Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32130 del 12/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 12/12/2018, (ud. 14/11/2018, dep. 12/12/2018), n.32130

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. CHIESI Gian Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23797-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore

p.t., legale rappresentante, dom.ti ope legis in ROMA, alla VIA DEI

PORTOGHESI, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo

rapp. e dif.;

– ricorrente –

contro

PANATEL S.R.L. (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante

p.t., rapp.e dif., in virtù di procura speciale in calce al

ricorso, dall’Avv. MARCO GIONTELLA, presso il cui studio è elett.te

dom.to in ROMA, alla VIA CARDINAL DE LUCA, n. 10;

– ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 146/3/11 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 19/07/2011; udita la relazione

della causa svolta nella camera di consiglio del 14/11/2018 dal

Consigliere Dott. GIAN ANDREA CHIESI.

Fatto

Osservato che la PANATEL S.R.L. impugnò, con separati ricorsi innanzi alla C.T.P. Roma, gli avvisi di accertamento n. (OMISSIS) e (OMISSIS), con cui, contestatale, relativamente agli anni di imposta 2004 e 2005, l’utilizzo di fatture inesistenti relativamente ad operazioni soggettivamente inesistenti, si provvide a recuperare a tassazione un maggiore importo a titolo di IRES, IRAP ed IVA, oltre interessi e sanzioni, per complessivi Euro 3.463.423,00;

che la C.T.P. di Roma, previa riunione, con sentenza 2/35/09 accolse i ricorsi ed annullò gli avvisi di accertamento predetti, compensando le spese di lite;

che avverso tale sentenza l’AGENZIA DELLE ENTRATE propose quindi appello innanzi alla C.T.R. del Lazio la quale, con sentenza n. 143/3/11 del 19.7.2011, confermò la decisione impugnata, escludendo – per quanto in questa sede rileva – che le dichiarazioni rese alla P.G. dal legale rappresentante della PANATEL, in mancanza di elementi di riscontro ed in presenza di una contabilità regolare, potessero corroborare la tesi dell’Ufficio circa la natura soggettivamente fittizia delle operazioni oggetto di contestazione;

che tale decisione è stata quindi impugnata dall’AGENZIA DELLE ENTRATE mediante ricorso per cassazione, affidato a due motivi; che si è costituita con controricorso la PANATEL S.R.L., spiegando altresì ricorso incidentale condizionato.

Diritto

CONSIDERATO

che in via del tutto preliminare va dichiarata l’inammissibilità, per carenza di interesse, del ricorso incidentale condizionato proposto dalla PANATEL, essendo le censure ivi proposte non già dirette contro una statuizione della sentenza di merito, ma concernendo, piuttosto, questioni sulle quali il giudice di appello non si è pronunciato, ritenendole assorbite e rispetto alle quali, dunque, difetta il requisito della soccombenza, che costituisce il presupposto dell’impugnazione (Cass., Sez. I, 19.10.2006, 22501, Rv. 594510-01);

che con il primo motivo parte ricorrente assume (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) l’insufficienza della motivazione della sentenza impugnata, per avere la C.T.R. erroneamente ritenuto che l’accertamento fondasse esclusivamente sulle dichiarazioni – pur sempre confermative, in ogni caso, della fittizietà delle operazioni oggetto di rilievo rese dal legale rappresentante della PANATEL e, perciò, per avere altrettanto erroneamente ritenuto che esse rappresentassero l’unico elemento di prova a sostegno degli avvisi di accertamento notificati alla predetta società;

che con il secondo motivo parte ricorrente si duole (In relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), della violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, comma 1, e art. 54, comma 2, per avere la C.T.R. di Roma erroneamente applicato le regole in tema di onere della prova relativamente al caso in cui vengano in rilievo – come nella specie contestazioni circa la natura soggettivamente inesistente delle operazioni;

che i due motivi – che, per identità di questioni agli stessi sottese, ben possono essere trattati unitariamente – sono fondati e vanno accolti;

che va in proposito anzitutto evidenziato come: a) in caso di operazioni soggettivamente inesistenti l’onere della prova che grava sull’Amministrazione si incentra su due circostanze di valenza costitutiva rispetto alla pretesa erariale e in particolare: a.1) l’alterità soggettiva dell’imputazione delle operazioni, nel senso che il soggetto formale non è quello reale; b.2) il cessionario sapeva o avrebbe dovuto sapere che la cessione si inseriva in una evasione Iva: non è necessaria, cioè, la prova della partecipazione all’evasione ma è sufficiente, e necessario, che il contribuente avrebbe dovuto esserne consapevole (cfr., da ultimo, Cass., Sez. 5, 20.4.2018, n. 9851, Rv. 647837-01); b) raggiunta tale prova, è quindi onere del contribuente dimostrare – oltre all’effettività del suo interlocutore – la propria buona fede ossia, mutuando i principi affermati da Sez. U, n. 21105 del 2017 e propri della giurisprudenza della Corte di Giustizia, “di aver agito in assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale e di aver adoperato la diligenza massima esigibile da un operatore accorto – secondo i criteri di ragionevolezza e di proporzionalità, in rapporto alle circostanze del caso concreto al fine di evitare di essere coinvolto in una tale situazione, in presenza di indizi idonei a farne insorgere il sospetto”, non permettendo una diversa conclusione neppure gli accertamenti eventualmente effettuati ed attesa l’inesigibilità di ulteriori e più approfondite verifiche”; c) rappresenta principio consolidato di questa Corte quello per cui, in tema di accertamenti tributari, il processo verbale di constatazione fa fede, quanto alla veridicità sostanziale delle dichiarazioni rese dalle parti o da terzi – e dunque anche del contenuto di documenti formati dalla stessa parte e/o da terzi – fino a prova contraria, che può essere fornita qualora la specifica indicazione delle fonti di conoscenza consenta al giudice ed alle parti l’eventuale controllo e valutazione del contenuto delle dichiarazioni (arg. da Cass., Sez. 5, 5.10.2018, n. 24461);

che, nella specie, non solo la C.T.R. non si è attenuta, quanto alla valutazione del valore probatorio delle dichiarazioni rese da G.M. (all’epoca legale rappresentante della PANATEL), al rispetto del principio innanzi esposto sub c), ma – a tutto volere – neppure ha valutato gli ulteriori elementi (cfr. ricorso, pp. 8-12) offerti dall’Ufficio a sostegno della tesi della natura soggettivamente fittizia delle operazioni in questione; Ritenuto dunque, che il ricorso principale vada accolto e, per l’effetto l’impugnata decisione cassata, con rinvio alla C.T.R. del LAZIO, in diversa composizione, affinchè decida la controversia applicando i principi che precedono e liquidi, altresì, le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso principale. Dichiara inammissibile il ricorso incidentale condizionato. Cassa l’impugnata decisione e rinvia ad alla C.T.R. del Lazio, in diversa composizione, affinchè decida la controversia attenendosi ai principi che precedono, liquidando, altresì, le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Civile Tributaria, il 14 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2018

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