Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32172 del 10/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 10/12/2019, (ud. 25/09/2019, dep. 10/12/2019), n.32172

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8524-2018 proposto da:

D.G.G., nella qualità di legale rappresentante pro

tempore della Società D.G. M. E D.G. G. SNC,

elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato CLEMENTE MATTONE;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5133/19/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO SEZIONE DISTACCATA di LATINA, depositata il

08/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO

GIOVANNI CONTI.

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

D.G.G., nella qualità di legale rappresentante della D.G. M. e D.G. G. s.n.c. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, contro l’Agenzia delle entrate, impugnando la sentenza della CTR Lazio, indicata in epigrafe, con la quale era stato rigettato l’appello della contribuente, confermando la legittimità dell’accertamento emesso a carico della società per l’anno 2010 e fondato su movimentazioni bancarie riscontrate nei conti correnti dei soci, riconosciuta peraltro la legittimità della delega e l’impossibilità di fare valere in grado di appello censure nuove concernenti la sottoscrizione dell’atto di delega. Secondo la CTR la società contribuente non aveva offerto alcuna giustificazione delle movimentazioni bancarie riconducibili all’attività d’impresa.

L’Agenzia delle entrate ha depositato controricorso.

Con il primo motivo si deduce la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, e del D.P.R. n. 633 del 1972. La CTR avrebbe omesso di considerare che la riferibilità dei conti correnti – e delle relative movimentazioni – intestati a soci possono imputarsi alla società solchè l’amministrazione provi, anche solo in via presuntiva, la riferibilità delle operazioni al sodalizio. Si deduce, altresì, la circostanza che le giustificazioni offerte non avrebbero dovuto ritenersi tardive in relazione all’epoca nella quale erano state rilasciate dalla banca, inoltre prospettando l’erroneità delle attività di accertamento effettuate dalla Guardia di finanza anche con riferimento all’attività di prelevamento.

La censura, ritualmente dedotta e non involgente l’accertamento di merito operato dal giudice di appello, è fondata nei limiti di seguito esposti.

Ed invero, questa Corte ha ritenuto che in sede di rettifica e di accertamento d’ufficio delle imposte sui redditi, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37, comma 3, l’utilizzazione dei dati risultanti dalle copie dei conti correnti bancari acquisiti dagli istituti di credito non può ritenersi limitata, in caso di società di capitali, ai conti formalmente intestati all’ente, ma riguarda anche quelli intestati ai soci, agli amministratori o ai procuratori generali, allorchè risulti provata dall’Amministrazione finanziaria, anche tramite presunzioni, la natura fittizia dell’intestazione o, comunque, la sostanziale riferibilità all’ente dei conti medesimi o di alcuni loro singoli dati, senza necessità di provare altresì che tutte le movimentazioni di tali rapporti rispecchino operazioni aziendali, atteso che, ai sensi del D.P.R. n. 600 cit., art. 32, incombe sulla società contribuente dimostrarne l’estraneità alla propria attività di impresa – Cass. n. 8112/2016, Cass. n. 16575/2013, Cass. n. 13391/2003, Cass. n. 2536/2018 -.

Peraltro, non si è mancato di sottolineare che sono consentite le indagini bancarie da parte degli uffici finanziari e della Guardia di finanza, ai fini dell’accertamento dei redditi di una società a responsabilità limitata sui conti correnti dei soci, incombendo sulla prima l’onere di dimostrare che non sono a sè riconducibili gli importi rinvenuti sugli stessi (Cass. n. 7758/2019).

Orbene, a tali principi la CTR non ha mostrato di adeguarsi, essendosi il giudice di appello limitato a ritenere la riconducibilità dei conti correnti all’attività d’impresa senza tuttavia dare conto degli elementi che a tale conclusione l’avevano indotta e che avrebbero dovuto giustificare il rigetto dell’impugnazione proposta dalla società contribuente sul punto, invece unicamente affermando che la contribuente non aveva superato la presunzione di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2. La CTR, peraltro, non risulta avere esaminato gli elementi addotti dalla società contribuente (indicati a pag.3 primo capoverso della motivazione) in ordine alla riferibilità personale dei conti stessi ai singoli soci, in tal modo disattendendo i principi sopra richiamati a proposito della verifica invece dovuta dal giudice tributario.

A diverse conclusioni deve invece giungersi con riguardo alle censure relative ai prelevamenti- che giustamente la CTR ha considerato rilevanti ai fini della presunzione di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, in relazione all’attività imprenditoriale svolta – cfr. Cass. n. 7951 del 30/03/2018 ed alle limitazioni temporali che, invero, la CTR non ha in alcun modo considerato, invece ritenendo prive di specificità le prove fornite per sovvertire la presunzione legale nascente dal ricordato art. 32.

Il secondo motivo, con il quale si prospetta la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, è infondato.

La CTR, dopo avere dato atto del deposito della delega, ha escluso la fondatezza della censura esposta con riguardo alla qualifica del funzionario che ha sottoscritto l’atto di accertamento richiamando i principi espressi da Cass. n. 22800/2015, a cui tenore l’avviso di accertamento, a norma del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, (che, nel rinviare alla disciplina sulle imposte dei redditi, richiama implicitamente il citato art. 42), deve essere sottoscritto, a pena di nullità, dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato e, cioè, secondo la classificazione prevista dal c.c.n.l., art. 17, comparto “agenzie fiscali” per il quadriennio 2002-2005, applicabile “ratione temporis”, da un funzionario di terza area, di cui non è richiesta la qualifica di dirigente.

La stessa CTR, inoltre, ha ritenuto inammissibili le ulteriori questioni concernenti la delega per la prima volta esposte in grado di appello con statuizione non impugnata dalla parte ricorrente.

Sulla base di tali considerazioni, in parziale accoglimento del primo motivo, disatteso il secondo, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio ad altra sezione della CTR Lazio anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso per quanto di ragione, rigetta il secondo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR Lazio anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 25 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 dicembre 2019

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