Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3216 del 12/02/2014
Civile Sent. Sez. 2 Num. 3216 Anno 2014
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: PROTO CESARE ANTONIO
SENTENZA
sul ricorso 4022-2008 proposto da:
D’ARRISSI DONATO DRRDNT25L27H764Q, PETRILLI FILOMENA
PTRFMN30L69H764N, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA M DI LANDO 41, presso lo studio dell’avvocato
MASCIA KATIA MASCIA ALBERTO, rappresentati e difesi
dall’avvocato MASCIA ANTONIO;
– ricorrenti contro
DELLE DONNE LUIGI,
PATUTO CONCETTA, AGOSTINELLI
GIOVANNI, PATUTO MARIA;
– intimati –
-À
Data pubblicazione: 12/02/2014
avverso la sentenza n. 2809/2007 della CORTE D’APPELLO
di NAPOLI, depositata il 07/09/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/12/2013 dal Consigliere Dott. CESARE
ANTONIO PROTO;
l’Avvocato Mascia Antonio
difensore
dei
ricorrenti che si è riportato agli atti depositati e
ne chiede l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.
udito
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione del 25/1/1993 Petrilli Maria Sanità,
Petrilli Filomena nella qualità di proprietaria della
particella n. 8 del foglio 54 e D’Arissi Donato e
Petrilli Filomena, proprietari della particella n. 7
un vascone e un pozzo per la raccolta di acqua piovana
e di acqua proveniente dallo scarico di una fontana,
convenivano in giudizio Delle Donne Luigi, Patuto
Concetta, Agostinelli Giovanni e Patuto Maria chiedendo
che fosse dichiarato che i convenuti non avevano
diritto di attingere acqua dal vascone e dal pozzo e
che fosse dichiarato inefficace nei loro confronti
l’atto di vendita del fondo pretesamente dominante
della Cooperativa Invicta ai convenuti, limitatamente
al trasferimento del diritto di attingere acqua dalle
predette opere per l’irrigazione, con la condanna al
risarcimento danni in relazione all’acqua indebitamente
attinta.
I convenuti si costituivano e chiedevano il rigetto
della domanda opponendo il loro diritto di attingere
l’acqua, come riconosciuto nell’atto di acquisto;
chiedevano la chiamata in causa della cooperativa
Invicta, loro dante causa e, in riconvenzionale, la
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dello stesso foglio, sulle quali erano stati realizzati
declaratoria di acquisto per usucapione della servitù
di attingimento acqua ove non fosse riconosciuto
l’acquisto del diritto per effetto dell’atto del
17/4/1986.
Il Tribunale di Benevento con sentenza del 13/10/2004
rigettava le domande degli attori i quali proponevano
appello che era rigettato dalla Corte di Appello di
Napoli con sentenza del 7/9/2007.
La Corte di Appello rilevava:
– che gli attori, soci della Cooperativa AZA (Petrilli
Filomena anche quale erede dei soci Pertilli Giovanni e
Petrilli Maria Sanità), avevano trasferito alla stessa
il diritto di servitù di attingere acqua dal vascone
costruito con il contributo della Cassa del
Mezzogiorno, sulle loro proprietà;
che con atto del 7/6/1979 il liquidatore della
Cooperativa AZA, titolare del diritto di servitù, lo
trasferiva, insieme al fondo di cui alla particella 79
del foglio 56, alla Cooperativa Invicta, la quale con
atto del 17/4/1986 aveva trasferito lo stesso fondo con
la stessa servitù ai convenuti;
che il diritto di attingere l’acqua era stato
trasferito alla Cooperativa Invicta gElIggrloa nella co_
misura equivalente a quanto previsto dalla concessione
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i
del contributo per la sua realizzazione e negli stessi
termini era stato trasferito da questa ai convenuti con
l’atto di vendita del fondo;
–
che
il
primo
motivo
di
appello,
relativo
all’interpretazione degli accordi era infondato perchè
per la costruzione delle opere di irrigazione non era
stato stabilito che il diritto di attingimento dovesse
cessare al momento della realizzazione dell’acquedotto
pubblico, come infondatamente sostenuto dagli
appellanti, ma solo che il macchinario non potesse
essere distolto dal suo impiego prima di cinque anni e
in tal senso si era impegnato anche il Presidente della
Cooperativa;
–
che un limite (il completamento dell’acquedotto
pubblico) al diritto di servitù non era previsto
neppure negli atti notarili del 1972 con i quali i soci
mettevano a disposizione i loro terreni;
– che era infondato anche il secondo motivo di appello,
relativo
all’interpretazione
della
concessione
rilasciata dalla Cassa per il Mezzogiorno, perché dalla
stessa lettera del 9/6/1977 del direttore generale
della Cassa del Mezzogiorno si evinceva che la servitù
non poteva intendersi limitata nel tempo, ma al
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con l’atto con il quale era stato erogato il contributo
contrario si evidenziavano le finalità pubbliche delle
opere e l’opportunità che fossero messe a disposizione
di altre cooperative.
D’Arissi Donato e Petrilli Filomena propongono ricorso
affidato a due motivi.
Donne
Luigi,
Patuto
Concetta,
Agostinelli
Giovanni e Patuto Maria dono rimasti intimati.
Motivi della decisione
l. Con il primo motivo i ricorrenti deducono il vizio
di motivazione e l’errata interpretazione degli atti
pubblici, nonché una (non meglio precisata) violazione
di legge, il travisamento dei fatti e l’eccesso di
potere.
I ricorrenti:
sostengono che la Corte di Appello non avrebbe
considerato che il diritto di attingere l’acqua era
stato concesso alla Cooperativa INVICTA perché operava
nella stessa zona e aveva gli stessi scopi per i quali
era stato concesso dai soci il diritto alla Cooperativa
AZA; i ricorrenti fanno riferimento ad una lettera con
la quale il liquidatore di AZA avrebbe comunicato al
legale rappresentante di INVICTA che il diritto di
attingimento era assicurato fino al compimento di opere
acquedottistiche pubbliche e che successivamente il
Delle
terreno sarebbe tornato nel pieno possesso dei
proprietari;
aggiungono che il trasferimento dei diritti era
limitato dallo scopo specifico per il quale era stata
costituita la cooperativa e che quindi, cessata la
scopo della servitù era venuto meno.
I ricorrenti, formulando il quesito di diritto ai sensi
dell’art. 366 bis c.p.c., ora abrogato, ma applicabile
ratione temporis,
chiedono se la servitù costituita sui
fondi di proprietà di alcuni soci della cooperativa in
conseguenza di opere realizzate con il contributo della
Cassa per il mezzogiorno e per il perseguimento dei
fini previsti nello statuto speciale, trasferita ad
altra cooperativa operante nella stessa zona e avente
medesimi scopi, possano ritenersi trasferiti a
privati che non perseguano finalità pubbliche con un
atto di alienazione anche senza il consenso dei
proprietari dei fondi sui quali grava la servitù.
1.1 Nel motivo si assume che la servitù concessa dai
soci alla Cooperativa AZA e poi oggetto di successivi
trasferimenti, era limitata al raggiungimento degli
scopi della cooperativa cedente e poi della cooperativa
cessionaria e che, venute meno le finalità per le quali
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pubblica utilità con il trasferimento a privati, lo
era stata concessa, la servitù non poteva essere
trasferita a privati e per interessi privati, né la
Cooperativa cessionaria avrebbe potuto disporre di
diritti che erano trasmessi solo per il raggiungimento
degli scopi delle cooperative.
diritto di attingimento dell’acqua è stato qualificato
servitù dalla Corte di Appello v. pag 7 della
sentenza – senza che sul punto vi sia stata censura)
doveva intendersi cessata e che le opere funzionali
all’attingimento non erano più a disposizione della
Cooperativa Invicta dopo la realizzazione
dell’acquedotto pubblico.
Il motivo introduce una questione di interpretazione
degli atti (che avrebbero prodotto effetti limitati
agli scopi sociali), ma non attinge e non inficia la
motivata
ratio decidendi
secondo la quale il diritto
era costituito e trasferito senza limiti di tempo e con
un’unica clausola opponibile agli aventi causa, ossia
che il diritto si esercitasse nella misura equivalente
a quanto previsto dal provvedimento con il quale era
concesso il contributo che, a sua volta, poneva quale
unica condizione che il macchinario per il quale era
concesso il contributo non fosse distolto dal suo
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Nel giudizio di appello si sosteneva che la servitù (il
impiego (ossia la finalità agricola per la quale era
erogato il finanziamento e non direttamente l’attività
della Cooperativa) per un periodo di tempo non
inferiore ad anni cinque.
In funzione di questo limite il Presidente della
di cinque anni e non già sino al completamento
dell’acquedotto e negli atti con i quali i soci
mettevano a disposizione i loro terreni non v’era
traccia di una previsione per la quale il diritto
dovesse estinguersi nel momento in cui l’acquedotto
fosse completato.
Le ragioni che avevano indotto i soci a costituire il
diritto a favore della Cooperativa, secondo la motivata
sentenza impugnata, non risultano invece tradotte né in
divieti di alienazione (se non nei limiti necessari per
il rispetto del provvedimento di concessione del
finanziamento), né nella previsione di estinzione del
diritto in caso di alienazione a privati dei fondi a
favore dei quali era costituita la servitù.
Nel motivo non è indicata la norma di legge che sarebbe
stata violata, ma è posta solo una questione
interpretativa degli atti senza indicare quale criterio
di ermeneutica sarebbe stato violato.
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Cooperativa AZA si era impegnato per il periodo minimo
La motivazione,
come
sopra
riferito,
è
dunque
pienamente sufficiente in quanto la Corte di Appello ha
esaminato tutte le problematiche di merito introdotte
dagli appellanti prendendo in considerazione il
provvedimento di finanziamento, gli atti notarili del
l’atto di vendita del 1986 con il quale la Cooperativa
Invicta vendette a Delle Donne e Agostinelli, in
comunione con le rispettive mogli, il fondo insieme al
diritto di attingimento dell’acqua.
Nel motivo, così come nel quesito, si pone l’ulteriore
questione della possibilità di trasferire a privati che
non perseguano finalità pubbliche la servitù senza il
consenso dei proprietari, ma va osservato che la
questione è nuova e quindi inammissibile se diretta a
contestare il potere della Cooperativa di costituire
una servitù a carico dei fondi dei soci, posto che non
risulta che nei giudizi di merito, tale potere sia mai
stato contestato; per il resto la questione introduce
un tema (quella del venir meno
dell’utilitas
per la
quale la servitù era concessa e della conseguente
quiescenza della servitù) che non riguarda la nullità o
inefficacia dell’atto di trasferimento, come richiesto
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1972 con i quali era stata costituita la servitù e
con la domanda introduttiva, ma semmai la quiescenza
della servitù.
Il motivo deve pertanto essere rigettato.
2. Con il secondo motivo i ricorrenti deducono il vizio
di motivazione perché la Corte di Appello non avrebbe
della Cooperativa AZA non
potevaAIN permanere dopo
l’estinzione della cooperativa e che comunque i diritti
di servitù a favore della Cooperativa non potevano
essere trasferiti ad altri per una durata superiore a
quella prevista in statuto per la durata della
cooperativa e, formulando il quesito, chiedono:
– se decorso il tempo di durata della società cessano
gli oneri e pesi posti a carico della proprietà di
alcuni soci per il conseguimento degli scopi sociali;
–
se il liquidatore della società alienante possa
trasferire diritti di servitù a favore di altra società
per una durata superiore a quella prevista nello
statuto della società alienante;
– se la stessa società possa a sua volta trasferire a
privati gli stessi diritti e da questi ad altri in
perpetuo.
2.1 Il motivo è infondato.
Occorre premettere:
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considerato che i diritti di servitù concessi a favore
- che non sono addotti elementi idonei a confutare la
natura
reale del diritto di servitù e idonei a
sostenere che invece fosse stato costituito un vincolo
di natura personale;
– che gli atti di riferimento sulla base dei quali la
a) gli
atti del 1972 con i quali erano messi a
disposizione della Cooperativa AZA alcuni fondi, tra i
quali quelli
sui quali furono realizzate le opere
necessarie per attingere l’acqua
b) l’atto di trasferimento del fondo con il relativo
diritto dalla Cooperativa AZA alla Cooperativa INVICTA
nel 1979
c)
il successivo atto di trasferimento del fondo
(17/4/1986) con il diritto di servitù da quest’ultima
agli odierni intimati.
Il
diritto
di
attingimento
dell’acqua
stato
qualificato dalla Corte di Appello come servitù e
pertanto
il diritto si estingue con il venir meno
dell’utilitas del fondo dominante e non con il venir
meno del soggetto che ne era proprietario al momento in
cui il diritto fu
costituito
evincibilf dagli atti
limite “funzionale”,
o trasferito né
invocati, sopra richiamati un
collegato all’estinzione della
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Corte di Appello ha fondato la propria decisione sono:
cooperativa AZA almeno a quanto risulta dagli scarni
riferimenti rinvenibili nel ricorso.
I ricorrenti sostengono, ancora, che nell’atto di
trasferimento del 1986, era dichiarato che i diritti
erano trasferiti dalla INVICTA nei limiti in cui la
dichiarazione andava interpretata nel senso che, una
volta cessata la società cooperativa, i beni dovevano
ritornare nell’incondizionata disponibilità dei
proprietari, anche perché il finanziamento pubblico era
stato concesso per scopi di pubblica utilità.
La censura attiene all’interpretazione dell’atto di
trasferimento, ma non evidenzia una specifica
violazione dei criteri di ermeneutica contrattuale e,
al contrario, la Corte di Appello ha offerto una sua
motivata interpretazione della menzionata dichiarazione
osservando che la dichiarazione aveva solo lo scopo di
specificare che il trasferimento era avvenuto con
l’imposizione di un unico limite, collegato
all’erogazione del contributo pubblico e cioè che
l’impianto non poteva essere distolto dal previsto
impiego per un periodo non inferiore a cinque anni a
partire dalla data della erogazione del contributo,
come confermato dal fatto che il Presidente della
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stessa poteva disporre di tali diritti e che tale
Cooperativa AZA si era impegnato non già a tenere
l’impianto a disposizione degli scopi della cooperativa
sino a completamento dell’acquedotto, ma solo per il
tempo minimo di cinque anni.
3. In conclusione il ricorso deve essere rigettato; non
intimati non hanno svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 18/12/2013.
v’è luogo a provvedere sulle spese in quanto gli