Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32167 del 10/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 10/12/2019, (ud. 25/09/2019, dep. 10/12/2019), n.32167

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6311-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI (OMISSIS), in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

Contro

KOBEL SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 100/2/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della LIGURIA, depositata il 24/01/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CONTI

ROBERTO GIOVANNI.

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

La CTR Liguria, con la sentenza indicata in epigrafe, decidendo l’appello proposto dall’Agenzia delle dogane, confermava la sentenza di primo grado che aveva annullato gli atti di contestazione a carico della Kobel srl per l’indebito utilizzo del deposito IVA gestito dalla società F.V. spa in relazione alla mancata introduzione fisica della merce iscritta nel registro.

Il giudice di appello riteneva che il mancato inserimento della merce costituisse violazione formale che non poteva dare diritto alla ripresa dell’IVA non assolta in relazione al meccanismo dell’inversione contabile attuato al momento dell’esternazione della merce. Evidenziava altresì che la sentenza impugnata era immune da vizi anche laddove aveva fatto applicazione, in punto di sanzioni, al D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 6, comma 9 bis.

L’Agenzia delle dogane ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo.

La parte intimata non si è costituita.

La ricorrente deduce la violazione del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, e art. 6, comma 9, nonchè del D.L. n. 331 del 1993, art. 50 bis. La ricorrente, premesso di avere annullato in autotutela gli atti concernenti la ripresa a tassazione dell’IVA, in ragione dei principi espressi dalla Corte di Giustizia nella sentenza Equoland, si duole dell’applicazione, ai fini sanzionatori, dell’art. 6, comma 9, ult. cit., ciò contrastando con i principi espressi da questa Corte proprio all’indomani della sentenza della Corte di giustizia sopra ricordata.

Il motivo è fondato.

Sul punto va data continuità alla giurisprudenza di questa Corte (v. Cass. sez. 6-5, n. 16109, n. 17814 e n. 17815 del 08/09/2015 e 10911 D.L. n. 2016) secondo cui, in tema di depositi fiscali come detto previsti dal D.L. n. 331 del 1993, art. 50bis, convertito, con modificazioni, nella L. n. 427 del 1993, la sanzione applicabile all’importatore che si avvalga del, sistema di sospensione del versamento dell’IVA senza immettere materialmente la merce nel deposito, va individuata, in assenza di disposizioni sanzionatorie speciali per l’omesso o ritardato versamento del tributo, non rinvenibili nè nel D.P.R. n. 43 del 1973, nè nel Reg. CEE n. 2913 del 1992 (codice doganale comunitario), nel D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13, che è norma di carattere generale, atteso che, conformemente a quanto stabilito dalla Corte di Giustizia, nella citata sentenza del 17 luglio 2014 in. C-272/13, Equoland, l’IVA all’importazione è un tributo interno. Come pure precisato da questa Corte, la sanzione prevista dal D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, ove applicata all’importatore che si sia avvalso del sistema di sospensione del versamento dell’imposta all’importazione senza immettere materialmente la merce, nel deposito fiscale, deve essere disapplicata per contrarietà al diritto comunitario, così come interpretato dalla Corte di Giustizia nella citata sentenza 17 luglio 2014, in C-272/13 Equoland, ove ecceda, in ragione della percentuale fissata per la maggiorazione e dell’impossibilità di graduarne la misura alle circostanze concrete, il limite necessario per assicurare l’esatta riscossione ed evitale l’evasione, atteso che, tenuto conto della natura formale della violazione, potrebbero costituire un’adeguata sanzione anche i soli interessi moratori.

Nell’affermare tale principio questa Corte ha cassato provvedimento con cui il giudice di merito aveva confermato la sanzione irrogata dall’ufficio ed ha rimesso al giudice di rinvio la valutazione della proporzionalità della sanzione, comunque fondata sull’applicazione del cennato art. 13 – cfr. Cass. n. 20139/2016, e le sentenze ivi richiamate in motivazione -.

Ora, proprio sul tema specifico delle sanzioni applicabili e della misura in concreto irrogabile dal giudice di merito, la già ricordata Cass. n. 16109/2015 ha affermato che “Reputa il Collegio che la sanzione applicabile all’importatore che si avvale del sistema di sospensione del versamento dell’Imposta sul valore aggiunto all’importazione senza immettere materialmente nel deposito IVA la merce extra UE va individuata nel paradigma normativo di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13 a nulla rilevando il contenuto precettivo del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 70”. Proprio in relazione alla giurisprudenza della Corte di Giustizia e di questa Corte deve infatti ritenersi che l’IVA all’importazione costituisca un tributo interno. E’ sufficiente, sul punto, evidenziare che proprio la sentenza Equoland ha ritenuto che l’IVA all’importazione, richiesta dallo Stato italiano, ha natura di tributo interno. Indirizzo, quest’ultimo confermato di recente da Cass. n. 19749/2014. Pertanto legittimamente l’Amministrazione ha fatto riferimento, rispetto alla sanzione applicata, al D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13. Ed invero, detta disposizione, inserita all’intero della legge organica di settore concernente le sanzioni amministrative in materia tributaria – art. 1 – è applicabile, salvo diversa espressa previsione, ai procedimenti di irrogazione di tutte le sanzioni tributarie non penali – D.Lgs. ult. cit., art. 26, comma 3 -.

In modo ancora più specifico, con riferimento alla disciplina applicabile in tema di sanzioni, Cass. n. 18171/2015, ha ritenuto “corretta la sussunzione della condotta contestata alla parte contribuente nello stigma del ricordato art. 13, in questa direzione orientando in conclusione tanto il riconoscimento dell’IVA all’importazione quale tributo interno che, per altro verso, la portata generale della sanzione prevista dal D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13 e la sua applicabilità all’omesso o ritardato versamento di qualunque tributo” aggiungendo che “Non può pertanto ritenersi di essere in presenza di una violazione meramente formale per la quale l’esclusione della punibilità – D.Lgs. n. 472 del 1996, art. 6, comma 5 bis (v. Cass. n. 5897/2013) – è prevista per le violazioni che non arrecano pregiudizio all’esercizio dell’attività di controllo e non incidono sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento del tributo”. Ipotesi non ricorrente nel caso di specie. Ad escludere tale possibilità è la stessa Corte Europea, laddove afferma che “…un siffatto obbligo, nonostante il suo carattere formale, è atto a permettere di conseguire efficacemente gli obiettivi perseguiti, vale a dire garantire un’esatta riscossione dell’IVA nonchè evitare l’evasione di tale imposta”- p. 29 sent. Equoland”.

Sulla base della superiori argomentazioni risulta errata la decisione impugnata che ha per un verso ritenuto di potere applicare alla fattispecie la disciplina in tema di scorretta applicazione del sistema dell’inversione contabile – D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 6, comma 9 bis – e non quella prevista dal D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13 senza poi procedere all’attività di verifica della proporzionalità in concreto della sanzione in relazione alla materiale condotta di deposito irregolare dell’importatore ed alla sua protrazione.

Sulla base di tali considerazioni, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio ad altra sezione della CTR Liguria anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR Liguria anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 25 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 dicembre 2019

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