Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3213 del 09/02/2011
Cassazione civile sez. II, 09/02/2011, (ud. 05/11/2010, dep. 09/02/2011), n.3213
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –
Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –
Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –
Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
COMUNE DI STIGNANO, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato
e difeso, in forza di Delib. G.C. 28 gennaio 2009, n. 4 e di procura
speciale a margine del ricorso, dall’Avvocato Carnuccio Francesco,
presso lo studio del quale in Roma, via Ottaviano n. 32, è
elettivamente domiciliato;
– ricorrente –
contro
S.F.;
– intimato –
avverso la sentenza del Tribunale di Locri – Sezione distaccata di
Siderno n. 245/08, depositata in data 18 giugno 2008.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5
novembre 2010 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Ritenuto che il consigliere delegato ha depositato la seguente relazione ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ.:
“Il Comune di Stignano impugna per cassazione la
sentenza n. 245/08, depositata in data 18 giugno 2008, con la quale il
Tribunale di Locri – Sezione staccata di Siderno ha rigettato
l’appello da esso Comune proposto avverso la sentenza del Giudice di
pace di Stilo depositata il 26 maggio 2006, che aveva accolto
l’opposizione proposta, L. n. 689 del 1981, ex art. 22, da
S.F. avverso il verbale di accertamento e contestazione di infrazione
del Comando della Polizia municipale di Stignano in data 30 settembre
2005, avente ad oggetto l’accertata violazione dell’art. 142 C.d.S.,
comma 7. A fondamento della opposizione, il S. aveva dedotto la
violazione dell’art. 200 C.d.S. per mancata contestazione
immediata dell’infrazione;
l’assenza degli agenti operanti sul luogo della
presunta commessa violazione; l’inidoneità tecnica, per mancata
taratura, della strumentazione di accertamento.
Il Tribunale, rilevato che, nel caso di specie,
la violazione del limite di velocità era stata accertata a mezzo
velomatic 512 e che non vi era stata contestazione immediata, ha
rigettato l’appello del Comune rilevando che il quadro normativo
conseguente alla entrata in vigore del D.L. n. 121 del 2002,
convertito, con modificazioni, dalla L. n. 168 del 2002, esclude la
sussistenza di un’arbitraria facoltà per l’amministrazione di
precostituirsi un’ipotesi di deroga al principio di
contestazione immediata della violazione, che costituisce ora
la regola della contestazione, essendo al contrario predeterminati
sia i casi che le sedi stradali interessate dall’utilizzazione
degli strumenti elettronici di rilevazione della velocità. Nella
specie, la violazione era stata accertata in un tratto di strada
non ricompresa dal Prefetto tra le strade extraurbane
secondarie in cui è stata accertata l’esistenza di obiettive
circostanze che legittimano l’impiego di apparecchiature a distanza.
Il Tribunale, pur dando atto che
l’apparecchiatura utilizzata risultava dal verbale di accertamento
omologata con decreto del Ministero dei Lavori pubblici del 27
novembre 1989, rilevava altresì che il Comune, nei due gradi di
giudizio, non aveva prodotto il certificato di omologazione del
velomatic in concreto utilizzato, sicchè questo non poteva ritenersi
una valida fonte di prova della violazione dell’art. 142.
Il Comune di Stignano propone quattro motivi di ricorso.
L’intimato non ha svolto attività difensiva.
Con il primo motivo, il Comune deduce violazione e
falsa applicazione del D.L. n. 121 del 2002, art. 4 nonchè violazione
degli artt. 142, 200 e 201 C.d.S., affermando che la disposizione
dell’art. 4 del citato decreto-legge non preclude la possibilità per
gli agenti di polizia di procedere a rilevazione delle violazioni
del limite di velocità a mezzo di apparecchiature elettroniche tutte
le volte in cui, non rientrando la strada tra quelle espressamente
previste dalla citata disposizione e non essendo la strada stessa
inclusa dal Prefetto nell’elenco delle strade in cui possono essere
utilizzate dette apparecchiature, queste siano utilizzate
direttamente dagli agenti stessi, i quali devono procedere a
contestazione immediata salvo il caso in cui ciò non sia possibile
ai sensi dell’art. 201 C.d.S. e dell’art. 384 relativo reg. esec.;
evenienza, questa, che si era verificata nel caso di specie, essendosi
dato atto nel verbale di contestazione che non era stato possibile
procedere a contestazione immediata dell’infrazione, ai sensi di
quanto previsto dall’art. 201 C.d.S., comma 1-bis, lett. e), e
dell’art. 384 reg. att..
Il Comune formula il seguente quesito di diritto:
“Dica la Corte Suprema che gli agenti di polizia
in servizio sulle strade per le quali non è applicabile la speciale
disciplina di cui al D.L. n. 121 del 2002, art. 4 convertito in L. n.
168 del 2002 (per l’assenza del decreto prefettizio ex art. 4, comma
2, cit.) possono parimenti procedere al rilevamento della
velocità tenuta dai conducenti gli autoveicoli a mezzo
apparecchiature elettroniche (autovelox) dagli stessi (agenti)
direttamente gestite (se pur con l’obbligo della immediata
contestazione della velocità vietata, salvo però le eccezioni
espressamente previste dall’art. 201 C.d.S. ed esemplificate dall’art.
384 reg. att.)”.
Il motivo è manifestamente fondato, trovando
applicazione il principio reiteratamente affermato da questa Corte,
secondo cui “il disposto del D.L. n. 121 del 2002, art. 4, comma 1,
convertito, con modificazioni, nella L. n. 168 del 2002, integrato con
la previsione del comma 2, stesso art. 4 – che indica, per le
strade extraurbane secondarie e per le strade urbane di
scorrimento, i criteri di individuazione delle situazioni nelle
quali il fermo del veicolo, al fine della contestazione
immediata, può costituire motivo d’intralcio per la
circolazione o di pericolo per le persone, situazioni ritenute
sussistenti a priori per le autostrade e per le strade extraurbane
principali – evidenzia come il legislatore abbia inteso regolare
l’utilizzazione dei dispositivi o mezzi tecnici di controllo del
traffico finalizzati al rilevamento a distanza delle violazioni delle
norme di comportamento di cui agli artt. 142 e 148 C.d.S. (limiti
di velocità e sorpasso), tra l’altro, anche in funzione del comma
4, medesimo art. 4, con il quale si esclude tout court l’obbligo
della contestazione immediata. Ne consegue che la norma del predetto
art. 4 non pone una generalizzata esclusione delle apparecchiature
elettroniche di rilevamento al di fuori delle strade prese in
considerazione, ma lascia, per contro, in vigore, relativamente
alle strade diverse da esse, le disposizioni che consentono
tale utilizzazione ma con l’obbligo della contestazione immediata,
salve le eccezioni espressamente previste dall’art. 201 C.d.S.,
comma 1-bis” (Cass., n. 376 del 2008; Cass., n. 1889 del 2008).
Con il secondo motivo, il Comune deduce
violazione e falsa applicazione del D.L. n. 121 del 2002, art. 4 e
degli artt. 142, 200 e 201 C.d.S., in relazione all’art. 384 reg.
esec. e att. C.d.S., sostenendo che il Tribunale avrebbe errato nel
non considerare che l’art. 201 del codice e l’art. 384 reg. devono
trovare applicazione anche dopo l’entrata in vigore del D.L. n. 121,
art. 4, per il caso di violazioni accertate direttamente dagli
agenti di polizia con l’ausilio di apparecchiature elettroniche su
strade non comprese nel decreto prefettizio adottato in applicazione
dell’art. 4, comma 2, del citato decreto-legge. Il ricorrente
formula il seguente quesito di diritto: “Dica la Corte Suprema che nel
caso di accertamento della violazione dei limiti di velocità a
mezzo autove-lox (art. 142 codice della strada), da parte
degli agenti di polizia che direttamente gestiscono
l’apparecchiatura elettronica, è consentita la contestazione
differita dell’infrazione quando si verificano le situazioni di
impossibilità contemplate dall’art. 201, comma 1-bis (lett. e); e ciò
pur con l’obbligo della specificazione a verbale delle ostative
ragioni, che se riconducibili a quelle tipizzate dall’art. 384
(lett. e) del regolamento divengono insindacabili”.
Anche questo motivo è manifestamente fondato,
trovando applicazione il principio per cui “in materia di accertamento
di violazioni delle norme sui limiti di velocità compiuto mediante
apparecchiature di controllo (autovelox), l’indicazione nel relativo
verbale notificato di una delle ragioni, tra quelle indicate
dall’art. 384 reg. esec. C.d.S., che rendono ammissibile la
contestazione differita dell’infrazione (nella specie, art. 384 reg.
esec. C.d.S., lett. e, concernente l’ipotesi in cui l’accertamento
avvenga a mezzo di appositi apparecchi di rilevazione che
permettono la determinazione dell’ illecito in tempo successivo ovvero
dopo che il veicolo oggetto di rilievo sia già a distanza dal posto
di accertamento o comunque nell’impossibilità di essere fermato in
tempo utile e nei modi regolamentari) rende ipso facto legittimi il
verbale medesimo e la conseguente irrogazione della sanzione,
senza che, in proposito, sussista alcun margine di apprezzamento
da parte del giudice di merito, cui è inibito il sindacato
sulle scelte organizzative dell’Amministrazione” (v. tra le più
recenti, Cass., n. 24355 del 2006; Cass., n. 9308 del 2007, nonchè
Cass., n. 19032 del 2008).
Con il terzo motivo, il Comune di Stignano
denuncia violazione dell’art. 142 C.d.S. e violazione e falsa
applicazione dell’art. 345 reg. esec. nonchè del D.M. Lavori
Pubblici 27 novembre 1989, n. 2971. Ai fini della sussistenza del
requisito della omologazione dell’apparecchiatura elettronica
utilizzata per la rilevazione della velocità e la contestazione
dell’infrazione, osserva il ricorrente, ciò che rileva è che il modello
di apparecchiatura sia omologato e non anche la singola specifica
apparecchiatura in concreto usata. Nel caso di specie, lo stesso
verbale di accertamento dava atto dell’esistenza di un decreto
ministeriale di omologazione del tipo di apparecchiatura utilizzata; e
tanto sarebbe stato sufficiente per poter utilizzare come fonte di
prova della velocità, le risultanze della rilevazione della quale si
dava atto nel verbale.
Il Comune formula il seguente quesito di diritto:
“Dica la Corte Suprema che non è necessario che
ogni esemplare di strumento elettronico rilevatore della velocità
(art. 345 reg.
C.d.S., comma 2) – prima dell’uso da parte degli
organi di polizia – sia sottoposto ad omologazione da parte del
Ministero dei LL.PP., essendo sufficiente che sia stato
preventivamente omologato il tipo di strumento usato”.
Il motivo è manifestamente fondato, avendo la
Corte di cassazione chiarito che la necessità di omologazione
dell’apparecchiatura di rilevazione automatica, ai fini della
validità del relativo accertamento, va riferita al singolo
modello e non al singolo esemplare, come si desume, sul piano
logico e letterale, dal D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, art. 345,
comma 2, così come modificato dal D.P.R. 16 settembre 1996, n. 610,
art. 197, secondo cui non ciascun esemplare ma le singole
apparecchiature devono essere approvate dal Ministero dei lavori
pubblici (Cass., n. 29333 del 2008, ed ivi precedenti
richiamati); il termine di validità dell’omologazione da parte dei
competenti organi ministeriali attiene non ad un arco di tempo
durante il quale l’apparecchiatura può essere validamente utilizzata
ed oltre il quale tale utilizzazione non è più legittima –
dacchè tale operatività, una volta omologato il modello, dipende
soltanto dalla permanente funzionalità della singola apparecchiatura –
ma ad un arco di tempo durante il quale le apparecchiature di quel
modello possono continuare ad essere commercializzate dal costruttore
(Cass., n. 28333 del 2008, cit.;
Cass., n. 9950 del 2007); – in tema di
rilevazione dell’inosservanza dei limiti di velocità dei veicoli a
mezzo di apparecchiature elettroniche, nè il codice della strada
(art. 142, comma 6) nè il relativo regolamento di esecuzione (D.P.R.
16 dicembre 1992, n. 495, art. 345) prevedono che il verbale di
accertamento dell’infrazione debba contenere, a pena di nullità,
l’attestazione che la funzionalità del singolo apparecchio
impiegato sia stata sottoposta a controllo preventivo e costante
durante l’uso, giacchè, al contrario, l’efficacia probatoria di
qualsiasi strumento di rilevazione elettronica della velocità
dei veicoli perdura sino a quando non risultino accertati, nel caso
concreto, sulla base di circostanze allegate dall’opponente e
debitamente provate, il difetto di costruzione, installazione o
funzionalità dello strumento stesso, o situazioni comunque ostative al
suo regolare funzionamento, senza che possa farsi leva, in senso
contrario, su considerazioni di tipo meramente congetturale,
connesse all’idoneità della mancanza di revisione o manutenzione
periodica dell’attrezzatura a pregiudicarne l’efficacia ex art. 142
C.d.S. (Cass., n. 28333 del 2008, cit., e altre ivi richiamate).
Con il quarto motivo di ricorso, il Comune
deduce vizio di motivazione in ordine alla ritenuta mancanza
del certificato di omologazione dell’apparecchiatura utilizzata
pur in presenza dell’attestazione, contenuta nel verbale
di accertamento, dell’intervenuta omologazione del tipo di
apparecchiatura in concreto usata, e ciò nonostante che il Tribunale
abbia fatto riferimento alla sentenza n. 23978 del 2007, che
aveva affermato la piena efficacia probatoria degli strumenti
elettronici sino a che non venga, dimostrato il malfunzionamento.
Il motivo è assorbito dall’accoglimento del precedente.
Sussistono pertanto le condizioni per la trattazione del ricorso in camera di consiglio”;
che il Collegio condivide la proposta di decisione ora richiamata, alla quale non sono state formulate critiche di sorta;
che, pertanto, il ricorso deve essere accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata;
che, non apparendo necessari ulteriori
accertamenti di fatto, la causa, ai sensi dell’art. 384 cod. proc.
civ., può essere decisa nel merito, con il rigetto dell’opposizione
proposta da S.F.;
che quest’ultimo, in applicazione del principio
della soccombenza, deve essere condannata al pagamento, in favore
del Comune, delle spese dell’intero giudizio, liquidate come da
dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata
e, decidendo nel merito, rigetta l’opposizione proposta da S.
F.; condanna quest’ultimo al pagamento delle spese dell’intero
giudizio che liquida, quanto al giudizio di primo grado, in Euro
450,00, di cui Euro 50,00 per spese, Euro 150,00 per diritti, ed Euro
250,00 per onorari; per il giudizio di appello, in Euro 550,00, di
cui Euro 50,00 per spese, Euro 100,00 per diritti ed Euro 400,00 per
onorari di avvocato; per il giudizio di legittimità, in Euro 600,00, di
cui Euro 400,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di
legge per tutti i gradi del giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione
Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 5 novembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2011