inesistenza di una servitù di passaggio, ai fini della decorrenza
di un nuovo termine di usucapione non è sufficiente la mera esistenza di una strada
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conseguente precetto azionato l’8 maggio 1979 era cominciato a decorrere il periodo

idonea allo scopo, ma la realizzazione di opere visibili e permanenti che dimostrino che la
specifica destinazione della strada all’esercizio della servitù ed il suo effettivo utilizzo”.
2. Con il secondo motivo la ricorrente ha denunciato la supposta violazione e falsa
applicazione dell’art. 1163 c.c., indicando il correlato quesito di diritto nei seguenti termini:
“dica la S. C. se, per aversi possesso clandestino, come tale non utile ai fini

fraudolenta, cioè un <>, ma è sufficiente che l’impossessamento
avvenga con modalità tali da rimanere occultato al proprietario del fondo servente”.
3. Con il terzo ed ultimo motivo la ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per
omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa il punto decisivo della
controversia relativo alla ritenuta continuità del possesso utile ai fini dell’usucapione in
capo al Rivoli e, quindi, “nella parte in cui faceva discendere dalla preesistenza di opere
visibili, anche l’effettivo esercizio della servitù di passaggio, benché non fosse stata <> data prova del compimento di atti di esercizio di tale transito, almeno fino alla
realizzazione di opere di modifica della strada”.
4. Rileva il collegio che il primo motivo (da qualificarsi ammissibile con riferimento
all’osservanza del requisito prescritto dall’art. 366 bis c.p.c.) è infondato e deve, pertanto,
essere respinto.
Con tale censura, la ricorrente ha inteso, in effetti, dedurre che l’apparenza della servitù
non avrebbe potuto essere desunta dalle opere eseguite anteriormente all’emanazione
della sentenza del Pretore di Rovereto intervenuta nel 1977, con la quale era stata negata
l’esistenza della servitù, oltre che dalla mera preesistenza di una strada, ma solo da opere
realizzate successivamente al passaggio in giudicato della pronuncia di accoglimento
dell’azione negatoria sopravvenuta nel 1982.
Senonché, osserva il collegio che — contrariamente a quanto dedotto con la formulata
doglianza – la Corte di appello trentina (v. pag. 12 della sentenza qui impugnata) ha
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dell’usucapione, nel caso di una servitù, non è necessario che sia una intenzione dolosa o

escluso proprio il presupposto della censura, ovvero che nel 1977 e/o nel 1982 si fosse
formato un giudicato sull’aspetto della non apparenza della servitù, dal momento che la
questione non era stata nemmeno esaminata nelle sentenze del 1977 e del 1982 con le
quali era stata esclusa l’esistenza di un diritto di servitù costituito per titolo (con il relativo
accoglimento dell'”actio negatoria servitutis”) ed ordinata la rimessione in pristino dei

In ogni caso, la Corte territoriale, nella sentenza impugnata, ha accertato in fatto, con
motivazione congrua e logica, che il Rivoli aveva posto in essere delle opere visibili e
permanenti sia prima che dopo la notificazione del precetto avvenuta nel 1979 e che tali
opere erano persistite nel corso del termine utile ai fini dell’usucapione.
Peraltro, occorre aggiungere che l’effetto interruttivo (del decorso del termine utile per
usucapire) riconducibile alla notificazione dell’atto di citazione relativo alla proposta azione
negatoria (v., ad es., sul punto, Cass. n. 7509 del 2006) era venuto comunque e cessare
con il passaggio in giudicato della sentenza che aveva riconosciuto l’inesistenza della
costituzione della servitù per titolo, ovvero nel 1982, a fronte della notificazione di un
nuovo precetto (quale successivo atto avente idoneità interruttiva) solo in data 10 marzo
2003, e, quindi, allorquando, era già maturato il periodo ventennale legittimante (nel
concorso degli altri requisiti di legge) l’acquisto del diritto reale per usucapione.
5. La seconda censura prospettata dalla ricorrente è da ritenersi inammissibile.
Con essa, infatti, la Periotto ha dedotto che il possesso della servitù sarebbe stato
esercitato clandestinamente sino al 1990, anno nel quale il Rivoli aveva pavimentato lo
stradello, ragion per cui, difettando l’elemento della pubblicità dell’esercizio del possesso
per tutta la durata del termine ventennale idoneo ai fini dell’usucapione, la domanda dello
stesso per il riconoscimento dell’acquisto del diritto di servitù a questo titolo non avrebbe
potuto essere accolta.

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luoghi e tale “ratio decidendi” non risulta nemmeno specificamente impugnata.

Osserva, però, il collegio che la questione dell’assunta clandestinità del possesso (almeno
per un certo periodo) appare nuova, siccome non dedotta con i motivi di appello (riportati a
pag. 7 della sentenza impugnata), ragion per cui essa non è propriamente ammissibile
nella presente sede di legittimità.
In ogni caso occorre evidenziare che la sentenza di appello non ha rilevato che fosse stato

del diritto di servitù), avendo anzi evidenziato — con motivazione sufficiente — che lo stesso
era stato esercitato con opere visibili e permanenti (come già rilevato con riferimento al 1°
motivo) realizzate nel 1977 ed anche successivamente nel 1990 e, quindi, rispondenti a
requisito dell’apparenza (cfr. Cass. n. 19696 del 2005). Peraltro, la giurisprudenza di
questa Corte (cfr., in particolare, Cass. n. 8736 del 2001 e Cass. n. 3076 del 2005) ha, in
proposito, condivisibilmente chiarito che

il requisito dell’apparenza della servitù

discontinua (quale è, per sua natura, quella di passaggio), richiesto al fine della sua
costituzione per usucapione si configura quale presenza di segni visibili di opere di
natura permanente obiettivamente destinate al suo esercizio tali da rivelare in
maniera non equivoca l’esistenza del peso gravante sul fondo servente per l’utilità
del fondo dominante, dovendo dette opere, naturali o artificiali che siano, rendere
manifesto trattarsi non di un’attività posta in essere in via precaria, o per tolleranza
del proprietario del fondo servente, comunque senza “animus utendi iure
servitutis”, bensì di un onere preciso, a carattere stabile, corrispondente in via di
fatto al contenuto di una determinata servitù che, peraltro, non implica
necessariamente un’utilizzazione continuativa delle opere stesse, la cui apparenza e
destinazione all’esercizio della servitù permangono, a comprova della possibilità di
tale esercizio e pertanto, della permanenza del relativo possesso, anche in caso di
utilizzazione saltuaria.

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esercitato un possesso clandestino (come tale inidoneo ai fini dell’acquisto per usucapione

Oltretutto, va rimarcato che ogni questione circa la sussistenza delle opere visibili e la loro
idoneità a dimostrare univocamente e senza incertezze la preordinazione all’utilità del
fondo dominante costituisce apprezzamento di fatto, demandato al giudice del merito ed
incensurabile in sede di legittimità se congruamente e correttamente motivato (come
verificatosi nel caso di specie).

la stessa non è corredata (ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c.) dall’esplicazione del momento di
sintesi delle ragioni dedotto a fondamento della supposta insufficienza motivazionale
(contenendo soltanto l’indicazione del fatto controverso in ordine al quale risultano dedotte
la mancanza e contraddittorietà della motivazione stessa), con essa è stato introdotto un
ulteriore tema nuovo, ovvero quello relativo alla mancata continuità dell’esercizio del
possesso “ad usucapionem”, non emergendo, dal contenuto del ricorso, in quale atto e in
quale fase processuale fosse stata posta tale questione. Oltretutto, deve sottolinearsi che,
nella sentenza di appello, risulta adeguatamente spiegato che il Rivoli aveva continuato ad
esercitare il passaggio (e, quindi, il possesso dell’inerente servitù) anche dopo la notifica
del primo precetto, compiendo ulteriori opere, senza che su questo specifico aspetto fosse
stata proposta impugnazione.
Ad ogni modo, in relazione alla natura discontinua della servitù di passaggio, deve
confermarsi quanto già posto in risalto nell’esame del secondo motivo, ovvero che, in
tema di servitù discontinue, l’esercizio saltuario non è di ostacolo a configurarne il
possesso (anche in funzione dell’eventuale acquisto per usucapione, nella
ricorrenza di tutte le condizioni riconducibili alla previsione dell’art. 1158 c.c.),
dovendo lo stesso essere determinato in riferimento alle peculiari caratteristiche ed
alle esigenze del fondo dominante, con la conseguenza che, ove non risultino chiari
segni esteriori diretti a manifestare Imanimus dereliquendi”, la relazione di fatto
instaurata dal possessore con il fondo servente non viene meno per la utilizzazione
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6. Anche la terza censura non è meritevole di pregio perché, al di là della circostanza che

non continuativa quando possa ritenersi che il bene sia rimasto nella virtuale
disponibilità del possessore.

7. In definitiva, alla stregua delle complessive ragioni esposte, il ricorso deve essere
integralmente respinto, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle
spese del presente giudizio, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo sulla scorta dei

(applicabile nel caso di specie in virtù dell’art. 41 dello stesso

D.M.: cfr. Cass., S.U., n.

17405 del 2012).

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente
giudizio, liquidate in complessivi euro 2.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre
accessori nella misura e sulle voci come per legge.

Così deciso nella camera di consiglio della 2^ Sezione civile in data 18 dicembre 2013.

nuovi parametri previsti per il giudizio di legittimità dal D.M. Giustizia 20 luglio 2012, n. 140

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