Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32178 del 12/12/2018

Cassazione civile sez. un., 12/12/2018, (ud. 20/11/2018, dep. 12/12/2018), n.32178

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Primo Presidente f.f. –

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente di Sez. –

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente di Sez. –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14071-2017 proposto da:

S.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI CAPO LE CASE

3, presso lo studio dell’avvocato GAETANO ARMAO, che lo rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTATNE IL PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA

CORTE DEI CONTI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BAIAMONTI

25;

– controricorrente –

e contro

PROCURA REGIONALE PRESSO LA SEZIONE GIURISDIZIONALE DELLA CORTE DEI

CONTI PER LA REGIONE SICILIANA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 182/2016 della CORTE DEI CONTI – SEZIONE

GIURISDIZIONALE D’APPELLO PER LA REGIONE SICILIANA PALERMO,

depositata il 28/11/2016.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/11/2018 dal Consigliere FRANCESCO MARIA CIRILLO;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale

FINOCCHI GHERSI RENATO, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Procura regionale della Corte dei conti per la Regione Siciliana convenne in giudizio S.G., nella qualità di ex

Sindaco del Comune di (OMISSIS), chiedendo che fosse condannato, a titolo di responsabilità amministrativa, al risarcimento dei danni causati al Comune stesso in conseguenza dell’illegittimo conferimento di incarichi di collaborazione in favore di C.L. e F.A., soggetti entrambi esterni all’amministrazione comunale.

La Sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana accolse in parte la domanda, ritenne lo S. responsabile soltanto in ordine agli incarichi conferiti al C. e lo condannò al pagamento della somma di Euro 46.000, oltre interessi e spese processuali, mentre non ravvisò alcuna irregolarità in ordine agli incarichi conferiti al F..

2. La sentenza è stata impugnata in via principale dalla Procura regionale ed in via incidentale dallo S. e la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale di appello per la Regione Siciliana, con sentenza del 28 novembre 2016, ha rigettato entrambi gli appelli, ha confermato la condanna pronunciata nei confronti dello S. dal giudice di primo grado ed ha compensato integralmente le spese del giudizio di appello.

La Corte dei conti ha osservato, per quanto rileva in questa sede, che la sentenza di primo grado era correttamente pervenuta ad un giudizio di condanna nei confronti dell’ex Sindaco in relazione agli incarichi da lui conferiti a C.L. ai sensi della L.R. Siciliana 26 agosto 1992, n. 7, art. 14.

Richiamato il testo di tale disposizione, il giudice di appello ha rilevato che il C. non era dotato di alcuna documentata specializzazione professionale, nè era esperto di organizzazione e funzionamento degli enti locali, per cui erano carenti i requisiti indicati dall’art. 14 cit. affinchè il medesimo potesse essere ritenuto un “esperto del Sindaco”. L’incarico a lui conferito, di per sè “generico ed evanescente”, non consentiva di cogliere con esattezza quale fosse l’utilità della sua opera in favore del Comune di Alcamo; il che trovava conferma nella circostanza che il C. non aveva conseguito alcuna “utilità documentata e giuridicamente apprezzabile”. Il danno era stato correttamente liquidato nella somma di Euro 46.000, pari agli esborsi che il Comune aveva sopportato per compensare “un incarico di collaborazione illegittimamente conferito e, soprattutto, privo di reale utilità”.

3. Contro la sentenza della Corte dei conti in grado di appello propone ricorso S.G. con atto affidato ad un solo motivo.

Resiste la Procura generale della Corte dei conti con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 1), cod. proc. civ., difetto di potestas iudicandi in relazione alla L. 14 gennaio 1994, n. 20, art. 1 nonchè superamento dei limiti della giurisdizione contabile e straripamento nelle competenze amministrative della pubblica amministrazione.

Osserva il ricorrente che, a norma della L. n. 20 del 1994, art. 1 il sindacato della Corte dei conti non può entrare nel merito delle scelte discrezionali; nel caso specifico, invece, il giudice si sarebbe proprio intromesso nelle scelte effettuate valutandone la convenienza, che la L.R. Siciliana n. 7 del 1992, art. 14 rimette all’esclusiva determinazione del sindaco. Il Sindaco non avrebbe, nel caso in esame, superato i limiti delle sue competenze, avendo la facoltà di nominare esperti che lo aiutino in determinati settori, per cui il conferimento di tali incarichi sarebbe “una prerogativa speciale a lui riservata (e quindi non un arbitrio)”. Il ricorso lamenta anche il presunto superamento dei limiti della giurisdizione, perchè il giudice contabile non potrebbe “sostituirsi all’amministrazione nella scelta della regola del caso concreto”. Il ricorrente ricorda, infine, che il processo penale promosso nei suoi confronti per i medesimi fatti si è concluso con l’assoluzione da parte della Corte d’appello di Palermo, per cui vi sarebbe un accertamento ormai irrevocabile circa la legittimità del suo operato.

1.1. Osserva il Collegio che il ricorso è infondato.

Si deve innanzitutto riconoscere che è condivisibile il rilievo contenuto nel controricorso della Procura generale della Corte dei conti secondo cui nella specie sussiste ormai il giudicato implicito in punto di giurisdizione, non avendo il ricorrente mai contestato l’an dell’esistenza della medesima, nè in primo grado nè in appello, come risulta dallo stesso tenore dell’odierno ricorso. Ciò vale in relazione al profilo del possibile superamento, da parte del giudice contabile, dei limiti esterni della propria giurisdizione, in conformità a pacifica giurisprudenza di queste Sezioni Unite.

Tale prima conclusione non consente, tuttavia, di ritenere esaurito l’esame del ricorso, posto che il ricorrente solleva anche un profilo di doglianza concernente il preteso straripamento, da parte del giudice contabile, nelle competenze amministrative spettanti alla pubblica amministrazione, con conseguente violazione del limite costituito dalla discrezionalità dell’azione amministrativa.

Questa doglianza non è fondata.

Si deve infatti ribadire, in conformità ad una giurisprudenza alla quale va data ulteriore continuità, che rientra nella giurisdizione della Corte dei conti e non integra il divieto relativo al sindacato di merito delle scelte amministrative, l’accertamento della responsabilità amministrativa del sindaco di un Comune che abbia illegittimamente conferito numerosi incarichi a soggetti estranei all’amministrazione comunale, al di fuori dei casi previsti dalla legge e non a causa di eventi straordinari ai quali non possa farsi fronte con la struttura burocratica esistente, trattandosi di un controllo giurisdizionale fondato sui canoni di razionalità, efficienza ed efficacia che costituiscono il diretto corollario del principio di rango costituzionale del buon andamento della p.a., sancito all’art. 97 Cost. (sentenza 13 dicembre 2017, n. 29920). Principio, questo, che si inquadra in quello più generale per cui la Corte dei conti non viola i limiti della propria giurisdizione quando verifichi la compatibilità delle scelte amministrative con i fini dell’ente pubblico, che devono essere ispirati ai criteri di economicità e di efficacia, con il solo limite del divieto di compiere valutazioni di mera opportunità o non condivisione (così, ancora più di recente, la sentenza 7 settembre 2018, n. 21926).

La censura è quindi infondata, poichè attinge ai limiti interni della giurisdizione contabile.

2. Il ricorso, pertanto, è rigettato, dichiarandosi la giurisdizione della Corte dei conti.

Non occorre provvedere sulle spese, poichè la Procura generale della Corte dei conti è parte solo in senso formale.

Sussistono tuttavia le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e dichiara la giurisdizione della Corte dei conti. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 20 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2018

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