Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3213 del 18/02/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 3213 Anno 2016
Presidente: MACIOCE LUIGI
Relatore: PATTI ADRIANO PIERGIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 5960-2011 proposto da:
POSTE ITALIANE SPA C.F. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA 175, presso la
DIREZIONE AFFARI LEGALI POSTE ITALIANE, rappresentata
e difesa dall’avvocato STELLARIO VENUTI, giusta delega
2015

in atti;
– ricorrente –

4893
contro

IULIANO MARIA ANTONIETTA C.F.
elàttivamente

LNIMNT45B54D086M,

domiciliata in ROMA, VIA CORVISIERI

Data pubblicazione: 18/02/2016

N.17,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO

FABBRICATORE, rappresentata e difesa dagli avvocati
OTTONE MARTELLI, ALESSANDRO DE SALVO, giusta delega in
atti;
– controricarrente

avverso la sentenza n. 288/2010 della CORTE D’APPELLO
di CATANZARO, depositata il 11/03/2010 R.G.N. 97/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 15/12/2015 dal Consigliere Dott. ADRIANO
PIERGIOVANNI PATTI;
udito l’Avvocato DE ROSE DORA per delega orale
Avvocato VENUTI STELLARIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI che ha concluso
per l’accoglimento per quanto di ragione.

I


T

FATTO
La Corte d’appello di Catanzaro, in riforma della sentenza di primo grado (che aveva respinto
la domanda di Maria Antonietta Iuliano nei confronti della datrice Poste Italiane s.p.a. al
riconoscimento del diritto all’inclusione, nel T.f.r. di quanto percepito a titolo di indennità per

condannava la seconda al pagamento, in favore della prima, della differenza spettante ed alla
rifusione delle spese dei due gradi.
Disattesa l’eccezione di prescrizione in quanto non ancora maturata per la decorrenza del
diritto in questione dalla data di cessazione del rapporto di lavoro (31 luglio 2005), la Corte
territoriale (contrariamente a quanto statuito dal Tribunale, che aveva pure male interpretato la
domanda della ex lavoratrice) riteneva la corretta inclusione nel T.f.r., per la sua natura
retributiva, della suddetta indennità, certamente spettante alla lavoratrice ancorchè retribuita
in misura fissa, in effetti corrispostale dalla società datrice.
Con atto notificato il 26 febbraio 2011, Poste Italiane s.p.a. ricorre per cassazione con due
motivi, cui resiste Maria Antonietta Iuliano con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, la ricorrente deduce vizio di motivazione, in relazione all’art. 360,
primo comma n. 5 c.p.c., per omessa considerazione dell’eccezione, formulata in primo grado
e riproposta in appello, di inammissibilità della domanda della lavoratrice per rinuncia, con
verbale di conciliazione 17 maggio 2005 presso la D.P.L. di Cosenza ai sensi dell’art. 2113
c.c., ad ogni pretesa derivante direttamente o indirettamente dal rapporto di lavoro
consensualmente risolto dalle parti, per la quale percepiva (in aggiunta a € 14.840,00 per
T.f.r.) la somma addizionale di € 1.650,00 a titolo transattivo: accolta dal Tribunale e neppure
esaminata dalla Corte d’appello.
Con il secondo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 c.c.,
in riferimento all’art. 2120 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma n. 3 c.p.c., per la
previsione dell’art. 70 CCNL 11 luglio 2003 dipendenti Poste Italiane dell’indennità di lavoro
festivo “limitatamente ai casi in cui tali prestazioni vengano effettuate nelle programmazioni
dell’orario di lavoro su turni” e pertanto con esclusione delle cadenze domenicali delle

festività coincidenti con la domenica), con sentenza 11 marzo 2010, accertava tale diritto e

))41

:

festività, non avendo Maria Antonietta luliano provato di aver lavorato in tali occasioni ed
avendo comunque l’indennità natura (neppure scrutinata dalla Corte calabrese) occasionale,

.

pertanto non computabile nel T.f.r.
In via preliminare, deve essere esclusa l’inammissibilità del ricorso per tardività.
Esso è stato, infatti, ritualmente notificato nel termine annuale stabilito dall’art. 327 c.p.c. nel

semestrale introdotto dall’art. 46, diciassettesimo comma 1. 69/2009, applicabile ai giudizi
instaurati dopo il 4 luglio 2009 a norma dell’art. S8, primo comma 1. cit. ed essendo il giudizio
iniziato in data anteriore, in quanto introdotto con ricorso 12 aprile 2006. Né è stata provata la
sua notificazione (per cui soltanto necessario il deposito di copia con la relata di notifica a
norma dell’art. 369 c.p.c.: Cass. 31 marzo 2014, n. 7469) negata dal ricorrente ed avendo la
controricorrente computato il termine per la presentazione del ricorso nei sei mesi (11
settembre 2010) dal deposito della sentenza.
Il primo motivo, relativo a vizio di motivazione, per omessa considerazione dell’eccezione,
formulata in primo grado e riproposta in appello, di inammissibilità della domanda della
lavoratrice per rinuncia, con verbale di conciliazione 17 maggio 2005 presso la D.P.L. di
Cosenza, ad ogni pretesa derivante direttamente o indirettamente dal rapporto di lavoro
consensualmente risolto dalle parti, è inammissibile.
Esso viola, infatti, il principio di autosufficienza ai sensi dell’art. 366, primo comma, n. 6
c.p.c., in difetto di indicazione specifica nel ricorso anche degli atti processuali in cui sarebbe
stata formulata l’eccezione e pure della relativa trascrizione, non risultando la questione
trattata nella sentenza impugnata (Cass. 9 aprile 2013, n. 8569; Cass. 16 marzo 2012, n. 4220;
Cass. 17 luglio 2007, n. 15952).
E d’altro canto, o la questione della rinunzia è stata decisa favorevolmente dal Tribunale
(come non dice la Corte d’appello) ed è stata ignorata in appello: e allora la sentenza doveva
essere censurata sotto il profilo di improponibilità della questione del merito in difetto di
motivo di appello sulla pretesa efficacia preclusiva della rinunzia; o la questione è stata
dedotta da Poste Italiane s.p.a., non decisa dal Tribunale perché assorbita, ma riproposta da
Poste italiane a norma dell’art. 346 c.p.c.: ed allora doveva essere censurata la sentenza della
Corte d’appello per omessa pronunzia sulla questione; con evidente inammissibilità del
motivo in entrambi i casi.

testo vigente ratione temporis, non applicandosi alla presente controversia il termine

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,.

Il secondo motivo, relativo a violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 c.c., in
riferimento ‘all’art. 2120 c.c., per la previsione dell’art. 70 CCNL 11 luglio 2003 dipendenti
Poste Italiane dell’indennità di lavoro festivo “limitatamente ai casi in cui tali prestazioni
vengano effettuate nelle programmazioni dell’orario di lavoro su turni” e pertanto con
esclusione delle cadenze domenicali delle festività, è fondato.

per festività coincidenti con la domenica: per la spettanza ai dipendenti postali della quota
aggiuntiva di retribuzione per le festività religiose coincidenti con la domenica, ai sensi del
d.p.r. 1029/1960, che ha recepito le clausole dell’Accordo interconfederale 3 dicembre 1954,
obbliganti a riconoscere anche ai lavoratori retribuiti in misura fissa, o in aggiunta al normale
trattamento economico, un importo pari a una quota giornaliera della retribuzione per
l’eventualità che una qualsiasi delle festività, civili e religiose, considerate dalla legge n. 260
del 1949 e successive modifiche venga a cadere di domenica, estendendone espressamente le
previsioni a tutti i dipendenti da imprese industriali, nel cui novero rientra l’Ente poste e
dichiarando inderogabili i minimi di trattamento economico e normativo così stabiliti (Cass.
16 ottobre 2007, n. 21616; Cass. 26 marzo 2009, n. 7321).
Tuttavia, l’art. 70 CCNL 11 luglio 2003 dipendenti Poste Italiane, cui occorre fare riferimento
per la determinazione del T.f.r., spettante al personale, in caso di cessazione del rapporto di
lavoro ai sensi dell’art. 2120, secondo comma prima parte c.c., stabilisce che in esso siano
computate, tra le altre voci, le indennità per lavoro notturno e festivo, “limitatamente ai casi
in cui tali prestazioni vengano effettuate perché previste nella programmazione dell’orario di
lavoro su turni”.
Ma non risulta dagli atti se la lavoratrice rientrasse tra i turnisti, cui 1 soli/ è riservata la
cornputabilità delle indennità per lavoro festivo: sicchè, dalle superiori argomentazioni
discende coerente, in accoglimento del mezzo scrutinato, la cassazione della sentenza
impugnata con rinvio, per l’accertamento in fatto della qualità o meno di turnista della
lavoratrice e per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di
Catanzaro in diversa composizione.

P.Q.M.
La Corte

Non è contestato, infatti, che a Maria Antonietta Iuliano siano state corrisposte le indennità

accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la regolazione delle spese
del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Catanzaro in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2015

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