Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32154 del 10/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 10/12/2019, (ud. 15/10/2019, dep. 10/12/2019), n.32154

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2975-2018 proposto da:

S.I., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE CARSO 23,

presso lo studio dell’avvocato MARIO ANTONIO ANGELELLI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 1059/2017 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 10/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA

GIOVANNA C. SAMBITO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’Appello di Ancona ha confermato la decisione con la quale il Tribunale di quella Città aveva rigettato le istanze di protezione internazionale avanzate da S.I. nato in Bangladesh, il quale aveva dichiarato di aver lasciato il suo Paese alla volta della Libia, dove si era recato per ragioni e economiche con regolare permesso di lavoro, evidenziando che la riferita appartenenza al partito BNP era stata narrata in modo stereotipato ed in un secondo momento e che comunque il richiedente risultava un semplice simpatizzante di detto partito. La Corte ha, inoltre, escluso che in Bangladesh sussistevano particolari criticità. Lo straniero propone ricorso per cassazione per cinque motivi. Il Ministero non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo il ricorrente deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. e 3 e 5. Il ricorrente afferma che, contrariamento a quanto argomentato dalla Corte territoriale, egli aveva fornito un racconto del tutto verosimile, ed ha disatteso il dovere di cooperazione istruttoria.

2. Col secondo motivo, il ricorrente denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, lamentando il difetto di istruttoria, per avere la Corte omesso ogni dovuta verifica circa la situazione generale del Paese di origine, e l’insufficienza della motivazione.

3. I motivi, da valutarsi congiuntamente, sono infondato il primo e fondato il secondo.

4. Deve rilevarsi che in relazione alla massima protezione ed ai casi disciplinati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), di “condanna a morte o all’esecuzione della pena di morte” o “tortura o altra forma di pena o trattamento inumano e degradante ai danni del richiedente”, la valutazione di credibilità soggettiva costituisce una premessa indispensabile perchè il giudice debba dispiegare il suo intervento: le dichiarazioni che siano intrinsecamente inattendibili, alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non richiedono, infatti, alcun approfondimento istruttorio officioso (Cass. n. 5224 del 2013; n. 16925 del 2018), salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente, ma non è questo il caso, dall’impossibilità di fornire riscontri probatori (Cass. n. 871 del 2017). Nella specie, la matrice politica dell’espatrio (furto della merce posseduta nel negozio del richiedente e del padre), è stata esclusa dal giudice territoriale, che, come si è esposto in narrativa, ha ritenuto la relativa allegazione stereotipata, evidenziando che dalle dichiarazioni dello stesso ricorrente emergeva che lo stesso era un “semplice simpatizzante” e non già un attivista del BNP.

5. Diverso è il caso in cui viene in rilievo la “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c). Ed, infatti, in base alle indicazioni ermeneutiche fornite dalla Corte di Giustizia UE (Grande Sezione, 18 dicembre 2014, C-542/13, par. 36), l’esistenza di un conflitto armato interno potrà portare alla concessione della protezione sussidiaria solamente nella misura in cui si ritenga eccezionalmente che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati o tra due o più gruppi armati siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente a motivo del fatto che il grado di violenza indiscriminata che li caratterizza raggiunge un livello talmente elevato da far sussistere fondati motivi per ritenere che un civile rinviato nel paese in questione o, se del caso, nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio di questi ultimi, un rischio effettivo di subire la detta minaccia (v., in questo senso, Corte Giustizia UE 17 febbraio 2009, Elgafaji, C-465/07 e 30 gennaio 2014, Diakitè, C285/12; vedi pure Cass. n. 13858 del 2018).

6. Ora, a norma del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, ciascuna domanda deve essere esaminata “alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati, elaborate dalla Commissione nazionale sulla base dei dati forniti dall'((UNHCR)) ((dall’EASO,)), dal Ministero degli affari esteri anche con la collaborazione di altre agenzie ed enti di tutela dei diritti umani operanti a livello internazionale, o comunque acquisite dalla Commissione stessa. La Commissione nazionale assicura che tali informazioni, costantemente aggiornate, siano messe a disposizione delle Commissioni territoriali, secondo le modalità indicate dal regolamento da emanare ai sensi dell’art. 38 e siano altresì fornite agli organi giurisdizionali chiamati a pronunciarsi su impugnazioni di decisioni negativè: Tale disposizione comporta un dovere di cooperazione istruttoria, che si estrinseca, anzitutto, nel reperimento di fonti attendibili ed aggiornate relative al Paese di provenienza del richiedente. A tale dovere si è totalmente sottratta la Corte territoriale, dovendo darsi continuità al principio di recente affermato nella giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 13449 del 2019; n. 13897 del 2019; n. 11312 del 2019), secondo cui nei giudizi di protezione internazionale l’esame officioso della situazione generale esistente nel Paese di origine del cittadino straniero svolto dal giudice del merito deve essere specifico e dar conto delle fonti di informazione consultate. Ne consegue che incorre nella violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, oltre che nel vizio di motivazione apparente, la pronuncia che, nel prendere in considerazione la situazione generale esistente nel Paese di origine del cittadino straniero, si limiti a valutazioni solo generiche o comunque non individui le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte.

7. La sentenza va, pertanto, cassata, restando assorbiti i restanti motivi, con rinvio, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Ancona in diversa composizione.

P.Q.M.

rigetta il primo motivo, accoglie il secondo, assorbiti gli altri, cassa e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Ancona in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 dicembre 2019

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