Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3213 del 04/02/2019

Cassazione civile sez. VI, 04/02/2019, (ud. 17/07/2018, dep. 04/02/2019), n.3213

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20642-2015 proposto da:

Z.L.A.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

MONTE ACERO n. 2/A, presso lo studio dell’avvocato GINO BAZZANI,

rappresentata e difesa dall’avvocato PASQUALINO PAVONE;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore e

legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende opc legis;

– controricorrenti –

contro

Z.F.C., ZA.GU.,

C.Z.D.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3798/2013 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

depositata il 15/02/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/07/2018 dal Consigliere Dott. LORENZO DELLI

PRISCOLI.

Fatto

IN FATTO ED IN DIRITTO

Z.L.A.S. chiede la revocazione della sentenza n. 3798 del 15 febbraio 2013 con la quale questa Corte, decidendo sul ricorso iscritto al n.r.g. 23584/2006, ha da un lato dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal Ministero dell’economia e delle finanze e, dall’altro, in accoglimento del ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di Z.L.A.S., (OMISSIS) s.n.c., Z.E., Z.F. e C.Z.D. avverso la sentenza della Commissione Tributaria Centrale, ha cassato la sentenza e rinviato alla Commissione Tributaria Regionale della Puglia.

La ricorrente chiede la revocazione della sentenza di questa Corte affidandosi a due motivi; con memoria depositata in prossimità dell’udienza insiste per l’accoglimento del ricorso.

Resiste solo l’Agenzia delle Entrate con controricorso, chiedendo chè il ricorso sia dichiarato inammissibile o, in subordine, rigettato.

Con il primo motivo si deduce l’errore percettivo nel quale sarebbe incorsa la Corte nel ritenere valida la notificazione del ricorso per cassazione alla ricorrente malgrado la stessa sia stata eseguita presso il domicilio eletto dell’avv. Giulio Gentile in Foggia mentre avrebbe dovuto essere indirizzata o alla parte personalmente ovvero al curatore fallimentare, non anche al difensore di una società fallita (la s.n.c. (OMISSIS)) ormai privo di procura, essendo intervenuta nelle more del giudizio innanzi alla Commissione Centrale la dichiarazione di fallimento; si deduce altresì l’errore in cui sarebbe incorsa la Corte nel ritenere valida la notificazione del ricorso eseguita da ufficiale giudiziario incompetente e mediante consegna di una copia a Z.L.A.S. identificata solo col nome di L..

Con il secondo motivo si deduce nullità della notifica dell’atto di impugnazione consegnato a più parti presso l’unico procuratore deducendosi l’errore in cui sarebbe incorsa la Corte nel ritenere valida la notificazione del ricorso malgrado la stessa notifica sia stata eseguita cumulativamente presso il domicilio eletto dell’avv. Giulio Gentile in Foggia, a lui consegnata a mani in un’unica copia.

Il ricorso, come anche eccepito dall’Agenzia delle entrate, è inammissibile in quanto non tempestivo, dal momento che la sentenza impugnata è stata depositata il 15 febbraio 2013 mentre il ricorso è stato notificato il 2 settembre 2015, ossia ben oltre il termine perentorio di un anno e 46 giorni dalla pubblicazione di cui all’art. 391 bis c.p.c., comma 1, nel testo anteriore rispetto alle modifiche apportate dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. i), n. 1) convertito, con modificazioni, in L. 25 ottobre 2016, n. 197, termine inderogabile in quanto svolge un ineludibile ruolo di garantire i principi costituzionali della certezza del diritto, e in particolare delle decisioni giudiziarie (Cass. 28 maggio 2018, n. 13358), nonchè quello della ragionevole durata del processo.

In effetti, la ricorrente era a conoscenza dell’esistenza del processo – da lei stessa attivato – che la coinvolgeva dal momento che era consapevole della circostanza che la sentenza della Commissione Tributaria Centrale non era passata in giudicato: pertanto – in ossequio al principio espresso da questa Corte con la sentenza Cass. 9 maggio 2016, n. 9355 – era suo preciso onore controllare con adeguata diligenza gli sviluppi di tale processo. Non può dunque giovare alla ricorrente il principio affermato dall’art. 327 c.p.c., comma 2, (che esclude il contumace dalla decadenza dall’impugnazione con ricorso per cassazione della sentenza di appello), peraltro non richiamato per il giudizio di revocazione, e che trova la sua ratio nella non conoscenza e non conoscibilità di un processo nei propri confronti.

Ritenuto dunque che il ricorso è inammissibile e che la condanna alle spese segue la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Condanna il contribuente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 1.000, oltre a spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2019

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