Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32166 del 12/12/2018

Cassazione civile sez. lav., 12/12/2018, (ud. 08/11/2018, dep. 12/12/2018), n.32166

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26347-2016 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA, in persona del suo

Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale

mandatario della S.C.C.I. S.P.A. – Società di Cartolarizzazione dei

Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,

rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO SGROI, EMANUELE DE

ROSE, CARLA D’ALOISIO, ESTER ADA SCIPLINO, GIUSEPPE MATANO e LELIO

MARITATO;

– ricorrente –

contro

M.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA V.

BRUNACCI 19 PL A, presso lo studio dell’avvocato ANTONINO CASCIO

GIOIA, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE MATARAZZO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 175/2016 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, pubblicata il 10/06/2016 R.G.N. 326/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/11/2018 dal Consigliere Dott. DANIELA CALAFIORE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale DOTT.

CELENTANO CARMELO, che ha concluso per rimessione alle SS.UU.;

udito l’Avvocato ANTONINO SGROI;

udito l’Avvocato CHIARA MESTICHELLI per delega verbale Avvocato

GIUSEPPE MATARAZZO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 175 del 2016, la Corte d’Appello di Caltanissetta ha confermato la decisione del Tribunale di Enna di accoglimento del ricorso proposto da M.R., ingegnere docente presso scuola pubblica ed iscritto per tale ragione presso l’apposita gestione assicurativa obbligatoria (Inps ex Inpdap), avverso la propria iscrizione d’ufficio disposta dall’Inps nella Gestione separata di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, e l’intimazione di pagamento relativa ai contributi per il lavoro autonomo svolto nell’anno 2006.

2. A sostegno della decisione, la Corte territoriale ha osservato che l’estraneità della posizione dei liberi professionisti rispetto all’ambito applicativo della Gestione separata si deduce, oltre che dalla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, anche dal D.L. n. 98 del 2011, art. 18, comma 12, conv. in L. n. 11 del 2011, norma che interpretando autenticamente il disposto del citato art. 2, comma 26, ha reso manifesto che l’iscrizione alla Gestione separata presso l’Inps ha carattere residuale, essendo obbligata solo per i lavoratori autonomi che esercitano una professione per la quale non sia obbligatoria l’iscrizione ad appositi albi, ovvero per coloro che, pur iscritti ad albi, svolgano un’attività non soggetta a versamento contributivo agli enti di previdenza per i liberi professionisti e ciò in quanto la ratio della istituzione della Gestione separata è quella di assicurare copertura assicurativa e tutela previdenziale a soggetti che, in difetto di iscrizione a tale gestione, ne resterebbero privi.

Le citate condizioni non ricorrono nel caso di specie in cui l’attività esercitata non è tra quelle non soggette all’iscrizione all’albo professionale, trattandosi di attività di ingegnere, nè è tra quelle non soggette al versamento contributivo agli enti di cui al comma 11 (casse professionali di cui al D.Lgs. n. 509 del 1994 ed al D.Lgs. n. 103 del 1996), avendo INARCASSA imposto il pagamento di contributi sul reddito prodotto, non facendo la legge alcuna distinzione in ordine al tipo di contribuzione ed in particolare non rilevando che si tratti di contributo integrativo e non soggettivo.

3. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’Inps, fondato su due motivi, cui ha opposto difese M.R. con controricorso e memoria con richiesta di trasmissione del ricorso al Primo Presidente per la trattazione dinanzi alle Sezioni Unite di questa Corte.

4. La sesta sezione di questa Corte ha emesso ordinanza interlocutoria con la quale, data la pendenza di altri ricorsi relativi al più generale problema dei rapporti tra la gestione separata INPS e gli enti gestori delle forme di previdenza richiamati dal D.L. n. 98 del 2011, art. 18, comma 12 (conv. in L. n. 111 del 2011), si è disposta la trattazione in pubblica udienza al fine della definizione complessiva della questione.

5. Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 2, comma 26 e ss., del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 18, comma 12, (conv. con modif. in L. 15 luglio 2011, n. 111) nonchè della L. 4 marzo 1958, n. 179, art. 3 della L. 3 gennaio 1981, n. 6, artt. 10 e 21 degli artt. 7,23,37 Statuto INARCASSA approvato con decreto interministeriale del 28 novembre 1995.

Ha censurato la sentenza per avere affermato l’insussistenza dell’obbligo di iscrizione alla Gestione separata e del pagamento della contribuzione in capo agli ingegneri ed architetti che svolgono attività di lavoro subordinato (in forza della quale godano di tutela previdenziale presso Inps ex Inpdap) e contestualmente attività di lavoro autonomo professionale per la quale non sussiste obbligo di iscrizione alla Cassa nazionale di previdenza degli ingegneri ed architetti – INARCASSA, senza considerare che la L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, deve trovare applicazione nella fattispecie, essendo presenti i presupposti richiesti: esercizio di attività professionale soggetta all’iscrizione all’albo; assenza di obbligo di iscrizione alla cassa professionale, per effetto del divieto posto dall’art. 7 dello Statuto in ragione del concomitante esercizio dell’attività dipendente con diversa copertura assicurativa.

2. Con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, – il ricorrente rileva la nullità della sentenza impugnata per vizio di extrapetizione ex art. 112 c.p.c., esponendo che con il ricorso di primo grado il ricorrente aveva chiesto la cancellazione della propria iscrizione alla gestione separata senza proporre alcuna eccezione di prescrizione dei contributi pretesi; su tale questione non si era pronunciato il tribunale, nè l’INPS aveva proposto motivo d’appello. La Corte territoriale, invece, aveva riferito essere stato proposto dall’Inps un secondo motivo di appello relativo alla mancata prescrizione dei contributi; di tale motivo il Collegio d’appello aveva poi dichiarato l’assorbimento, incorrendo in un evidente vizio di extrapetizione;

3. La questione principale, oggetto del primo motivo, concernente l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata presso l’INPS degli ingegneri e degli architetti, iscritti ad altre forme di previdenza obbligatorie, e che non possono iscriversi ad INARCASSA, alla quale versano esclusivamente un contributo integrativo in quanto iscritti agli albi, cui non segue la costituzione di alcuna posizione previdenziale a loro beneficio, è già stata decisa da questa Corte di cassazione con le sentenze. nn. 30344 del 2017, n. 30345 del 2017, n. 1172 del 2018, n. 2282 del 2018, n.1643 del 2018, con le quali si è affermata la sussistenza dell’obbligo in discorso.

4. Ciò premesso va rilevata l’insussistenza di ragioni valide per rimettere il ricorso al Primo Presidente, ai sensi dell’art. 374 c.p.c., comma 2, al fine della sua trattazione da parte delle Sezioni Unite di questa Corte, posto che non si è in presenza di questioni di diritto già decise in senso difforme dalle sezioni semplici; inoltre, ad avviso di questa Corte la questione, seppure complessa, non mostra reali margini di controvertibilità per cui non è integrata l’ipotesi della questione di massima di particolare importanza che presuppone che la questione giuridica – suscettibile di riproporsi in un numero considerevole di casi – presenti aspetti tali da risultare controvertibile e, non essendo stata esaminata in precedenza da parte della Corte di cassazione, possa determinare per ciò solo la opportunità di investirne subito le Sezioni Unite.

5. Questa Corte di cassazione ritiene di dover dare seguito ai propri specifici precedenti in ragione, oltre che di quanto nei medesimi affermato, anche di considerazioni più ampie sollecitate dalla estensione della questione oggetto del presente ricorso a diverse categorie di professionisti (avvocati, praticanti avvocati, commercialisti) che, al pari degli ingegneri e degli architetti, svolgono attività per cui è necessaria l’iscrizione ad albo o ad elenco e per i quali esiste una cassa che gestisce l’assicurazione obbligatoria di categoria alla quale chi esercita l’attività professionale, pur senza esservi iscritto per varie ragioni, versa obbligatoriamente un contributo integrativo.

6. Le tesi reciprocamente contrapposte poggiano sull’affermazione o sulla negazione della permeabilità del sistema professionale di categoria rispetto alla regola fissata dalla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, laddove risulti che il reddito prodotto attraverso l’esercizio della professione de qua non sia inciso da obbligo contributivo utile a costituire una posizione previdenziale in favore dello stesso professionista.

Esiste, dunque, una questione di fondo, comune alle singole tipologie professionali nei cui confronti l’Inps ha fatto valere l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata la cui soluzione impone: a) la verifica dell’ambito di concreta, attuale, operatività di tale Gestione e, quindi, l’individuazione della sua funzione all’interno del sistema della previdenza; b) il confronto del risultato di tale verifica con l’ambito di concreta operatività della gestione affidata dalla legge alle apposite casse professionali (in ragione del disposto del D.Lgs. n. 509 del 1994 o del D.Lgs.n. 103 del 1996).

Giova ricordare,con riguardo al caso di specie, che l’iscrizione all’INARCASSA è preclusa agli ingegneri e agli architetti che siano iscritti ad altre forme di previdenza obbligatorie in dipendenza di un rapporto di lavoro subordinato o comunque di altra attività esercitata (L. n. 1046 del 1971, art. 2 la cui disposizione è stata reiterata dalla L. n. 6 del 1981, art. 21,comma 5, e, da ultimo, dall’art. 7, comma 5, dello Statuto INARCASSA, approvato giusta le disposizioni del D.Lgs. n. 509 del 1994). Costoro, conseguentemente, non sono tenuti al versamento del contributo soggettivo, bensì unicamente al versamento del contributo integrativo, dovuto da tutti gli iscritti agli albi di ingegnere e architetto, indipendentemente dall’iscrizione all’INARCASSA, nella forma di una maggiorazione percentuale che dev’essere applicata dal professionista su tutti i compensi rientranti nel volume di affari e versata alla Cassa indipendentemente dall’effettivo pagamento che ne abbia eseguito il debitore, salva ripetizione nei confronti di quest’ultimo (art. 10, I. n. 6/1981, riprodotto negli stessi termini dall’art. 5 del Regolamento di previdenza INARCASSA).

7. Come è noto, questa Corte di cassazione con la sentenza a SS.UU. n. 3240 del 2010, che per questo aspetto continua ad esprimere arresti del tutto condivisibili e non contrastati, a proposito della L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 2, comma 26, il cui testo dispone: “26. A decorrere dal 1 gennaio 1996 sono tenuti all’iscrizione presso una apposita gestione separata, presso l’Inps, e finalizzata all’assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, i soggetti che esercitino, per professione abituale, ancorchè non esclusiva, attività di lavoro autonomo, di cui al T.U. delle imposte sui redditi approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1, e successive modificazioni e integrazioni, nonchè i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, di cui all’art. 49, comma 2, lett. A) medesimo testo unico e gli incaricati alla vendita a domicilio. Sono esclusi dall’obbligo i soggetti assegnatari di borse di studio, limitatamente alla relativa attività”, ha affermato che:

– con la creazione della nuova gestione separata si è inteso estendere la copertura assicurativa, nell’ambito della cd. “politica di universalizzazione delle tutele”, non solo a coloro che ne erano completamente privi, ma anche a coloro che ne fruivano solo in parte, a coloro cioè che svolgevano due diversi tipi di attività e che erano “coperti” dal punto di vista previdenziale, solo per una delle due, facendo quindi in modo che a ciascuna corrispondesse una forma di assicurazione;

– la caratteristica della norma, che si evince dal testo, è l’aver assoggettato ad assicurazione non più determinate categorie di lavoratori ma due tipi di reddito da lavoro autonomo: quelli di cui all’art. 49, comma 1 TUIR che derivano dall’esercizio, abituale ancorchè non esclusivo, di arti e professioni e quelli di cui al secondo comma dello stesso articolo, derivanti dagli uffici di amministratore e sindaco di società e da altri rapporti di collaborazione coordinata e continuativa;

– la gestione separata presenta per tale motivo aspetti diversi rispetto alle altre (la gestione dell’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti e le gestioni dei lavoratori autonomi, ossia commercianti, artigiani, coltivatori diretti), che sono caratterizzate da una definizione compiuta del proprio campo di applicazione, corrispondente alla attività lavorativa svolta;

– diversamente, nel citato art. 2, comma 26, il riferimento è invece eteronomo e supportato esclusivamente dalla norma fiscale (i citati articoli del TUIR), per cui, nella gestione separata, l’obbligazione contributiva è basata sostanzialmente sulla mera percezione di un reddito: più che un contributo destinato ad integrare un settore previdenzialmente scoperto, i conferimenti alla gestione separata hanno piuttosto il sapore di una tassa aggiuntiva su determinati tipi di reddito, con il duplice scopo di “fare cassa” e di costituire un deterrente economico all’abuso di tali forme di lavoro”;

– la nuova tutela previdenziale può, quindi, essere “unica”, in quanto corrispondente all’unica attività svolta, oppure “complementare” a quella apprestata dalla gestione a cui il soggetto è iscritto in relazione all’altra attività lavorativa espletata;

– la compatibilità, per i percettori dei redditi di cui all’art. 46 TUIR, della doppia iscrizione è testualmente prevista dalla L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 59, comma 16, laddove, all’interno della gestione separata, è prevista un differente aliquota per coloro i quali sono iscritti ad altre forme di previdenza obbligatoria e quanti non lo sono le peculiarità indicate comportano differenze fondamentali fra la gestione separata e tutte le altre sopra indicate e cioè: a) contribuzione basata sul criterio di cassa e non di competenza; b) mancanza di un minimale contributivo, esistente invece, oltre che per l’AGO, anche per l’assicurazione commercianti (per cui, quale che sia il reddito ricavato, la contribuzione non può scendere al di sotto di una certa soglia, cfr. L. 31 dicembre 1991, n. 415, art. 6, comma 7); c); la negazione del principio dell’attività prevalente;

– nella gestione separata la contribuzione si commisura esclusivamente ai compensi percepiti ed i decreti ministeriali a cui fa rimando la L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 30, ossia il D.M. 24 novembre 1995 ed il successivo D.M. 2 maggio 1996, n. 281, dettano i criteri per il versamento della contribuzione, distinguendo tra i redditi di cui art. 49, comma 1 TUIR, che sono quelli da lavoro autonomo derivanti dall’esercizio di arti o professioni, per i quali il soggetto onerato del versamento della contribuzione è lo stesso soggetto percettore (come previsto per gli altri lavoratori autonomi iscritti nelle gestioni Inps artigiani, commercianti e coltivatori diretti), e i redditi di cui al medesimo art. 49, comma 2 che derivano dagli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società e dagli altri rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, per i quali il soggetto obbligato al versamento della contribuzione è invece il soggetto erogatore dei compensi (come prescritto per la gestione AGO dei lavoratori dipendenti) attraverso un meccanismo analogo a quello previsto per il sostituto di imposta (il D.P.R. n. 917 del 1986 è stato modificato dal D.Lgs. 12 dicembre 2003, n. 344, con effetti dal primo gennaio 2004, ma l’impianto fondamentale, per quanto interessa, è rimasto lo stesso);

– la regola generale è quindi che all’espletamento di duplice attività lavorativa, quando per entrambe si prevede la tutela assicurativa, deve corrispondere la duplicità di iscrizione e non si ha, peraltro, duplicazione di contribuzione, perchè a ciascuna fa capo una attività diversa. Inoltre ciascuna delle obbligazioni contributive viene parametrata sulla base dei compensi rispettivamente percepiti, che non si cumulano, ma restano distinti e sottoposti alla rispettiva aliquota di prelievo.

8. Alle conclusioni cui giunsero le Sezioni Unite n. 3240 del 2010, può aggiungersi, consolidandole e rendendole attuali, che la finalità di conseguire l’estensione delle tutele attribuita alla gestione separata sin dalla sua costituzione, si è accentuata (tanto da realizzare, secondo una condivisibile opinione, una sorta di positiva eterogenesi dei fini rispetto all’originaria mera finalità di cassa) attraverso un’opera di costante ampliamento delle categorie di lavoratori tenute a detta iscrizione.

9. Si è giunti, dunque, all’estensione dell’obbligo assicurativo a quasi tutti i lavoratori autonomi, ricomprendendovi non solo i lavoratori definiti parasubordinati (lavoratori coordinati e continuativi secondo il D.Lgs. n. 81 del 2015), ma anche, con interventi normativi mirati, varie altre categorie, quali: addetti a servizi turistici, addetti ad attività di intermediazione, incaricati di vendite a domicilio, beneficiari di borse di studio per la frequenza ai corsi di dottorato di ricerca (L. n. 315 del 1998, art. 1), associati in partecipazione (D.L. n. 269 del 2003, art. 47 conv. in L. n. 326 del 2003 ed L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 157,); (del D.L. n. 269 del 2003, art. 44, comma 2) lavoratori autonomi occasionali al di sopra di una certa soglia di reddito (Euro 5.000); spedizionieri doganali non dipendenti (L. n. 230 del 1997); assegnisti di ricerca; amministratori locali; beneficiari di borse di studio a sostegno della mobilità internazionale degli studenti (solo da maggio a dicembre 2003) e degli assegni per attività di tutorato, didattico – integrative, propedeutiche e di recupero, i medici con contratto di formazione specialistica, i Volontari del Servizio Civile Nazionale (avviati dal 2006 al 2008).

10. Il presupposto da cui deriva l’obbligo di iscrizione dei suddetti soggetti è in linea di principio strettamente correlato alla qualificazione fiscale dei redditi che essi percepiscono ed alla entità dei medesimi che diventa irrilevante se inferiore alla soglia di cui al D.L. n. 269 del 2003, art. 44, comma 2.

11. Tale complessivo ed articolato quadro normativo, che si è correttamente ricondotto ad una consapevole scelta legislativa di estensione della copertura assicurativa anche attraverso il piano oggettivo, perchè ancorata direttamente alla produzione di redditi qualificati secondo la disciplina tributaria, induce a ritenere che la copertura previdenziale realizzata attraverso la istituzione della Gestione separata non è limitata alla protezione nominativa di singole figure di lavoratori autonomi rimaste prive di tutela assicurativa ed emergenti via via a seconda delle evoluzioni del sistema economico e produttivo, ma ha assunto una funzione di chiusura del sistema che si rivolge alle aree soggettive ed oggettive non coperte da altre forme di assicurazione obbligatoria e che risponde alli obbligo dello Stato di dare concretezza al principio della universalità delle tutele assicurative obbligatorie relative a tutti i lavoratori (art. 35 Cost.), rispetto agli eventi indicati nell’art. 38 Cost., comma 2, nei modi indicati dallo stesso art. 38 Cost., comma 2.

12. Sono lavoratori tutti coloro che traggono dalla loro personale attività professionale i mezzi necessari a soddisfare le esigenze di vita proprie e familiari, ivi compresi anche i lavoratori autonomi ed i liberi professionisti, secondo il dettato costituzionale, per cui essi vanno tutelati dal punto di vista previdenziale al verificarsi di una delle situazioni di bisogno individuate dallo stesso art. 38 Cost.

13. Su queste premesse va verificata la sostenibilità, rispetto alla appena enunciata regola dell’universalizzazione delle tutele, della tesi avallata dalla sentenza impugnata secondo cui, in applicazione del disposto della L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, come interpretato dal D.L. n. 98 del 2011, art. 18, comma 12, conv. in L. n. 11 del 2011, si sottrae all’obbligo di iscrizione alla gestione separata il professionista che, per svariate ragioni dovute alle specifiche discipline previdenziali di categoria, non sia soggetto alla iscrizione presso la cassa professionale di riferimento benchè soggetto all’obbligo di versamento del contributo integrativo.

14. La risposta non può essere positiva proprio in quanto la funzione assunta nel sistema dalla Gestione separata risponde ad una logica di copertura universale, soggettiva ed oggettiva, delle attività umane produttive di reddito da lavoro che è ben distante dalla logica, sostanzialmente rispondente a scelte organizzative dello Stato in materia previdenziale, sottesa all’attribuzione alle casse professionali (sia privatizzate che di nuova istituzione) della gestione dei rapporti assicurativi degli iscritti.

15. In altri termini, il principio di universalizzazione soggettivo ed oggettivo della copertura assicurativa obbligatoria si traduce operativamente nella regola secondo la quale l’obbligo (L. n. 335 del 1995, ex art. 2, comma 26) di iscrizione alla Gestione separata è genericamente rivolto a chiunque percepisca un reddito derivante dall’esercizio abituale (anche se non esclusivo), ma anche occasionale (entro il limite monetario indicato nel D.L. n. 269 del 2003, art. 44, comma 2) di un’attività professionale per la quale è prevista l’iscrizione ad un albo o ad un elenco, anche se il medesimo soggetto svolge anche altra diverse attività per cui risulta già iscritto ad altra gestione.

16. Tale obbligo viene meno solo se il reddito prodotto dall’attività professionale predetta è già integralmente oggetto di obbligo assicurativo gestito dalla cassa di riferimento. Per tale ragione non è corretto adottare, nella ricerca della soluzione della questione, una logica limitata ad un mero riparto di competenze tra Gestione separata e cassa professionale con la pretesa di paralizzare il pieno dispiegarsi del principio di universalizzazione delle tutele, improntato a precisi obblighi derivanti dalla Costituzione, per effetto dell’attribuzione alla cassa professionale del compito di gestire il rapporto assicurativo dei propri associati.

17. Va, infatti, rimarcato che il principio di autonomia riconosciuto alle casse professionali dal D.Lgs. 503 del 1994 realizza, nel rispetto della natura pluralista dell’intero sistema previdenziale, il diverso scopo di rispettare le istanze del gruppo professionale nella gestione dell’assicurazione obbligatoria, all’interno dello spazio assegnato loro dalla legge (L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12), senza il concorso finanziario da parte dello Stato.

18. il D.Lgs. n. 509 del 1994, art. 2 ha attribuito autonomia gestionale, organizzativa e contabile a tali associazioni o fondazioni, con i limiti dovuti “alla natura pubblica dell’attività svolta” (art. 2, comma 1). Così i nuovi soggetti fruiscono di autonomia statutaria e regolamentare (art. 1, comma 4), si finanziano attraverso i versamenti contributivi dei propri iscritti, con divieto di contribuzioni pubbliche (art. 1, commi 1 e 3) ma permane, nei loro confronti, il controllo pubblico (art. 3).

19. Anzi, tale controllo si è rafforzato con modifiche alla legge di sistema (v. L. 30 luglio 2010, L. n. 122 e L. 15 luglio 2011, n. 111) e con leggi di settore che, per specifici aspetti, hanno attratto le attività delle Casse nel proprio ambito oggettivo.

20. La dottrina, che aveva approfondito, sin da prima della privatizzazione di quelli di tipo professionale, la natura degli enti previdenziali, aveva colto la differenza tra quelli gestori di forme di tutela per i lavoratori dipendenti e quelli gestori di alcune forme di tutela per i lavoratori autonomi. In particolare, il tratto differenziale era stato ravvisato nella diversa struttura e nella disciplina di scelta degli organi di governo.

Ciò chiarito quanto alla struttura, sotto il profilo funzionale rimane la considerazione che in realtà entrambi gli enti si pongono nello stesso modo nei riguardi dello Stato, giacchè seppure in passato poteva ritenersi che il fine della solidarietà all’interno della categoria fosse proprio ed esclusivo della stessa categoria protetta, con il nuovo assetto costituzionale la copertura assicurativa previdenziale è divenuto un compito diretto dello Stato a cui spetta fissare i limiti delle tutele.

21. La giurisprudenza costituzionale conforta tale assunto, essendo stato rilevato che la trasformazione in soggetti privati ha lasciato immutato il carattere pubblicistico dell’attività istituzionale di previdenza ed assistenza svolta dagli enti, articolandosi invece sul diverso piano di una modifica degli strumenti di gestione e della differente qualificazione giuridica dei soggetti stessi: l’obbligo contributivo costituisce un corollario, appunto, della rilevanza pubblicistica dell’inalterato fine previdenziale. L’esclusione di un intervento a carico della solidarietà generale consegue alla stessa scelta di trasformare gli enti, in quanto implicita nella premessa che nega il finanziamento pubblico o altri ausili pubblici di carattere finanziario (Corte Cost. n. 248/1997). La Corte ha pure chiarito, quanto alla natura della “contribuzione obbligatoria” che non si tratta di finanziamento pubblico ma del “corollario della rilevanza pubblicistica del fine previdenziale”. Costituisce lo strumento per abilitare, facilitare promuovere l’auto-organizzazione di una comunità di professionisti in fatto di previdenza e, conseguentemente, l’equilibrio di un sistema previdenziale basato su una “solidarietà endo-categoriale” o “comunanza d’interessi”;l’appartenenza obbligatoria all’ente privatizzato non lede la libertà negativa di associazione, riconosciuta dall’art. 18 Cost., in quanto è funzionale alla ” (…) tutela di altri interessi costituzionalmente garantiti”, “purchè non siano altrimenti offesi libertà, diritti e principi costituzionalmente garantiti (diversi dalla libertà negativa di associarsi)”, e risulta al tempo stesso che tale previsione “assicura lo strumento meglio idoneo all’attuazione di finalità schiettamente pubbliche, trascendenti la sfera nella quale opera il fenomeno associativo costituito per la libera determinazione dei privati” (sentenza n. 40/1982), o di un fine pubblico “che non sia palesemente arbitrario, pretestuoso o artificioso” (sentenza n. 20/1975; e cfr. anche le sentenze n. 120/1973 e n. 69/1962).

22. Corte Cost. n. 15/1999 rammenta che “la privatizzazione degli enti pubblici di previdenza e assistenza è inserita nel contesto del complessivo riordinamento o della soppressione di enti previdenziali, in corrispondenza ad una direttiva più generale volta ad eliminare duplicazioni organizzative e funzionali nell’ambito della pubblica amministrazione”, le Casse sono sfuggite a questo processo di “razionalizzazione organizzativa” o “fusioni ed incorporazioni” in quanto “enti che, non usufruendo di alcun sostegno finanziario pubblico, intendono mantenere la loro specificità ed autonomia, assumendo la forma dell’associazione o della fondazione”.

23. Da ultimo, con la sentenza 7/2017 la Corte ha ribadito che la trasformazione delle Casse operata dal decreto n. 509/1994, “pur avendo inciso sulla forma giuridica dell’ente e sulle modalità organizzative delle sue funzioni, non ha modificato il carattere pubblicistico dell’attività istituzionale di previdenza ed assistenza. Peraltro, la Corte delle leggi ricorda come il principio del buon andamento di cui all’art. 97 Cost. stia alla base del portato normativo del D.Lgs. n. 509 del 1994, essendo la riforma stata ispirata dall’esigenza di “percorrere una strada alternativa di tipo mutualistico rispetto alla soluzione “generalista” della previdenza”.

24. Risulta, per quanto sin qui detto, allo stesso modo errato e fuorviante il richiamo ai precedenti di questa Corte nn. 3622 del 2007, 11634 del 2007 e 13218 del 2008 che miravano a stabilire se una certa attività (quella delle guide turistiche) dovesse o meno essere inquadrata nell’ambito della Gestione separata e, quindi, erano orientati a definire i soli profili soggettivi dell’obbligo assicurativo presso la Gestione separata e non la ben diversa ipotesi qui trattata della possibile esistenza di un vuoto di obbligo assicurativo relativo all’attività professionale del libero professionista iscritto ad un ordine professionale per cui esiste una cassa previdenziale di riferimento.

25. Sulle premesse sin qui esposte va esaminato il disposto del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 18, comma 12, convertito dalla L. 15 luglio del 2011, n. 111 che, esplicitando l’intento di voler chiarire quali liberi professionisti siano tenuti alla iscrizione alla gestione separata, dispone che la L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26 cit. va inteso nel senso che “i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorchè non esclusiva, attività di lavoro autonomo tenuti all’iscrizione presso l’apposita gestione separata INPS sono esclusivamente i soggetti che svolgono attività il cui esercizio non sia subordinato alla iscrizione ad appositi albi professionali ovvero attività non soggette al versamento contributivo agli enti di cui al comma 11 in base ai rispettivi ordinamenti, con esclusione dei soggetti di cui al comma 11”.

26. La congiunzione “ovvero” può avere sia funzione meramente esplicativa, per cui sarebbero tenuti alla iscrizione i soggetti che esercitano una attività professionale per il cui esercizio non è richiesta l’iscrizione agli albi professionali e che dunque non sono tenuti al versamento di alcuna contribuzione alle casse professionali, che funzione disgiuntiva, per cui sarebbero tenuti alla iscrizione i soggetti che esercitano una attività professionale per il cui esercizio non è richiesta l’iscrizione agli albi professionali ed altresì coloro che, pur iscritti agli albi, non sono tenuti al versamento di alcuna contribuzione alle casse professionali.

27. Dal punto di vista astratto, è possibile, poi, intendere il “versamento contributivo”, come riferito al contributo soggettivo o anche a quello integrativo, giacche viene messo in dubbio se il versamento che esonera dalla iscrizione sia solo quello soggettivo, finalizzato alla creazione di una posizione previdenziale o anche quello integrativo (che viene versato da tutti coloro che sono iscritti agli albi ma non alle casse). Quest’ultimo versamento in quanto “sterile”, perchè non produttivo di alcuna prestazione per il soggetto tenuto al pagamento, avrebbe una mera finalità solidaristica in senso lato.

28. La soluzione di queste ulteriori questioni derivate dalla legge interpretativa, come già sottolineato dai precedenti specifici di questa Corte nn. 30344 del 2017, n. 30345 del 2017, n. 1172 del 2018, n. 2282 del 2018, n.1643 del 2018, va colta, necessariamente, alla luce della ricostruzione sistematica sopra rappresentata perchè una interpretazione meramente letterale non potrebbe mai giungere a soluzioni certe essendo il termine versamento contributivo senza ulteriore specificazione del tutto ambiguo così come la valenza della congiunzione ovvero. Per tale ragione va certamente condivisa l’impostazione dei precedenti specifici di questa Corte ricordati al punto 3) che hanno correttamente rimarcato che la legge interpretativa non può essere letta senza considerare la norma che si intende interpretare e sul cui contenuto di centrale rilievo sistematico si è sin qui detto.

29. La norma interpretata, infatti, significativamente intitolata

all’armonizzazione degli ordinamenti pensionistici, pur nel rispetto della pluralità degli organismi assicurativi (L. n. 335 del 1995, art. 1, comma 10), ha chiaramente indicato la volontà di estendere l’area della tutela assicurativa attraverso l’istituzione della Gestione separata, facendone un principio dell’intera riforma. Il principio ha trovato sostanziale, seppure non totale, concretizzazione nei sensi sopra ricordati, e la sua portata deve incidere anche sulla disciplina sostanziale delle previdenze di categoria, ridimensionando in caso di sua negazione, i criteri di autonomia e di separazione delle tutele, che caratterizzano il provvedimento sulla privatizzazione, adottato dal D.Lgs. n. 509 del 1994.

30. Pertanto, l’unica forma di contribuzione obbligatoriamente versata che può inibire la forza espansiva della norma di chiusura contenuta nella L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, come chiarita dal D.L. n. 98 del 2011, art. 18, comma 12, non può che essere quella correlata ad un obbligo di iscrizione ad una gestione di categoria, in applicazione del divieto di duplicazione delle coperture assicurative incidenti sulla medesima attività professionale.

31. Per tale ragione la contribuzione integrativa, in quanto non correlata all’obbligo di iscrizione alla cassa professionale, ed a prescindere dalla individuazione della funzione assolta all’interno del sistema di finanziamento delle attività demandate alla cassa professionale, non attribuisce al lavoratore una copertura assicurativa per gli eventi della vecchiaia, dell’invalidità e della morte in favore dei superstiti per cui non può essere rilevante ai fini di escludere l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata presso l’INPS.

32. La conclusione qui esposta non è contraddetta, infine, neanche dalle considerazioni, evocate soprattutto in sede di discussione, circa la eventuale non utilità della contribuzione versata dal professionista presso la Gestione separata a seguito della sua iscrizione d’ufficio, posto che questa Corte di cassazione ha avuto modo da tempo (Cass. n. 10396 del 2009) di ribadire che dall’obbligo introdotto dalla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, e dal successivo comma 32, che regola l’emanazione di norme regolamentari, si trae la deduzione che la nuova gestione separata è chiamata fondamentalmente a rappresentare un’ulteriore gestione della assicurazione generale obbligatoria, che si aggiunge a quelle preesistenti per i lavoratori dipendenti e i lavoratori autonomi dell’agricoltura, commercio e artigianato. Peraltro, anche gli sviluppi recenti della legislazione (vd. L. n. 228 del 2012 e L. n. 232 del 2016) si sono mossi nel senso di ampliare la sfera della cumulabilità della diversa contribuzione, non coincidente, maturata da ciascun lavoratore secondo le proprie valutazioni di convenienza.

33. Si tratta certamente di una estensione della copertura assicurativa e non può certo confondersi la funzione dell’imposizione dell’obbligo dell’iscrizione alla Gestione separata con la concreta valorizzazione della contribuzione maturata da ciascun iscritto, come tale legata alle peculiarità della vita lavorativa di ciascuno, in assenza un rapporto di indefettibile corrispondenza tra le pensioni e le retribuzioni e tra le pensioni e l’ammontare della contribuzione versata, ed in presenza di “(…) una tendenziale correlazione, che salvaguardi l’idoneità del trattamento previdenziale a soddisfare le esigenze di vita” (Corte Cost. n. 259 del 2017).

34. Il secondo motivo è inammissibile. Si sostiene che la sentenza impugnata abbia violato l’art. 112 c.p.c. per aver dichiarato l’assorbimento del motivo d’appello proposto dall’Inps in punto di prescrizione dell’obbligo contributivo anche se la questione della prescrizione non era stata eccepita dall’opponente, non aveva formato oggetto di pronuncia da parte della sentenza di primo grado, nè l’Istituto aveva proposto relativo motivo d’appello.

35. Il motivo non è fondato sul necessario interesse ad impugnare (art. 100 c.p.c.) posto che le stesse allegazioni del ricorrente dimostrano pacificamente che non vi è mai stata alcuna pronuncia relativa alla prescrizione dei contributi pretesi dall’Inps che abbia visto soccombente l’Istituto e, dunque, anche ad ammettere che la dichiarazione di assorbimento abbia riguardato una eccezione non devoluta al giudice d’appello, il ricorrente non ha certo interesse ad impugnare una affermazione priva di reale contenuto decisorio (art. 100 c.p.c.).

36. In definitiva, accolto il primo motivo di ricorso e dichiarato inammissibile il secondo, la sentenza impugnata va cassata e, poichè non è necessario effettuare alcun accertamento ulteriore, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto dell’opposizione all’iscrizione d’ufficio presso la Gestione separata per l’anno 2006 ed alla intimazione di pagamento proposte da Rosario M..

37. La novità della questione al momento di instaurazione della lite determina la compensazione delle spese dell’intero processo.

P.Q.M.

la Corte accoglie il primo motivo del ricorso, dichiara inammissibile il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta l’opposizione proposta da M.R.; dichiara compensate le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 8 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2018

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